‘Per mio figlio’, film dark e tensione slow
Per mio figlio, del regista svizzero Frédéric Mermoud con Emmanuelle Devos e Nathalie Baye. Presentato al Festival di Locarno 2016 e dal 17 novembre al cinema.
Il film è un thriller dark, tratto dal romanzo Moka di Tatiana de Rosnay (autrice di La chiave di Sara). Emmanuelle Devos, nei panni della madre (Diane Kramer), ipnotizza lo spettatore e lo conduce nel suo tunnel di angoscia. Diane è ossessionata dalla ricerca del conducente dell’auto che ha investito e ucciso suo figlio, e distrutto la sua vita. Diane è una donna forte, quasi contrapposta alla debole figura maschile dell’ex marito che accetta con rassegnazione la perdita del figlio.
La versione ‘madre sofferente’ che cerca verità e giustizia è convincente. Mentre non lo è quando veste, perché le indagini della polizia non portano a nulla, i panni della ‘giustiziera’. Diane si fa aiutare nelle sue ricerche da un investigatore privato che le consegna alcuni indizi. Tracce che la conducono verso una sospettata, una donna bionda, Marléne (Nathalie Baye), proprietaria di una profumeria.
Marléne è una donna che non si rassegna all’avanzare dell’età anche perchè il suo compagno è più giovane di lei. Quest’ultimo ha messo in vendita una Mercedes color caffè (lo stesso colore dell’auto descritta da un testimone). Il colore dell’auto, moka, è un richiamo al titolo del romanzo da cui è tratto il film. Diane non esita a trasferirsi nella località svizzera dove vive Marléne. Non si limita a indagare con circospezione ma cerca di entrare in rapporto con lei.
L’interpretazione magnetica di Emmanuelle Devos di una donna volitiva, indipendente e complicata è impeccabile, poco convincente quando scivola nel personaggio della ‘giustiziera’ al femminile. Si comprende che Diane è reduce da una vita ‘normale’ fallita e per tale motivo si libera dalle convenzioni prendendosi il lusso e il coraggio di essere se stessa.
La trama ci conduce nell’evoluzione di Diane e del suo bisogno di elaborare il lutto e l’ingiustizia patita. Gli uomini del film sono i ‘normali’ che ben rappresentano gli stereotipi: quello intelligente, moderato ma debole, quello ‘forte’ poca testa e tanto testosterone.
La verità è un tema ricorrente nei cortometraggi di Mermoud: “Quando i personaggi sono alla ricerca della verità, finiscono per fronteggiare la propria vita… Come regista mi affascina questo aspetto perché è fonte di emozione e tensione”.
Durata 89′ – Distribuito da Officine UBU