‘Detroit’ di Kathryn Bigelow, la rivolta della 12th Street #RomaFF12
La rivolta di Detroit (1967), un tuffo nel razzismo più bieco della storia americana. I neri in fuga dal sud razzista, e in cerca di lavoro, vivevano ghettizzati e maltrattati dalla polizia e dal Governo del Michigan. L’uscita del film nelle sale italiane è prevista il 23 novembre 2017.
Secondo gli abitanti di Detroit, la fuga dal più grande polo industriale automobilistico americano, che ha ridotto la popolazione da 1.800.000 abitanti ai 673.000 del 2016, è iniziata proprio dalla rivolta della 12ma Strada che causò 43 morti, duemila feriti, oltre settemila arresti e circa duemila edifici incendiati. Risultando ben più dura di quella del 1943, quando le persone uccise furono 35.
Con questo film la regista Kathryn Bigelow (Strange Days, Zero Dark Thirty) e lo sceneggiatore Mark Boal hanno cercato di onorare sia i sopravvissuti che i defunti, intervistando, sin dal 2014, dozzine di partecipanti coinvolti nelle sommosse.
Davide Zeman (reporter, vincitore del premio Pulitzer), coordinando un team di sei ricercatori a tempo pieno, ha reperito parecchio materiale dell’epoca: articoli, registrazioni radiofoniche e televisive, documenti del tribunale, materiale investigativo dell’FBI e del Dipartimento di Giustizia (che non era mai stato rilasciato dal Dipartimento di Polizia di Detroit).
La struttura del film cresce intorno al personaggio di Larry Reed (Algee Smith nel film), cantante dei ‘Dramatics’. Gruppo nascente, e promettente, in cerca di un contratto con la famosa casa discografica Motown Records. Larry Read, prima del film, non aveva più parlato in pubblico dell’incidente che gli aveva cambiato la vita 50 anni prima.
Erano i decenni dei disordini civili, causati dalla rabbia e dal senso di ingiustizia che i neri stavano vivendo. Contro il razzismo sudista Neil Yong, nel 1972, scriveva la canzone ‘Alabama‘, lo stato di provenienza di Melvin Dismukes (John Byega). Questo è un agente di sicurezza privata (pagato per proteggere un supermercato dagli sciacallaggi) che si trova coinvolto nella drammatica notte del Motel Algiers.
A scatenare la popolazione nera fu il raid della polizia, nella notte tra il 25 e 26 luglio 1967, alle ore 03:45 in un bar, il Blind pig, privo di licenza per alcolici. All’interno c’erano ottantadue afroamericani che festeggiavano il ritorno di due amici dalla guerra del Vietnam. Lo scontro tra polizia, clienti e passanti si tramutò in una rivolta di quattro giorni. Terminò solo quando il Governatore George W. Romney ordinò alla Guardia Nazionale del Michigan di marciare su Detroit, mentre il Presidente Lyndon B. Johnson aveva inviato direttamente l’esercito.
Il film, stile reportage, cala lo spettatore dentro l’avvenimento in tutta la violenza, la brutalità e il razzismo della polizia di Detroit. Philips Krauss (Will Poulter) uccide a sangue freddo, spara alle spalle dei giovani neri. Le telecamere, sempre in movimento in spazi angusti, inquadrano in primo piano i volti disperati e impauriti dei ragazzi di colore. Riprendono, implacabili, la crudeltà delle violenze e delle torture perpretate dai poliziotti. Le scene sono intercalate da reali referenze fotografiche del periodo, tratte da Time Magazine, che rendono tutto tragicamente verosimile.
Perfetta l’interpretazione di Will Poulter, nei panni di Krauss, che risulta particolarmente repellente quando coinvolge i colleghi a spalleggiarsi per provocare le reazioni aggressive tese a giustificare l’arresto o l’uccisione dei neri. Tra questi il paracadutista Greene (Antony Mackie), tornato dal Vietnam dove aveva combattuto e rischiato la vita per la ‘Grande America’.
Algee Smith (il cantante Larry Reed), ha raccontato che c’è stato un momento, sul set, in cui l’interpretazione di Will Poulter era diventata così pesante per lui da scoppiare a piangere. Guardando la regista Kathryn, le disse: “Quante volte ancora dobbiamo ripetere questa scena? Mi sta facendo male”. Considerò quanto più doloroso doveva esser stato nella realtà se si riuscivano a provare così tante emozioni e sofferenze solo recitando.
Fa inorridire, durante i riots, il comportamento della Guardia Nazionale che, pur accorgendosi di ciò che stava accadendo nel Motel Algiers, decide di non intervenire per evitare conflitti di competenza con la polizia di Detroit.
Anche lo spettatore è ostaggio, in questo film claustrofobico e adrenalinico, e la sua sete di giustizia non si placa con il verdetto del tribunale.
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