Il mare delle Andamane con Star Clipper: sailing emotion!
Diario di bordo dal veliero Star Clipper. Navigando tra arcipelaghi e spiagge tra Thailandia e Malesia.
In viaggio porto con me il meno possibile della mia vita quotidiana e cerco di lasciare ‘poche impronte’ se non un sorriso. Il mare mi scorre nelle vene, è il mio ambiente naturale, fetale: mosso come la mia vita, profondo come i sentimenti più intensi, certezza di profondo benessere. Le isole sono un ecosistema fragile e per questo necessitano del massimo rispetto. Ridurre gli scarichi dei motori delle imbarcazioni è importante. Viaggiare in barca a vela è il modo migliore per solcare e vivere il mare.
Delegare la guida di un veliero (non troppo grande, massimo 150 passeggeri, in grado di attraccare quasi ovunque) a un equipaggio esperto può rappresentare un’ottima soluzione, all’insegna del miglior rapporto qualità/prezzo, per viaggiare tra isole deserte, approdare su spiagge edeniche, nuotare in acque cristalline e visitare paesi lontani. Star Clipper, costruita come un elegante yacht (senza casinò, discoteche e alienanti pseudo divertimenti) è dotata di due piscine e una interessante libreria con camino dove sorseggiare un tè. Utilizza i motori solo per le manovre in porto o in assenza di vento.
Durante una crociera di una settimana con le condizioni di vento sfavorevoli si naviga solo a vela per il 50 per cento del tempo mentre nelle condizioni migliori si arriva al 75 per cento.
Viaggiare a vela vuol dire sentirsi in sintonia con il mare che ti circonda.
Dormire dietro un oblò dà immediatamente la sensazione che sei su una nave e hai intorno solo il mare. Quello che rende speciale la Star Clipper sono i suoi quattro alberi, sedici vele (quasi 3400 metri quadrati di velatura), gli interni e i pavimenti in legno su cui puoi camminare a piedi nudi. Vacanza è anche dimenticarsi delle scarpe.
Alle 22 l’ancora è levata, i motori iniziano a borbottare e salpiamo. Il capitano comanda di aprire le vele, che sospirano al vento. L’emozione, dal gusto salmastro e profumo d’avventura, scorre come un brivido sotto la pelle. Le vele, issate con la musica evocativa di Vangelis (1492 Conquest of Paradise, colonna sonora dell’omonimo film su Cristoforo Colombo) sfidano la luna e le stelle. Patong diventa sempre più piccola, il mare delle Andamane ci attende.
L’itinerario è un tratto della ‘via delle spezie‘, la rotta dell’Estremo Oriente delle navi cariche di pepe, chiodi di garofano, noce moscata e cannella. In Europa questi prodotti avevano un consistente valore economico perché venivano usati anche per la produzione di farmaci e profumi. Altre merci preziose erano il tè, la seta, la mirra e l’incenso. Nel XIX secolo le Clipper (navi veloci a vele quadrate) erano adibite al trasporto di queste merci leggere. È del 1940 l’ultimo viaggio di un cargo a vele quadrate. Dopo quasi cinquanta anni Mikael Krafft (proprietario e presidente delle Star Clippers) decide di costruirne per uso crociera.
Anche l’alba da un veliero è diversa, il vento sulla pelle, il fruscio delle vele, la musica delle onde, il profumo di salsedine. Il mare si è impossessato di te e non puoi che assecondarne l’andatura. A nord di Pang Kor il veliero scivola silenzioso tra le isole deserte thailandesi di Butang (nel Tarutao National Park, sopra Langkawi). Sono note, praticamente, solo ai navigatori. Sulle piccole isole la vegetazione è prepotente e ogni palma o albero sembra volersi arrampicare su quello sottostante. Su questi smeraldi incastonati nel mare si intravedono, ogni tanto, piccole spiagge candide, come spruzzate di borotalco che segnano temporanei confini tra foresta e mare. La mattina sul veliero può iniziare con una lezione di yoga sul ponte, il modo migliore per salutare il nuovo giorno e fare stretching. La sera può terminare con un sapiente massaggio.
La Star Clipper getta l’ancora a Ko Butang. Il termine ‘ko’, ripetuto all’infinito in questi mari, significa ‘isola’. Dalla spiaggia, raggiunta con il tender, puoi sperimentare le cinquanta sfumature di verde dell’acqua marina. Gli istruttori rendono disponibili durante le soste le attrezzature per gli sport acquatici: kayak, windsurf, laser, standup paddle, snorkeling e diving. Dopo bagni, sole e perlustrazioni con maschera si prosegue, dopo le 18, verso lo stretto di Malacca. Destinazione George Town, capoluogo di Penang (prima colonia inglese e dal 1957 stato della Malesia).
Non è una città particolarmente bella ma affascinante. Ciò che la rende interessante è il melting pot di chi la anima, cinesi, tailandesi, malesi, indiani etc. Sembra che tutte le etnie asiatiche si siano date appuntamento qui, snodo lungo la via per mare del commercio con la Cina. Non perdiamo l’occasione di fare un’escursione (ogni giorno è possibile partecipare a una) nella terra di Sandokan.
George Town potrebbe essere definita ‘la città dell’armonia’. Qui convivono, senza tensioni, tutte le religioni. In un’unica via (Pitt Street) si trovano templi buddisti, una moschea e un tempio hindu. Affrontati stanno un tempio buddista thailandese, Wat Chayamankalaram (1900) con un gigantesco Buddha reclinato (32 m), e un altro birmano, Dhammikarama (1803).
Nel primo, dietro al Buddha disteso, ci sono molte urne, alcune con preziose decorazioni, contenenti le ceneri dei devoti.
A Penang si trova anche uno speciale tempio cinese di derivazione buddista, lo Snake Temple (tempio dei serpenti, 1873), che ospita numerose vipere vive che adornano l’altare.
Si dice che sia la divinità del tempio a renderle innocue. In realtà i rettili sono privati delle ghiandole di veleno. La leggenda narra che al termine della costruzione del tempio apparvero, al suo interno, dei serpenti provenienti dai boschi e un monaco permise loro di stare nella sala principale, dove ancora oggi sono ospitati.
La ‘casa delle farfalle’ a Entopia (parco divertente, istruttivo e family friendly) è un luogo incantato. Miriadi di farfalle dai colori sgargianti ti volano intorno e ti si poggiano addosso. Ma non mancano pericolosi scorpioni e tutta la varietà della fauna e flora malese.
La Star Clipper, illuminata da una luna fosforescente, riprende la sua rotta scivolando silenziosa nelle acque dell’arcipelago di Ko Adang. Immerso nel parco marino è composto da 51 isole disabitate, tranne che per la presenza dei forestali e degli zingari del mare (austronesiani ridotti a poche migliaia).
Vivono di quello che offre il mare e dei frutti della foresta. Sono animisti, pacifici e particolarmente abili nelle immersioni in apnea. La visibilità subacquea dei loro bambini è doppia rispetto a quella dei coetanei europei. Vivono in barche (kabang), costruite con un solo albero che sostituiscono con uno nuovo, e su palafitte utilizzate durante il periodo dei monsoni. Barattano pesce per acquistare attrezzi e carburante per le barche.
Il loro stile di vita nomade disconosce la proprietà, i documenti e i confini nazionali. Per questo sono sottoposti a tentativi di sedentarizzazione. Lo sfruttamento della pesca da parte delle grandi compagnie ha impoverito queste genti che, in parte, si sono stabilite su terraferma. L’essere sempre meno un’etnia libera mette a rischio la loro identità culturale. Sono venuti alla ribalta delle cronache quando nel 2004, in sintonia con il mare e conoscitori delle maree, riuscirono a prevedere la catastrofe e a mettersi in salvo dallo tsunami. A tutela della loro identità, e per fare tesoro della loro conoscenza del mare, sarebbe auspicabile una sinergia e collaborazione tra loro e gli operatori dei parchi naturali marini.
In queste isole la vegetazione sfida il mare, quasi a volerlo sopraffare, ma questo l’abbraccia con le sue candide spiagge. La natura è armonia, così il mare dona la sua polvere bianca di corallo per fare collane di spiagge e la vegetazione ricambia cedendo la sua gamma di verdi smeraldo alle acque marine. Sbarcati, come naufraghi felici, su una delle spiagge deserte più belle ci godiamo una giornata di mare in purezza, interrotta soltanto dall’appetitoso barbecue organizzato per noi in spiaggia.
Cominciamo a pensare a quanto fossero stati fortunati i pirati a vivere tra queste isole. Mentre Emilio Salgari, che le ha fatte sognare a intere generazioni, non c’è mai stato.
Navigare nel mare delle Andamane stimola diverse suggestioni. Non ti stanchi mai di guardare l’orizzonte. Dal ponte, a ovest, puoi ammirare contemporaneamente un tramonto multicolore e sul lato opposto il sorgere la luna che alzandosi dal mare è rosso fuoco prima di diventare lattea.
Di notte lo spettacolo continua. Le stelle ti avvolgono, miriadi di luci galleggianti punteggiano il buio e ti circondano. Sono quelle colorate dei villaggi sulle isole e quelle verdi dei led dei pescherecci, sul mare c’è sempre vita. Ma la vita sui pescherecci è ben diversa da quella slow e coccolata, in vacanza, su un veliero. Sui pescherecci si lavora fino a 18-20 ore al giorno. I contratti sono ben diversi da quelli sulla terraferma, soprattutto nel caso di immigrati (cambogiani o birmani). Un terzo del pescato è cibo per animali domestici (occidentali). Acquistarlo con la scritta ‘pescato legalmente’, oltre ad avere risvolti etici, premierebbe un’economica virtuosa.
Star Clipper veleggia, oggi, nel Ko Lanta Maritime National Park, sotto un cielo azzurro che ruba i colori al mare. Getta l’ancora davanti all’isola perfetta: Ko Rok Nok. Difficile descrivere i suoi magici colori dalle infinite sfumature, le sue acque cristalline e la sua natura incontaminata.
Qui Circe non avrebbe avuto bisogno di incantesimi per convincere Ulisse a rimanere. Felicità pura su quest’isola deserta, ricca di frutta tropicale, dove puoi sceglierti una spiaggia in esclusiva. Il mare è un fantastico acquario, dispiace solo non avere branchie e doverne uscire.
Tra Phuket e la penisola malese si trova una baia dalle acque poco profonde, Phang Nga Bay, con 42 isole tra cui una, Ko Tapu, è oggi nota come l’isola di James Bond (location del film L’uomo dalla pistola d’oro). La baia è un habitat naturalistico unico, con 88 specie di uccelli (tra cui l’aquila di mare dal petto bianco) che nidificano nelle numerose grotte degli isolotti calcarei, comparsi milioni di anni fa sul mare (periodo Cretaceo Terziario). In alcune di queste caverne dei raccoglitori-acrobati si arrampicano su impervie impalcature di bambù, nell’oscurità, per staccare i nidi, fino a 50 al giorno nel periodo da febbraio a maggio. I nidi, costose prelibatezze per zuppe, sono molto apprezzati dai cinesi da oltre 1500 anni.
Il motoscafo compie uno slalom tra impervi isolotti sul mare. Accosta sotto le scogliere scoscese, si avvicina alle grotte, attraversa archi naturali dove i versi degli uccelli fanno eco. Entra nella vegetazione sempre più fitta, lungo sentieri d’acqua tra la vegetazione da cui solo i navigatori del posto sanno come uscire. Infine raggiungiamo il villaggio di pescatori, su palafitte con moschea, di Koh Panyee.
Il tempo di un light lunch e si riparte per ‘Bond Island’. L’enorme guglia che si erge sul mare lascia senza fiato. A guardarla si rivive il brivido dell’avventura delle spy stories di 007. Dal 1981 Ao Phang Nga è parco nazionale. Il giorno dopo costeggiamo le isole Similan. Sono cinque, parco nazionale marino, apparentemente disabitate se non dai guardiaparco. Sono diventate, per le loro spiagge candide e le acque cristalline, le location predilette delle telenovelas cinesi. Perciò migliaia di cinesi al giorno sbarcano su queste spiagge anche solo per un selfie, sull’isola dei loro idoli. Per fortuna la mattina e nel pomeriggio le isole tornano a essere l’habitat di chi il mare vuole viverlo e non solo fotografarlo.
Su Star Clipper l’accoglienza è unica. Vivi in un microcosmo internazionale, con passeggeri ed equipaggio di varie nazionalità (americani, inglesi, francesi, tedeschi etc.). Ciò consente, dal punto di vista relazionale, di continuare a viaggiare intorno al mondo anche quando si è fermi. Abituarsi alla vita di bordo è facile, tornare a terra lo è meno e ti ritrovi a sognare altre rotte. Buona navigazione 🙂
Foto e video di Marco De Felicis
Star Clippers:
info.italy@starclippers.com
www.starclippers.com