The Bassarids, allestimento di Mario Martone, ha aperto la stagione del Teatro dell’Opera
Il capolavoro di Hans Werner Henze –su testo di Wystan Hugh Auden e Chester Kallman (poeti e compagni nella vita) – tratto da Le Baccanti di Euripide e con il nuovo allestimento di Mario Martone, ha aperto la stagione 2015/2016 in modo audace e spettacolare.
Fu un’idea di Auden trasformare le Baccanti (406 a.C.) di Euripide (morto pochi mesi dopo averla completata) in un dramma musicale, usando per il titolo un frammento di Eschilo: Bassarai (portatrici di pelli di volpe).
Con l’Orchestra del Teatro dell’Opera diretta dal Maestro Stefan Soltesz, l’opera, la cui partitura è suddivisa in quattro ‘Movimenti’ come una sinfonia, va in scena a Roma a cinquanta anni dalla sua composizione nel 1965. Martone ha dichiarato di aver accettato la sfida perché Henze è un autore che ha sempre amato ed è un libretto che gli consente di continuare il suo “lungo viaggio nella tragedia greca (un viaggio che proprio a Roma ha avuto delle tappe fondamentali come Edipo re e Edipo a Colono“. Questa opera, secondo il regista, è “un testo tra i più misteriosi e perturbanti, che scava nel disordine indomabile che è dentro ogni essere umano e dunque dentro ogni società”. Martone ha scelto di rappresentare l’opera nella sua versione originale in lingua inglese.
L’enorme specchio è un elemento drammaturgico e scenico centrale, rinvia a una doppia realtà, una realtà capovolta. I riti dionisiaci, la libidine, appartengono alla sfera irrazionale più profonda, ecco quindi che il monte Citerone, mondo sotterraneo, emerge grazie allo specchio e Penteo (re di Tebe) vede riflesso in questo un mondo intangibile, religioso: i misteri orgiastici. Quando Penteo (il baritono Russell Braun) non si accontenterà più di guardare il riflesso di quel mondo ma lo vuole vedere direttamente e parteciparvi andrà incontro alla sua rovina per aver peccato di hybris (ὕβρις, tracotanza nei confronti del volere divino).
Il tema centrale è il potere, quello dell’uomo contrapposto a quello divino (Penteo e Dioniso), e i suoi abusi, l’intolleranza ad un approccio libero e diretto alla realtà e ai suoi significati, che continuamente vengono ribaltati, così che il dittatore diventa vittima. Non ci sono risposte o soluzioni, i misteri rimangono tali e nell’ambiguità della realtà si compie la tragedia umana.
Il conflitto tra Penteo e Dioniso è anche musicale, lo stile del primo è più recitativo mentre quello di Dioniso è più lirico. Molto seducente, nel rispetto del personaggio, la presenza scenica di Dioniso (Ladilslav Elgr) e la sua espansione lirica, deputata all’espressione delle emozioni mentre la razionalità è rappresentata dalle parole di Penteo, il custode dell’ordine civile.
Questa tragedia, come ha precisato Mario Martone, non è riconducibile all’attualità perchè è un’opera classica e in quanto tale è eterna. Forse per questo l’opera ha visto la presenza, tra il pubblico in sala, di molti giovani.
Per informazioni: operaroma.it
REPLICHE:
Sabato 5 dicembre, ore 18.00
Giovedì 10 dicembre, ore 20.00