Mamallapuram, il mare nel tempio. India, Tamil Nadu

 

L’India è incredibile in ogni suo aspetto. Mamallapuram è un sito archeologico su una spiaggia dove l’arte, l’uomo, il sacro e la natura vivono in simbiosi. Dove il mare entrava nel tempio.

Mamallapuram (Mahābalipuram), sulla costa del Tamil Nadu, le aspettative di una storica dell’arte o di un amante della natura vengono superate da una perfetta simbiosi tra arte, natura e sacro. Il sito archeologico è disteso su una lunga spiaggia con alle spalle una vegetazione tropicale. Già questo lo rende una location spettacolare. Una volta il mare entrava nel tempio e bagnava la statua di Viṣṇu. Ormai mura di protezione impediscono al mare di arrivare al tempio ponendo fine alla sua continua erosione. Infatti il tempio risulta danneggiato soprattutto nella parte bassa, cosa che fa supporre che l’erosione fosse dovuta proprio alle onde che si infrangevano contro i muri esterni mentre le zone in alto appaiono meno rovinate. Ciò confermerebbe che la causa della sua erosione risiede nelle onde del mare e non nella salsedine o vento di mare.

Shore Temple

Il sito fu costruito durante il dominio dei Pallava. L’ipotesi più accreditata è che questi fossero una tribù, clan o casta, che si era formata a nord dell’odierno Tamil Nadu, probabilmente nel territorio di Vēngī (zona sotto il dominio degli Āndhra), tra i fiumi Krishnā e Gōdāvari, oggi in Andhra Pradesh. La loro capitale era Kanchipuram (“città d’oro”), conquistata definitivamente tra il V e VI sec. d.C.. Rimasero al potere per 400 anni fino all’avvento dei Cōḷa di Thanjavur. I re pallava del IV secolo sono descritti come devoti bhāgavata, coloro che meditano ai piedi di Bhāgavat, il Supremo (Viṣṇu). Infatti molti nomi di re hanno inglobato il nome “Viṣṇu” per esempio: Viṣṇugōpa e Kumāraviṣṇu. Le continue guerre sembrano essere state la causa, a metà dell’VIII d.C., del declino dei Pallava.

Shore Temple, testa di Visnu

Albert Longhurst sostiene che la storia dell’architettura dell’India del sud inizia con il regno del re pallava Mahēndravarman I (610 to 640 A.D.), fu autore di farse, di saggi (perduti) sulla musica e sulla pittura, che attestano il suo grande interesse per l’arte. Anche secondo Susan Huntington i più antichi monumenti superstiti di Mamallapuram sono riferibili, a lui. Risulta difficile studiare la scultura indipendentemente dall’architettura, particolarmente nel periodo pallava. I Ratha, monoliti, sono sculture in grande scala e durante il periodo di Mahēndravarman sembra che sia stata data più importanza all’architettura templare che non alla scultura. I templi rupestri che sono attribuiti a lui sono: Maṇḍagapaṭṭu, Pallavaram, Vallam, Mahendraviṣṇu Gṛha a Mahendravadi, Trichinapalli, Dalvanur, Ādivarāha Cave temple, Dharmarājamaṇḍapa, Koṭikalmaṇḍapa a Mahābalipuram.

Shore Temple, rilievi con figure marine

Un altro importante sovrano fu Narasiṁhavarman II, Rājasiṁha il ‘Leone dei re’ (700 – 728 d.C.). A lui è attribuita la costruzione di molti templi, tra cui lo Shore Temple a Mamallapuram, il tempio Tālagirīṣvara a Panamalai, il tempio Vaikuntha Perumāl e il Kailāsanātha Temple a Kanchipuram, tutti dedicati a Śiva (in molti casi in forma di Sōmaskanda). Rājasiṁha, che si autodefiniva kala samudrah (Oceano di arte), governò in un periodo di pace e di particolare splendore. Lo Shore Temple è un esempio della sua concezione artistica, insieme al Kailāśanātha. Infatti a lui Rajeswari imputa il declino della costruzione di Maṇḍapa e Ratha monolitici a favore dei templi strutturali. Era un grande condottiero e studioso che governava nel rispetto di vari rami di conoscenza, era un musicista raffinato e abile suonatore di vīṇā (antico strumento a corde indiano da cui discende il sitar). Con la morte di Rājasiṁha, la corte rientrò a Kanchipuram e non fece più ritorno a Mamallapuram.

Shore Temple, Bacino a gradoni

I monumenti di Mamallapuram possono essere raggruppati in tre tipologie piuttosto omogenee: 1) i templi rupestri, in grotta, sono i più antichi; 2) templi monolitici, sono realizzati con una tecnica costruttiva diversa da quella del primo gruppo, in quanto sono monoliti scolpiti; 3) i templi strutturali, costruiti, presentano uno stile architettonico e scultoreo abbastanza simile, sono dedicati a Śiva, sono ‘finiti’ e hanno un programma iconografico specifico. Questo gruppo è riferibile prevalentemente a Rājasiṁha. Per studiarli ho preso in considerazione le cisterne, le piscine, le vasche e i rilievi, presenti nei templi, in cui il tema iconografico, e iconologico, dell’acqua risulta importante.
A Mamallapuram le costruzioni nobili sorgevano all’interno delle mura della cittadella, in alto dove è situato il Trono del Leone. Là c’era una enorme cisterna, intagliata nella pietra, conosciuta come il bagno di Draupadi, un serbatoio pavimentato che serviva agli abitanti come riserva di acqua.

Varaha

Trimurti Cave è un piccolo tempio con tre altari dedicati a tre divinità: Brahmā, Viṣṇu e Śiva. Il gradino più alto dell’altare di Brahmā reca un’iscrizione: “Mālla”, riferito probabilmente a Narasiṁhavarman I (Māmalla), fatto che induce ad attribuire a lui il tempio. Di fronte al tempio c’è una grande cisterna circolare, intagliata nella roccia, conosciuta localmente come “Gōpīs churn” (zangola delle gopī). Probabilmente era usata per distribuire il latte ai pellegrini durante le feste.  
Varāha Maṇḍapa presenta una lunga sala porticata, una cella scolpita, una parete di fondo al centro vuota, ma è presumibile che contenesse immagini relative a Viṣṇu. Davanti al tempio c’è una vasca scavata nella roccia con gradini per scendere nell’acqua. E’ l’unico tempio, a Mamallapuram, con questo aspetto insolito.

Varaha

A proposito della vasca Susan Huntington scrive che l’uso di cisterne o di riserve d’acqua e di un simbolismo legato all’acqua sembra aver giocato un ruolo importante nell’iconografia pallava, che può far riferimento a un aspetto pratico del governo in cui i re provvedevano all’irrigazione pubblica e quindi alle dotazioni di acqua per le varie esigenze. Quattro larghi pannelli presentano bassorilievi con soggetti mitologici. In senso orario partendo dalla parete a sinistra (nord) abbiamo: Varāha (cinghiale, avatāra di Viṣṇu). Questo, al centro, con quattro braccia e testa di cinghiale con la mano destra tiene il disco (cakra) e nella sinistra la conchiglia sacra (śankha), nelle altre due braccia tiene la dea-Terra (Pṛthivī), che ha salvato dalle profondità dell’oceano, seduta sul suo ginocchio destro. Sotto il suo piede alzato si vede un nāga (un serpente semidivino) con copricapo a cinque teste di serpente, che emerge dall’acqua sottostante. Alla sinistra è Brahmā, a tre teste e con quattro braccia, che regge un’ampolla d’acqua ed è accompagnato da un attendente barbuto, sopra di lui una piccola figura di fedele a mani unite

Shore Temple, cinghiale

Il significato sotteso all’incarnazione di Viṣṇu in un cinghiale è esposto nel Padma Purāṇa e nel Vāyu Purāṇa, ove è scritto che “the sacrifice (Yajña) is a whole symbolised by the boar”. Ogni parte del cinghiale simboleggia un elemento del sacrificio. L’asura (il demone), Hiraṇyākṣa, ha rapito la Terra nascondendola nelle acque primordiali. La Terra è la madre-nascosta così come la creazione, yoṇi o Utero, in cui il Creatore (Svayaṁbhū, come Varāha) deposita la sua cellula germinale. Il luogo dove Varāha emerge con la dea Terra è sacro e la sconfitta del demone, Hiraṇyākṣa, ha fatto sì che molti sovrani in India adottassero Varāha quale loro emblema.
L’idea di base è che l’utero delle acque primordiali, il cosmo, esisteva come forma immanifesta o invisibile. L’intero cosmo è simboleggiato come Pṛthvī, la madre di tutto ciò che esiste. In virtù di tale concezione cosmologica è fondamentale per il genere umano la salvezza di Pṛthvī e per il re il dominio del territorio, vinto ai nemici. Il cinghiale rappresentava la vittoria sui nemici, identificati con gli asura, e l’ottenimento dei beni.

Shore Temple, Leone

Il cinghiale era connesso alla fertilità e all’agricoltura, incarnava lo spirito del grano, allo stesso tempo era collegato all’acqua ed era considerato, anche, un presagio di pioggia. Sembra innegabile la connessione di Viṣṇu-Varāha, che va a dormire alla fine di giugno con l’avvento dei monsoni e si risveglia a novembre uscendo dalle acque, e il ciclo dei monsoni stagionali, che grazie alla sua protezione garantiscono buoni raccolti. Varāha rappresenta Viṣṇu, ma è anche il simbolo della terra, che si sveglia dal suo sonno. Inoltre la rappresentazione di Viṣṇu-Varāha non celebra solo il suo risveglio, e quindi la fine del periodo dei monsoni, ma anche, e forse soprattutto, il controllo delle acque dal momento che tiene sotto i suoi piedi la personificazione dell’acqua: il re Naga. Se non controllati, i monsoni hanno una forza devastante per la terra e i raccolti, se opportunamente controllati, e l’acqua canalizzata, hanno effetti positivi per l’agricoltura. Quindi garantiscono la sopravvivenza e il sostentamento della popolazione. Pertanto Viṣṇu-Varāha potrebbe rappresentare, secondo un’interpretazione a più livelli, anche il re pallava.

Trimurti Cave

La discesa del Gange (o Penitenza di Arjuna), monumento unico nel suo genere presenta: due ali di roccia scolpite, con file di divinità e animali, che convergono verso una profonda fenditura naturale nella roccia. In questa spaccatura si trovano Nāga e Nāgini con le mani in posizione di adorazione. I Nāga sono i sacri spiriti delle acque, abitano i laghi e i fiumi, attestano in questa collocazione la sacralità della corrente dell’acqua che scende dall’alto nella fenditura per ricadere nel bacino sottostante. In basso, a sinistra della fenditura, è rappresentata una coppia di personaggi: uno porta una giara poggiata sulla spalla e l’altro ha in mano una cornucopia, simbolo di abbondanza, entrambe sembrano avvalorare il potere fertile dell’acqua, del torrente che scorre giù nella fessura

Trimurti Cave, Visnu

Salendo sopra le pareti scolpite, all’altezza della fenditura, si notano delle scanalature nella roccia che provano l’esistenza di una cisterna, costruita proprio sopra la spaccatura, in mattoni o muratura. Forse durante alcune cerimonie la cisterna era riempita d’acqua in modo da farla scorrere giù lungo la fenditura, come una cascata, nel bacino sottostante, simulando la discesa di un torrente di montagna. La vasca sottostante fu scoperta nel 1871 e di quella superiore fece menzione Longhurst nel 1928. La cisterna era situata vicino le mura del palazzo reale, soprastante il rilievo. Quindi il rilievo, quasi una quinta teatrale, poteva suggerire questa rappresentazione: il re, forte del diritto divino ereditato, spargeva, attraverso l’acqua della cascata, le forze benefiche (prosperità e pace) a tutti i suoi sudditi.

Trimurti Cave, Trivikrama

Il tempio di Ādivarāha è dedicato alla incarnazione di Viṣṇu come Varāha, ovvero Ādi-Varāha, il cinghiale primordiale, che salva la Terra dalle profondità dell’oceano, da cui il nome del tempio. Sono presenti anche rilievi che ritraggono i membri della famiglia reale pallava: un re insieme a due regine e, al di sopra di essi, alcune iscrizioni in caratteri grantha del VII sec.. In questo tempio non ci sono vasche o piscine, ma il tema dell’acqua, connesso con Varāha, Gaja-Lakṣmī e Śiva Gangadhara, e soprattutto la sua relazione con il potere espresso in modo manifesto attraverso la raffigurazione dei re, lo rendono degno di considerazione per la connessione tra acqua e potere.

Trimurti Cave, Brahma

Lo Shore Temple Il complesso, situato in riva al mare, consiste di tre templi. Due di essi sono dedicati a Śiva e sono del periodo di Rājasiṁha Pallava. Tra questi si trova il tempio dedicato a Viṣṇu Anantaśayana. La scultura che ritrae il dio sdraiato e la parte soprastante furono scolpite direttamente nella roccia. I due templi di Śiva, costruiti e rivestiti in arenaria, sono ortogonali rispetto a quello rettangolare dove è sdraiato Viṣṇu. Michael D. Rabe propone una datazione intorno la metà del VII d.C.. L’immagine di Viṣṇu Anantaśayana (lunga 3 metri e rivolta a nord) è molto rovinata. Era in pietra e probabilmente rivestita in stucco e in passato l’acqua del mare entrava in questo vano sommergendo Viṣṇu, realizzando così una perfetta sintesi tra arte e natura. Questo è forse il tempio più antico sopravvissuto a Mamallapuram. Una iscrizione trovata sull’architrave del tempio di Viṣṇu riporta: “Narapatisimha Pallava Vishnu griha”. Narapatisimha è uno dei titoli di Rājasiṁha.

Varaha Mandapa, Durga

Il tempio dedicato a Viṣṇu fu il primo ad essere eretto, rispetto agli altri due. Caratteristico dello Shore temple è il passaggio a cielo aperto tra il muro di cinta ed il corpo del tempio. In epoca vedica Viṣṇu, pur avendo un ruolo secondario, aveva già sviluppato quelle caratteristiche tipiche anche del periodo più tardo: pervadeva tutti i mondi , si spostava velocemente nello spazio, con tre passi copriva tre mondi. Nel Ṛigveda è citato come benefattore e conservatore, offre protezione e combatte i demoni. Viṣṇu è associato al serpente Śeṣa come Nārāyana, che è anche Signore delle acque, con riferimento al Mahābhārata. E’ in tale identificazione che è rappresentato sdraiato nelle acque primordiali sul serpente (Śeṣa simboleggia l’infinito, come suggerisce il suo nome Ananta, che significa ‘senza fine’ o ‘infinito’, pertanto Śeṣa è la personificazione stessa dell’eternità). Per cui Viṣṇu sdraiato su Śeṣa rappresenta se stesso nella sua dimensione eterna (Śeṣaśāyī).

Varaha Mandapa, Varaha e Prthvi

Le incarnazioni di Viṣṇu sono gli avatāra, che i testi puranici canonizzano in una lista di dieci. Le discese del dio sulla Terra hanno il compito di salvare il mondo dai demoni, dal male e di difendere gli oppressi. Il primo avatāra di Viṣṇu è Matsya, il pesce, che indica la via salvifica al genere umano all’apprestarsi del diluvio, che arrivava alla fine di ogni kalpa (era). L’altro avatāra Varāha (il cinghiale) ha il compito di sollevare la Terra sommersa nuovamente, dal demone Hiraṇyākṣa , dalle acque dell’Oceano. Il quarto avatāra Narasiṃha, l’uomo-leone, si scatena contro il demone per difendere gli esseri pii. Questi quattro avatāra di Viṣṇu appartengono all’età dell’oro (kṛtayuga) e rappresentano l’evoluzione dagli esseri acquatici/anfibi ai mammiferi. Questi primi quattro avatāra sono raffigurati, se accettiamo l’ipotesi che Matsya era presente nel rilievo della Discesa del Gange, tutti nel sito di Mamallapuram.

La Discesa del Gange

La scultura di Viṣṇu fu scolpita in loco (una roccia scolpita) e la figura, oggi, si presenta particolarmente erosa da agenti naturali. Tranne che per il copricapo troncoconico, tipico di Viṣṇu, l’immagine non conserva altri particolari iconografici. L’immagine di Viṣṇu quando è distesa sulle spire del serpente cosmico Ananta, è chiamata Anantaśāyin (ovvero colui che dorme su Ananta). Se in genere i serpenti sono creature che simboleggiano l’acqua, Ananta è associato all’oceano primordiale, sopra cui Viṣṇu riposa durante la sua notte cosmica. La vicinanza con il mare e la possibilità che questo, con l’alta marea o mare mosso, potesse entrare nel vano sommergendo la divinità, ha fatto parte del progetto dell’opera. Le sacre abluzioni dell’immagine di Viṣṇu erano periodicamente compiute dal mare stesso che soprattutto nelle stagioni con monsoni alzavano il livello dell’acqua e le onde del mare tornavo a sommergere Viṣṇu nel suo ambiente primordiale. Secondo Walter Smith la vicinanza al mare del tempio era voluta ed aveva un motivo artistico, simbolico e perfino rituale ; il rapporto con il mare era parte integrante della concezione estetica dell’opera come del suo significato.

La Discesa del Gange, Naga e Nagini

Nella foto che ho scattato in loco appaiono sul letto, su cui è sdraiato Viṣṇu, due linee incise ondulanti, lungo il corpo nella parte destra, che se non simulano i serpenti sembrano di sicuro alludere alle onde. Ma Viṣṇu era considerato dai Pallava anche il loro mitico progenitore, forse ciò è in qualche modo visualizzato nella Discesa del Gange dove nella zona sottostante il tempietto di Viṣṇu, stanno tre figure acefale (forse il taglio della testa potrebbe non essere casuale, rispetto alle altre numerose figure che non presentano lesioni, e potrebbe trattarsi di una damnatio memoriae). In particolare, la figura sottostante il tempietto, in asse con Viṣṇu, potrebbe essere una sua emanazione, considerata anche la presenza del suo avatāra (Kurma, la tartaruga), ed essere – come ipotizzato da Rabe – il ritratto del re, visualizzazione di Narasiṁhavarman, in quanto -varman sta ad indicare: ‘colui che è protetto da’. Ma -varman è la desinenza del nome di ogni re pallava, per cui potrebbe trattarsi anche di Mahendravarman I. Gli altri due personaggi senza testa potrebbero essere due personaggi della famiglia reale. Inoltre la posa di Viṣṇu è in abhayamudrā, quindi in posa benedicente, che esprime protezione, di cui beneficia la figura sottostante. Del resto se Brahmā era considerato il creatore, Śiva il distruttore, Viṣṇu era venerato come il conservatore.

Tiger Cave

Sul lato sinistro del complesso, oltre una fila di Nandi (tori) accomodati su un muro, è venuto alla luce, grazie a recenti scavi, un grande bacino a gradoni, all’interno, accostato alla parete più vicina al tempio c’è Varāha, al centro un tempietto circolare. Al centro del bacino c’è una vasca circolare rivestita in pietra, usata forse per l’acqua sacra (abhisheka). Il tempietto presenta uno scasso al centro che ospita l’immagine di Śiva Tripurantaka, seduto sul toro Nandi e con Viṣṇu come sua freccia. Il Varāha è un blocco di roccia intagliata, appare sotto sforzo e curvato in avanti con la testa abbassata, come se fosse pronto a tirare fuori dall’oceano la Terra, come rappresentato dal mito. La posizione del Varāha sulla costa, dove si infrangono le onde del mare, lo colloca nel suo ambiente naturale, proprio dove il mito sembra prendere vita. A mio avviso, non solo (come afferma Nagaswamy), il luogo suggerisce l’ambiente sottomarino del Varāha, ma è una vera e propria realistica ambientazione dal momento che, con ogni probabilità, l’acqua riempiva la vasca, lasciando sommerso il Varāha. Infatti la sommità della vasca è a livello della piattaforma su cui è costruito lo Shore Temple. Durante la stagione delle piogge o durante l’alta marea la cisterna si riempiva di acqua, lasciando il Varāha sommerso.

Shore Temple, Visnu

E’ possibile ipotizzare la connessione tra Viṣṇu, che riposa immerso nelle acque, e il suo risveglio, nel bacino accanto, come Varāha che, sotto forma di cinghiale, sta per emergere dalle acque per salvare la Terra. Si tratta della rappresentazione di tutti i tempi del suo risveglio: il dio che prima viene raffigurato mentre dorme nelle acque primordiali, poi il suo avatāra (Varāha) all’esterno del tempio, a testa bassa nella vasca, immerso nelle acque, e poi nei templi sopra il livello del mare abbiamo il Cinghiale, vittorioso, che salva la Terra, tirandola fuori dalla profondità delle acque. La teoria sulle immagini dell’arte indiana che rappresentano divinità ma allo stesso tempo alludono ai re che hanno fatto la storia è sviluppata in un saggio della Huntington. Si tratta prevalentemente di divinità maschili che allo stesso tempo raffigurano dei re. 

Shore Temple

La Huntington afferma che la raffigurazione di un dio e di un re sono in realtà la rappresentazione dei due mondi che definiscono tutta l’esistenza: mokṣa (la liberazione, ovvero trascendere il mondo fisico per unirsi con il divino, a cui tende l’induismo) e dharma (il comportamento e i doveri sociali sanciti dal Dharmaśāstra che regolano tutti gli aspetti della vita umana, oltre l’artha, potere e benessere e kāma, soddisfazione dei desideri). Il dharma, come indicato nella Bhagavad Gītā, è il dovere che ogni uomo è tenuto a compiere per mantenere il benessere e l’ordine sociale, primo tra tutti quello verso gli altri: la propria famiglia, la casta e il regno. In questa concezione è molto importante il ruolo del re, ossia il rājādharma (dharma del re), nel mantenere un ordine ideale nel suo regno e nel mondo. La divinità è il modello per il re, così come il re è il modello di riferimento per tutti gli uomini.
L’importanza dell’acqua si riverbera in quasi tutti i riti religiosi hindu. La prima funzione antropocosmica dell’acqua è la purificazione, proprietà che non appartiene agli altri elementi e strumento massimo di purificazione è il sacro Gange.
Non si può escludere che la scultura di Viṣṇu dello Shore Temple sia identificabile con il re committente. La sua stessa collocazione implica, oltre il concetto di creazione (oceano cosmico), la conoscenza ed il controllo delle maree e dell’innalzamento del livello dell’acqua dovuto a monsoni o mare agitato.