Yuli – Danza e Libertà a Cuba
Yuli – Danza e Libertà, un film sulla libertà, la danza e Cuba. Nelle sale cinematografiche dal 17 ottobre.
Arriva nelle sale cinematografiche: Yuli – Danza e Libertà, il film dello sceneggiatore Palma d’Oro Paul Laverty (collaboratore di Ken Loach da La canzone di Carla in poi), vincitore del premio per la miglior sceneggiatura al Festival di San Sebastián. La regista è Icíar Bollaín (Ti do i mieiocchi; También la lluvia; El olivo).
Il film racconta la storia straordinaria di Carlos Acosta, in arte Yuli, leggenda della danza a Cuba. Yuli, ballerino prodigio, sin da piccolo rifiuta la disciplina della danza. Viene obbligato a continuare dal padre, che vuole dargli un’opportunità per evadere dalla povertà cubana dopo decenni di embargo. Yuli raggiungerà il successo diventando una star internazionale della danza classica.
La regista basca Icíar Bollaín porta sullo schermo l’autobiografia di Carlos Acosta, No Way Home, riprendendo nel film la struttura del testo. Lo stesso Carlos Acosta è presente in scena, quasi un narratore danzante. In omaggio alla danza il ballerino non racconta con la sua voce ma commenta la sua vita con alcuni brani di danza di cui è coreografo o direttamente protagonista.
Carlos Acosta, si è ritirato dalle scene nel 2015 dopo una straordinaria carriera nelle più grandi compagnie del mondo. Ha danzato per il Balletto Nazionale Inglese, il Balletto Nazionale di Cuba, il Balletto di Houston e l’American Ballet Theatre.
Bambino vivace e indisciplinato vive con la sua famiglia a L’Havana. Carlos viene costretto dal padre – che lo ha soprannominato Yuli in onore di una divinità afroamericana – a frequentare la rinomata Escuela Nacional Cubana de Ballet, assecondando così il suo innato talento per la danza. Dopo anni di vicessitudini e scontri Carlos riuscirà a vincere un’importante concorso (la medaglia d’oro al Prix de Lausanne del 1990) e da lì a conquistare un’affermazione a livello mondiale. Senza mai dimenticare le origini e il legame con la famiglia. Grazie alla sua leggendaria grazia e al suo atletismo, il suo nome è stato accostato a quello dei più grandi artisti del mondo del balletto.
La regista ha cosi raccontato la sua esperienza: “Ero entusiasta dal modo in cui lo sceneggiatore Paul Laverty evitava la tipica struttura del biopic“.
La vita di Yuli è raccontata su due livelli temporali: il passato, con l’infanzia e la giovinezza di Acosta, e il presente, in cui il ballerino e coreografo lavora con la sua compagnia all’Avana. Prova un’opera che racconta la storia della sua vita. Il film traccia il percorso di un artista: dal rifiuto, da bambino, di entrare in una scuola di danza fino a far della danza la propria vita.
Il padre di Yuli lo spinge in ogni modo a lasciare casa e poi il suo paese, Cuba, per avere la speranza di una vita migliore. Nella mitologia yoruba e nei culti afroamericani, Yuli è il figlio di Ogun, semidio della guerra e del fuoco, un guerriero. Carlos Acosta, nel mondo della danza contemporanea, è stato il primo “principal” di colore del Royal Ballet, un guerriero anche lui. Carlo Acosta così parla del padre: «Un uomo che mi ha amato alla sua maniera e secondo le sue regole».
Il film racconta anche la storia di Cuba vista dalla famiglia di Carlos. La nonna, nata schiava nella piantagione “Acosta” (da qui il suo nome) e la separazione dalla famiglia della zia di Carlos che emigra a Miami negli anni Ottanta, caso non raro in quegli anni. Un distacco da cui la madre di Carlos non seppe mai riprendersi.
Yuli rappresenta il riscatto della gente di Cuba: un meticcio di umili origini, figlio di un camionista nero, che è riuscito ad essere ammesso a un’accademia di danza di alto livello come la Scuola Nazionale di Balletto de l’Avana. Questo popolo è degno di ammirazione per la sua capacità di sopravvivere contro ogni avversità senza mai abbassare la testa. Nonostante le enormi contraddizioni sociali ed economiche a Cuba esiste un grande fermento culturale e artistico che il film intende omaggiare attraverso Carlos e i ballerini della sua compagnia.
In conferenza stampa Paul Laverty ha raccontato la genesi del film: “Un film con un budget ridotto. Il biopic è un genere comune, a volte la storia è interessante ma poi il film diventa noioso. Ho iniziato a parlare con Carlos e abbiamo iniziato a progettarlo. Un cubano che ha l’opportunità di uscire e invece vuole rimanere, questa contraddizione è quello che ci ha spinto a raccontare la storia di Acosta. È la storia anche di suo padre, interpretato magistralmente da Santiago. Nei momenti che Carlos è a Londra rimpiange di non essere a Cuba ma quando è a Cuba vive la frustrazione dei suoi amici. Ho voluto integrare tutti questi aspetti in modo organico. Abbiamo lavorato sulle sequenze di danza affinché avessero un ruolo narrativo. La struttura della sceneggiatura divide la vita di Carlos in tre periodi: da bambino, adolescente e adulto. La musica di Alberto Iglesias, che compone colonne sonore per Almodóvar, è stato un apporto importante. Le coreografie hanno dato una sfumatura alla storia. Il vero problema del popolo cubano è stato l’embargo degli Stati Uniti: problemi di cibo e accesso alle medicine. Questa oppressione è evidente in alcune sequenze, che mi è stato chiesto di togliere, ma non l’ho fatto”.
Ho chiesto a Santiago Alfonso – che fino al 1956 viveva negli Stati Uniti, andava in vacanza a Cuba ma quando ha trionfato la rivoluzione è tornato per rimanere sull’isola – come è la situazione attuale a Cuba e ha risposto così: “Il punto è che chi controlla i media e l’informazione. Sessanta anni fa un Paese ha deciso che Cuba doveva esistere sotto il suo controllo: sul cibo, sulle medicine e su chi poteva uscire o entrare nel paese. Questo ha rubato la possibilità di vivere ed essere felici. Ricordo quando negli Stati Uniti sull’autobus i posti per la gente di colore erano dietro e c’erano le fontanelle solo per i bianchi. Ora gli Stati Uniti stanno alzando il muro con il Messico e si parla di mettere al confine un fiume con i coccodrilli. Si continua a raccontare Cuba come una dittatura e mai hanno criticato la dittatura militare argentina, Pinochet o cosa sta accadendo in Siria. La gente di colore ha costruito la ricchezza del mondo. La tristezza, la morte, il dolore sono neri. La via lattea e la purezza sono bianche. C’è già una rappresentazione metaforica”.
In proposito Paul Laverty ha aggiunto: “Qualcosa è presente nel nostro inconscio, perché è stato sempre così. Sono riflessioni importanti. Mai nella storia c’è stata una concentrazione di ricchezza nelle mani di così poche persone”.
A proposito della danza Santiago (attore, ballerino e coreografo) ha aggiunto: “Si dice che chi nasce a Cuba è ballerino, è un mito. Se nasci a Cuba e frequenti ballerini saprai ballare. Ho tanti amici cubani che non sanno dove mettere i piedi. Questo film è un omaggio al padre di Acosta, fa il camionista, non ha cultura, viene da un mondo marginale ma pensa che il figlio possa diventare un ballerino di danza classica. Sono stato un maestro di Carlos e ricordo che era veramente indisciplinato”.
INFORMAZIONI
Anteprima a Roma, poi a Firenze (cinema Stensen), Torino (cinema Fratelli Marx), Bari (multicinema Galleria), Matera (cinema Il Piccolo), Genova (cinema dei Cappuccini), Milano (cinema Anteo), Verona (Cinema Alcione). Presenti alle anteprime: Paul Laverty, l’attore cubano Santiago Alfonso e la coreografa e ballerina María Rovira.
Partecipazioni al Terni Pop Film Festival, al Premio Efebo d’Oro a Palermo e al Festival del cinema spagnolo in Italia.
Associazioni e scuole di danza di tutta la penisola parteciperanno agli eventi insieme all’Ambasciata di Cuba in Italia. Il film è distribuito grazie al co-finanziamento dal programma MEDIA Europa Creativa della UE.
Distribuito da EXIT media