AgriRistoro Il Calice e la Stella, viaggio con Felice Arletti nei sapori della Tuscia
Canepina (VT). Come Felice Arletti ha trasformato la crisi in opportunità. Il mistero del “quarto segreto di Fatima”.
INDICE: Come Felice Arletti ha trasformato la crisi in opportunità – Il ristorante – Le materie prime: l’azienda agricola Selva Cimina e l’Alleanza Slow Food – La canapa nel menù – Il menù e i nostri assaggi –
Ogni volta che incontro Felice Arletti, ottimo cuoco che continua a innovarsi e migliorarsi, è capace di stupirmi (ne ho già scritto qui). Gli ingredienti della sua ricetta vincente sono: cultura, amore per il territorio e passione. In quantità che non basta mai la cultura: oltre a una laurea in Educazione e divulgazione ambientale e guida turistica Felice Arletti conosce molto bene il suo territorio, le materie prime, la loro storia e ne sperimenta continuamente l’uso, rinnovando le ricette tradizionali con nuove creazioni e proposte. Quantità abbondante di amore per la Tuscia che traspira da ogni racconto di Felice, capace di portarti alla scoperta delle ricchezze del territorio e di contagiarti anche se non le conosci. Come riportato su una parete del suo ristorante: “Un piatto non si giudica solo dalla sua bontà ma anche dalle storie che ci racconta” e ogni piatto di Felice racconta molto della Tuscia.
Amore è anche rispetto per il territorio e chi ci lavora. Felice Arletti è tutt’uno con la sua squadra (Angelo Donati, Thaira Paolocci e Sonia Ciuchini), che è sempre la stessa (prima, mentre e dopo il lockdown). Predilige il “buono, pulito e giusto” dello Slow Food. Tra i “segni particolari” del ristorante: la cucina a vista (garanzia di trasparenza etica, umana e professionale) e l’accoglienza, la piacevole sensazione di sentirti a casa. Qui essere trattato come “ospite”, e non come un “cliente”, non è un modo di dire ma di essere di Felice. Chi non l’ha ancora conosciuto personalmente l’avrà visto probabilmente in televisione (La Prova del Cuoco, Geo & Geo, Linea Verde). Altro ingrediente in dosi massicce: la passione per il suo lavoro che emerge nella ricerca inarrestabile e nella motivazione nell’affrontare e superare anche questo periodo critico.
Come Felice Arletti ha trasformato la crisi in opportunità
D. Cosa è cambiato quest’anno nel tuo lavoro?
Felice Arletti: “La ‘filiera corta’ certamente non è cambiata. Quello che è cambiato è che da una parte c’è l’ansia per il futuro e il prendere coscienza ‘dell’incertezza della certezza’, è tutto incerto, e dall’altra la consapevolezza che questo è quello che tu fai e vuoi continuare a farlo bene. Chi ha lavorato bene si salverà. Se ha una clientela, una storia, continuerà a lavorare. Ovvero chi ha avuto un rapporto vero con le persone che sono venute al ristorante, che hanno riconosciuto in lui non un somministratore di piatti ma qualcuno con cui passare del tempo e di cui fidarsi. Chi invece ha scelto la ristorazione solo per guadagnare è destinato a crollare.
Chi può garantire la qualità, la fiducia, la sicurezza (oggi avere i tavoli distanziati è importante) continuerà a lavorare. Chi ha scelto di fare questo lavoro lo deve fare bene perchè il cliente si deve fidare e allora ti raggiunge anche in un piccolo centro”.
D. Nella complicata gestione, con alternanza di chiusure e aperture, cosa è accaduto?
Felice Arletti: “Rivedi il menù, fai più cucina espressa. Gestisci meglio le spese con un aggiornamento continuo, ti concentri di più sulla stagione. Fai meno magazzino. Puoi creare un menù a base di carciofi. Al cliente spieghi che il menù è a base di prodotti freschi ed è più variabile. Fai una rivisitazione quotidiana delle materie prime a disposizione. Se all’inizio, in cucina, c’è stata una sorta di psicosi poi ci siamo rimessi in gioco e alla fine è diventato un modo per stimolare la creatività.
Durante il lockdown hai mangiato le noccioline davanti alla TV, allora ti torna in mente “noccioline e bitter” e ti stimola a farci un piattino. Durante il lockdown noi ci siamo sentiti più spesso e abbiamo inventato più piatti, rivisto più ricette, mentre prima durante il lavoro continuo era più difficile. Prima eri stimolato a fare nuovi piatti in occasione del cambio di stagione del menù, ora ne abbiamo creati tantissimi. Abbiamo sistemato un po’ di cose nel locale e fatto laboratorio. Abbiamo realizzato che ora possiamo lavorare bene e più sereni perchè lavoriamo come vogliamo. Facciamo ciò che ci piace fare. Ci piaceva fare la trippa ma non alla solita maniera e così abbiamo inventato il “raviolo di trippa” e ci siamo divertiti. Chi ha un vissuto contadino conosce la trippa, le nuove generazioni non la conoscono. Spieghiamo il piatto al cliente e cerchiamo di fare educazione alimentare.
Spieghiamo che non è grassa, ne proponiamo l’assaggio. Così ha conosciuto qualcosa tornando indietro nel tempo, abbiamo parlato di cibo, abbiamo passato del tempo insieme, siamo stati reciprocamente leali e corretti e insieme siamo cresciuti. Questo è quello che voglio nel mio locale, piccolo ma gestito in questo modo. Ci mettiamo cuore, anima e ricerca, il locale è diventato la nostra seconda casa e i tempi si sono allungati. Mi ritengo fortunato, economicamente, rispetto ad altri colleghi perchè sono proprietario delle mura e non ho il peso di un affitto, grazie anche all’essere stato sempre previdente. Con i contributi ottenuti ho coperto le spese vive, non mettendoci il mio lavoro. Questa situazione ha fatto emergere i problemi legati alla liberalizzazione delle licenze, manca una specifica del settore. Sotto ‘ristorazione’ troviamo sia il bar che cucina, sia il ristorante che il fast food. La gestione non può essere la stessa”.
Il ristorante
Nell’AgriRistoro “Il Calice & la Stella” (nel pieno centro storico di Canepina) si respira la storia. Conservando il nome del ristorante attivo alla fine degli anni Ottanta è stato ristrutturato dai Fratelli Arletti, Felice e Giuliano. Il progetto originale è dell’architetto Zammerini, commissionato, all’epoca, da Virgilio Fazioli, fratello maggiore di Paolo Fazioli, a cui si deve il primo pianoforte a coda italiano, tra i più famosi al mondo. Il restauro dell’edificio del Duecento – situato di fronte al palazzetto (oggi sede dell’amministrazione comunale) fatto costruire da papa Paolo III (Alessandro Farnese) e spazio all’aperto in estate del ristorante – ha rivalorizzato gli elementi esistenti come i muri in pietra, i capitelli, nicchie e fontaneIle. La sala d’ingresso è stata la prima sede del PCI.
Le antiche mura castellane dividono le due piccole sale da pranzo. Al piano superiore c’è la cucina a vista e un soppalco con pochi tavoli.. La cantina (1200 d.C) si trova all’antico livello stradale del paese. Custodisce una delle prime fontane pubbliche del borgo, legata alla Chiesa Collegiata di Santa Maria Assunta, opera di Antonio Cordini da Sangallo detto “il Giovane”. Ogni sala garantisce riservatezza e intimità. Il luogo ideale per conoscere i sapori, il sapere e le tradizioni della Tuscia.
Le materie prime: l’azienda agricola Selva Cimina e l’Alleanza Slow Food
Molti dei prodotti usati nell’AgriRistoro provengono dall’azienda agricola di Arletti: Selva Cimina. Si sviluppa sulle colline intorno al piccolo borgo medievale di Canepina (VT), alle pendici dei Monti Cimini. Il suo nome deriva dalla storica testimonianza di Tito Livio (IX,36-39) che descrive il territorio con l’appellativo ‘Antica Silva Cimina’, ” più impervia e spaventosa (invia atque horrenda) dei boschi della Germania”. Nell’azienda i terreni sono lavorati in maniera tradizionale nel rispetto del valore culturale, sociale, nutrizionale e ambientale dei prodotti: castagne, marroni, olive, ottimo olio extravergine di oliva di collina (coltivato a 575 m.s.l.m), nocciole, piante da frutto, crema di nocciole e di castagne, ortaggi e canapa sativa. In tal modo Felice Arletti si garantisce la filiera corta. E’ possibile acquistare i prodotti aziendali direttamente presso il rstorante oppure online sul sito aziendale.
Altre materie prime d’eccellenza presenti nel menù sono Presìdi Slow Food. L’Alleanza Slow Food è un patto fra cuochi e piccoli produttori per promuovere i cibi buoni, giusti e puliti del territorio e per salvare la biodiversità. Felice Arletti ricerca materie prime di qualità (sostenibili e di stagione), raccontando l’origine dei prodotti che sceglie e conosce in prima persona. Nel suo menù si trovano prodotti locali, Presìdi Slow Food, dell’Arca del Gusto, dei Mercati della Terra e delle comunità di Slow Food. Alla base della sua cucina e lavoro c’è la tutela della biodiversità agroalimentare e la salvaguardia dei saperi gastronomici e delle culture locali.
La canapa nel menù
Una volta con la canapa si faceva tutto (tessuti, farina e prodotti alimentari). Il proibizionismo postbellico ha determinato l’accantonamento della pianta. Di certo prima di allora a Canepina, la canapa, da cui il paese prende il nome, è stata sempre coltivata e trasformata. Infatti dalla coltivazione di questa pianta ha origine l’antico nome Canapina (citato per la prima volta in un documento dell’XI secolo). Il Calice & la Stella ha riproposto l’uso alimentare della canapa sativa. Felice Arletti è stato il primo in Italia a creare un piatto e un menù alla canapa.
Della canapa sativa si possono distinguere due tipi: quella femmina contiene un’alta percentuale di THC (cioè di tetraidrocannabinolo che è una sostanza stupefacente) ed è dunque vietata. La percentuale scende sotto lo 0,2% nella specie maschile, che si può usare per scopi alimentari senza problemi. La canapa è un cibo ad altissimo valore nutraceutico, i suoi semi contengono Omega 3 e 6, gli 8 aminoacidi essenziali, vitamine e proteine. In cucina può essere usata come farina, in foglie, semi o olio, e ha un sapore dolciastro. Nel menù Felice propone fettuccine, tagliatelle e gnocchi a base di farina di canapa sativa.
Il menù e i nostri assaggi
A Il Calice e la Stella i piatti, le ricette e gli ingredienti sono rappresentativi di una identità culturale, un viaggio gastronomico nei sapori e saperi della Tuscia viterbese che va oltre la ricetta, perché mangiare è molto più che nutrirsi e dietro al cibo ci sono produttori, territori, storie, emozioni e piacere. Per questo la cucina di Felice trasforma materie prime d’eccellenza puntando su innovazione e contaminazione.
La carta dei vini è molto territoriale e interessante. Un bonus per l’offerta di Oli Evo selezionati per qualità e persone. Molto buono quello prodotto dallo stesso Felice. Ci ha conquistato quello “extravergine di oliva qualità Eximius” di Traldì. I fornitori (di uova biologiche, salumi da allevamento allo stato brado, formaggi quasi tutti a latte crudo e di pascolo, carni locali, fieno di canepina) sono accuratamente selezionati all’insegna della filiera corta.
Homemade. La pasta, il pane e i dolci sono fatti in casa. La pasta è fatta rigorosamente a mano, con farine di grani antichi e di canapa. Piatto consigliato: i Maccaroni di Canepina (il Fieno Canepinese). Questa pasta è citata per la prima volta nel Seicento e rappresenta una delle prime “paste all’uovo” della storia della cucina viterbese. Nota con il termine Fieno è una pasta lunga dallo spessore millimetrico, fatta con uova e farina e tagliata rigorosamente a mano. Prodotto dell’Arca Slowfood, simbolo della cucina locale, è una presenza costante nel menù di questo ristorante. Mantiene l’elasticità in cottura senza rompersi, tenace e scioglievole è definita “Il quarto segreto di Fatima”.
Secondi. Anche le carni sono pregiate. Consiglio il coniglio verde leprino, ancora poco conosciuto, che è l’unica razza italiana registrata e allevata in modo che possa stare il più possibile in movimento.
Contorni. Verdure biologiche dell’orto.
Il nostro pranzo è iniziato con un omaggio agli anni Novanta: Mousse di ricotta al Sanbittèr su biscottino con farina di noccioline americane e foglia di salvia. Una sfiziosissima rivisitazione di sapori classici (amaro-dolce-salato), mantenendone però il senso e il gusto.
– BioUovo Fritto (Barzotto) su crema di tartufo nero estivo e chips di guanciale, la sapidità del guanciale che sfida il gusto della crema di tartufo, consistenza del rosso d’uovo perfetta, albume solidificato. Doppia panatura con aggiunta di semi di canapa. Una sfida da equilibrista di sapori ben riuscita.
– Guanciale Croccante con nocciole dei Cimini e riduzione di balsamico ai frutti di bosco. Piacevole croccantezza del guanciale, sapidità che alza il volume, subito moderato dall’aceto balsamico, il tutto armonizzato dalla dolcezza delle nocciole..
– Fieno di Canepina con farina bio di canapa al ragù bianco di coniglio viterbese con fiore di finocchio e granella di nocciola. . Il fatto che rende ancora più speciale questo piatto è che il Fieno è fatto con la farina bio di canapa, il cui gusto si sposa bene con quello delle nocciole, o castagne in autunno.
– Ceciliani con carciofi e zenzero. Un piatto dal gusto e dalla freschezza che riempie la bocca. Il fritto del carciofo esaltato e rinfrescato dallo zenzero lo rendono un piatto davvero appetitoso. I Ceciliani, ottima base per questo condimento, sono l’altra pasta-simbolo del paese, più leggera del fieno perchè fatta solo con acqua e farina. Sono una specie di maccheroni al ferretto, ovviamente lavorati a mano.
– Il Coniglio Viterbese Lardellato con guanciale e accompagnato con chips di carciofi di Tarquinia. Il Coniglio di Collina, una razza del viterbese allevato in libertà, è alimentato con mangimi bilanciati. La consistenza della carne è piacevolissima, con il suo ripieno a base di patate e un sentore lievemente sapido di salsiccia. Mentre il gusto delicato è esaltato dalla sapidità del guanciale e dal carattere del carciofo.
Finale in dolcezza, contenti di verificare ancora una volta come il cibo sia parte integrante della cultura di un popolo. Perciò Eugène Briffault (1846) è arrivato ad affermare: “La cucina di un popolo è la sola esatta testimonianza della sua civiltà.”
Il Calice e la Stella. è nelle più note guide enogastronomiche italiane (Slowfood, Gambero Rosso, La Repubblica, La Pecora Nera).
Informazioni
AgriRistoro Il Calice e la Stella
Piazza Garibaldi 9, Canepina (VT)
Telefono Felice: 328 9024761
Mail: info@selvacimina.it
Aperto dal giovedì alla domenica