Venezia 75. Venice Virtual Reality, ai confini della realtà
Accanto alla realtà che viviamo ogni giorno ormai ne esiste un’altra, in costante sviluppo, dove per accedervi è necessario indossare un casco o dei guanti: la Realtà Virtuale (Virtual Reality).
Sul tema della realtà virtuale non poteva rimanere insensibile una manifestazione che, solo apparentemente, ne è estranea ovvero la Biennale Cinema di Venezia. In questi ultimi anni gli spettatori al cinema sono diventati più esigenti, desiderano qualcosa di più di un’osservazione passiva. Vogliono vivere esperienze, storie in cui immergersi, interagire e condividere con altri. Nella Realtà Virtuale sempre di ‘sala’ parliamo, ma siamo tutti partecipanti attivi con un casco in testa e spesso solo posti in piedi.
È nato così uno spazio al Lido, quest’anno per la prima volta aperto al pubblico su prenotazione (lo scorso anno l’accesso era riservato agli addetti ai lavori), sull’isola del Lazzaretto Vecchio, denominato Venice VR (Venice Virtual Reality). Per capire come sta crescendo questo mercato è sufficiente sapere che nella prima edizione i titoli presentati erano poco più della metà di quelli di quest’anno (250).
Come per i lungometraggi della Mostra del Cinema (alla sua 75ma edizione) c’è un concorso anche per la Realtà Virtuale (alla sua seconda edizione). Ci sono i premi per la “Miglior VR Storia Immersiva e Migliore Esperienza VR per contenuto interattivo e Migliore Storia VR per contenuto lineare”.
La giuria è presieduta dalla regista e sceneggiatrice danese Susanne Bier e tra i suoi membri il noto scrittore Alessandro Baricco.
In questo spazio suggestivo possiamo: danzare insieme ai ballerini del Royal Swedish Ballett in una esibizione di danza moderna (Half Life VR – Short Version di Robert Connor), trovarci faccia a faccia con i cani “cartonati” di Wes Anderson (Isle of Dogs: Behind the Scenes), rivivere i bombardamenti di Berlino (1943: Berlin Blitz di David Whelan) o fuggire, in un futuro apocalittico, da robot nemici stando seduti su una poltrona che simula la nostra fuga tra i grattacieli insieme all’androide Nana, una aiutante (Wu Zhu Zhi Cheng VR, The Last One Standing VR di Wang Jiwen, Liu Yang).
Da citare anche A Discovery of Witches – Hiding in Plain Sight di Kim-Leigh Pontin, storia ambientata a Oxford dove streghe e vampiri vivono inosservati nel mondo accademico. L’avventura è preceduta da una presentazione di una serie TV da cui è tratta l’esperienza virtuale. In Spheres, la serie in tre parti di Eliza McNitt, è una esplorazione, tra scienza e arte, del cosmo, un universo pieno di frequenze che è possibile ascoltare e con cui comporre musica.
Il ‘piatto forte’ di questa edizione è l’interattività che merita un approfondimento. Ci sono tre esempi che meglio spiegano quest’aspetto. In tutte queste installazioni sperimentali oltre al solito caschetto vengono forniti dei sensori ai piedi e alle mani e degli zainetti che registrano il movimento del corpo.
In VR_I (di Gilles Jobin, Caecilia Charbonnier e Sylvain Chagué), occupando uno spazio più grande rispetto agli altri stand (area di otto per cinque metri), si rimane immersi in diversi paesaggi insieme a dei giganti che ti osservano e persone che ballano e fanno esercizi fisici.
Sembra quasi un teatro di posa dove, prima in un contesto casalingo, e poi nella natura e in un ambiente cittadino, si può interagire con i tuoi compagni, fino a cinque persone contemporaneamente, e danzare insieme alle figure sopra citate. L’esperienza si conclude venendo rinchiusi dai giganti dentro una roccia con sequenze cinematografiche. Si resta impressionati dalla precisione con cui vengono sincronizzati i movimenti tra forme reali e virtuali.
Eclipse, di Jonathan Astruc e Aymeric Favre, è un’esperienza fantascientifica. Anno 2085: fate parte di una squadra di recupero di una navicella spaziale scomparsa, appunto l’Eclipse. Dovete collaborare tra voi, quattro partecipanti, per la buona riuscita della missione. Occorre interagire con gli oggetti nelle varie stanze per proseguire nella storia e seguire le indicazioni degli autori-registi. Questi, provenendo dal mondo del cinema, mescolano spunti cinematografici con la loro esperienza sul digitale e sul VR. Nella totale libertà di movimenti e di comunicazione con i compagni di squadra, il prodotto rappresenta la giusta fusione tra cinema e videogame e la direzione intrapresa in questo ambito: “iperrealtà” immersiva.
In The Horrifically Real Virtuality, di Marie Jourdren, cinema, teatro e VR si fondono insieme. Con ironia e leggerezza si cerca di girare la fine del film in cui il protagonista è il fantasma di Bela Lugosi, interpretato nel reale da un autore con una tuta che simula i movimenti del famoso vampiro. L’amico Ed Wood allestisce un set cinematografico riprodotto fedelmente nella parte virtuale per inserire effetti speciali e musiche con tanto di botteghino del cinema in vecchio stile che si trasforma, una volta indossati gli occhiali VR, in un immenso cinema. Notevole l’interazione tra oggetti virtuali e reali che assottiglia sempre di più la differenza tra questi due mondi
In Make Noise di May Abdalla è possibile usare la propria voce per superare le barriere che le suffraggette affrontarono, sfidando il silenzio, per affermare il loro diritto al voto.
In conclusione, forse oggi più che di televisione – parola composta da tele che significa lontano e visione, guardare lontano – dovremmo parlare, vista la crescente diffusione della Realtà Virtuale (dove guardiamo tutto da molto vicino anzi da dentro), di “inside-vision” o “close vision” (visione ravvicinata).