La laguna di Venezia slowlife, i suoi colori e sapori
Il fascino incantato della laguna veneta e delle sue isole: Torcello, Mazzorbo, Burano e Murano
Molti non sopportano l’overtourism che in alta stagione preme nei centri storici delle città italiane, tanto più quest’anno che il distanziamento fisico è raccomandato e necessario. Anche per questi motivi la laguna di Venezia è un luogo incantato da esplorare e scoprire.
INDICE: Torcello – Mazzorbo – Burano – Osteria al Museo – Murano – Informazioni
TORCELLO
Già il solo viaggio in vaporetto verso le isole è incantevole, si ha modo di sperimentare quanto la navigazione a Venezia sia fondamentale e come la sua laguna sia ricca di specie ornitologiche e botaniche. Una delle sue isole più famose è Torcello. Sbarcati sull’isola si vede solo verde e un unico sentiero si addentra nell’isola. La passeggiata lungo il canale è piacevole e rilassante, in sottofondo lo sciabordio dell’acqua e i versi degli uccelli. Poco dopo un ponticello si inizia a vedere la storica torre campanaria della basilica di Santa Maria Assunta (se è aperto, e potete salire, il panorama da lassù sulla laguna ripaga dell’ascesa).
La pianta centrale di Santa Fosca (XI secolo) richiama Santa Sofia di Costantinopoli. La basilica di Santa Maria Assunta, alla sua sinistra, è famosa per i suoi mosaici. In particolare il Giudizio Universale, che riveste la parete interna della facciata della chiesa. Le figure nude rappresentano i golosi, le teste ingioiellate raffigurano l’avarizia e tra i superbi sono vescovi e sovrani. Il mosaico segue fedelmente l’Apocalisse di San Giovanni. Godere della pace della basilica e dei suoi mosaici (a cui è vietato scattare foto) farà scorrere il tempo.
MAZZORBO
Sapevate che a Venezia c’è un vigneto e una zona agricola? Si trova a Mazzorbo, raggiungibile con il vaporetto oppure attraverso un ponte (ponte Longo) che la unisce all’isola di Burano. Sull’isola (in realtà un gruppo di tre isole) ci sono diverse aree coltivate. Tra le sue produzioni di nicchia le castraure di Mazzorbo, il primo frutto della pianta dei carciofi, il cui sapore amarognolo è eccitato dalla salsedine dell’acqua di mare che impregna il terreno dell’isola. Per scoprire il vigneto entrate nella Tenuta Venissa dove si coltiva l’uva Dorona (uva d’oro). Un vitigno a bacca bianca autoctono veneziano recuperato dalla famiglia Bisol, che produce un vino unico: Venissa, 4000 bottiglie da un ettaro di vigneto.
Il vigneto è piuttosto vasto e circondato da orti. L’ingresso è libero e ci sono anche delle panchine su cui sostare. Passeggiare qui o fare una pausa al sole per leggere un giornale o un libro è qualcosa che dona tranquillità e benessere. L’atmosfera serena, intima, la cordialità delle persone che vi abitano sembrano distanti anni luce dalla frenesia del centro. La Serenissima qui è tale.
BURANO
A Burano, l’isola delle case colorate e del merletto, si incontrano pescatori, donne che fanno bricolage ed è facile fermarsi per parlare con le persone del posto, non stressate dal troppo turismo.
Perdersi tra le piccole calli e canali di Burano è un piacere per tutti i sensi. Il vocio di qualche donna intenta a stendere i panni al sole, i mille colori delle case, lo sciabordio dell’acqua, il profumo del mare.
Nella sua piazza centrale, piazza Galuppi, c’è il Museo del Merletto (anche sede di mostre temporanee). L’arte della “trina” risale al Cinquecento ma era relagata ai monasteri e case nobili. A poco a poco le donne che fabbricavano le reti si dedicarono, nel tempo libero, al merletto. Tra i punti più ricercati e costosi: il punto in aria (senza il sostegno di un tessuto) e il punto a rosette (piccoli dischetti stellati). Grazie ad alcune buranelle l’arte del merletto ha una scuola e un laboratorio.
Sempre in piazza Galuppi c’è un ristorante dove sperimentare i sapori autentici dell’isola: Osteria al Museo.
OSTERIA AL MUSEO
Il ristorante è centrale e con la bella stagione è un piacere pranzare all’aperto e godere della piazza con vista sulla Chiesa di San Martino e sul Museo del Merletto. Il personale è cortese, saprà consigliarvi e guidarvi nella degustazione di piatti prelibati. In cucina un giovane ma preparato chef, Antonio Santaniello, con una esperienza di undici anni, maturata anche all’estero.
Il menù si basa soprattutto su ricette a base di pesce fresco, preparate con cura e arricchite da ingredienti locali di qualità, frutto di acquisti quotidiani: dal pescivendolo locale e dal mercato ortofrutticolo dell’isola di Burano.
La nostra sosta gastronomica è iniziata con il Crudo di pesce, un piatto fresco, appetitoso, mangiato prima con gli occhi per la tavolozza con diverse sfumature di rosa.
Il carpaccio di tonno pinna gialla, dal gusto molto delicato era rinfrescato dal basilico. I gamberi rossi di Mazzara del Vallo spiccavano in bocca per freschezza profumo di mare. Il sashimi di ricciola dell’Adriatico era fragante per la sua freschezza. La canocchia al naturale è risultata gustosa grazie per le sue note salmastre. Le chips al nero di seppia sono servite a dare croccantezza marina al tutto mentre il crumble di olive e la polvere di salicornia hanno acceso di sapidità il crudo.
Il Risotto di Gò, ovvero di pesce “ghiozzo”, è un piatto unico, tipico della Laguna di Venezia. Un sapore che chiudendo gli occhi vi farà dire: “sono a Burano!”. Il risotto è mantecato con la salicornia, il pesce è sfilettato e piastrato, la pelle è soffiata e l’aneto regala al piatto sfumature nordiche. Il ghiozzo è fresco e dal gusto delicato ed elegante. Un perfetto matrimonio tra Nettuno e Artemide, un’unione tra il carattere deciso maschile della pelle croccante e la delicatezza vellutata della carne del ghiozzo dalla sensualità femminile. Ad eccitare il palato la salicornia. Un piatto che è una poesia gastronomica.
Nel misto di pesce la granseola lessata era fresca, la triglietta sembrava pescata e mangiata in barca, la carne degli scampi grigliati soda e saporita, il baccalà, una mouse di pesce sapida al punto giusto, è il migliore assaggiato a Venezia e i gamberetti fritti con polentina erano particolarmente saporiti e dal gusto prolungato.
Come secondo piatto la scelta è andata sul Filetto di Ricciola arrosto (la parte più gustosta verso la testa), con zucchine leggermente marinate e menta fresca e chips di pane croccante. La ricciola era appena scottata, morbida e fragrante. Il sapore dolce era esaltato dal gusto marino del nero di seppia e la morbidezza della ricciola era ravvivata dalla croccantezza delle chips. Per finire una crème brûlée (crema bruciata) gustosa, di cui non smetti di leccare il cucchiaio. Un ottimo pranzo che, in una zona turistica, non ti aspetti.
E per capire come Burano sia speciale ecco la foto della festa di un matrimonio celebrato lì con tanto di manifesto degli sposi. Lì gli abitanti sono ancora protagonisti.
MURANO
A Murano di solito si va per vedere i suoi celebri vetri e le fornaci ma l’isola offre molto di più. La chiesa di San Pietro Martire, edificata nel 1348, era dedicata a san Giovanni Battista. Consacrata il 17 settembre del 1417 fu distrutta da un incendio e venne ricostruita nel 1511 così come appare attualmente.
Al suo interno capolavori come il Battesimo di Cristo, attribuito al Tintoretto, e due opere di Giovanni Bellini: Assunzione della Vergine e otto santi (1510-1513), e la pala Barbarigo (1488) raffigurante la Vergine col Bambino, due angeli musicanti, sant’Agostino e san Marco che presenta il doge Agostino Barbarigo.
La pala ha tutte le caratteristiche dei dipinti del Bellini: il colorismo veneto, l’atmosfera palpabile e dorata che dona alla rappresentazione un effetto 3D, i dettagli minuziosi (vedi nei tessuti), della pittura fiamminga e il paesaggio naturalistico sullo sfondo. Peccato che l’esposizione dell’opera non consente di apprezzarla e goderne pienamente.
La prima cosa che scorgi del Duomo di Murano, venendo dal canale, è l’abside e non la facciata rivolta all’interno, sulla piazza. L’abside è un autentico capolavoro dell’arte veneto-bizantina del XII secolo. I motivi decorativi sono innumerevoli: formelle, capitelli, frammenti. All’interno il soffitto ligneo della navata è a forma di carena di nave.
Sopra un’arcata sta il Bottazzo di Sant’Albano, un rilievo con un leone alato veneziano sopra una botticella miracolosa che si riempiva di vino per il Sacramento fino a quando si trovava a Burano accanto alle reliqie del Santo. Si dice che quando giunse a Murano (1543) la botticella smise di riempirsi del prelibato nettare.
Le spoglie di San Donato vescovo di Èvria (vissuto nel IV secolo) furono portate da Cefalonia (1125) insieme ai resti del drago che lui avrebbe ucciso. Il Santo riposa in un sarcofago nella navata sinistra e i resti del drago sarebbero stati murati nell’abside.
Il mosaico pavimentale a tessere di marmo e paste vitree policrome di straordinaria fattura è del XII secolo, coevo alle decorazioni di San Marco. In unra rota compare l’anno di costruzione (1140). La basilica venne riedificata nel 1800. Compaiono, lungo il perimetro, coppie di pavoni affrontati, simbolo di immortalità, che si abbeverano alla coppa dell’acqua della vita.
Al centro del dorato catino absidale sta la Vergine orante. Ai lati le due coppie di lettere greche che significano: Madre di Dio.
Ma cosa ci fanno, dietro l’altare, tre vertebre dorsali e parte della colonna vertebrale di un cetaceo? Queste ossa, portate da Cefalonia, erano ritenute quelle del drago ucciso dal Santo.
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Informazioni
Osteria Al Museo
Piazza Galuppi, 113-115
Telefono: 041 735012
email: reservations@osteriaalmuseo.com
Burano – Venezia
Giorni di chiusura martedì e mercoledì