Benevento incrocio tra storia e arte
Benevento, tranquilla cittadina sannitica, a volte trascurata in favore di itinerari turistici campani più famosi, offre perle di storia, cultura e arte, quasi tutte all’interno del centro storico, piacevole isola pedonale.
La leggenda attribuisce la fondazione della città all’eroe greco Diomede, approdato sulle coste pugliesi dopo la distruzione di Troia, avrebbe portato qui la zanna del mitico cinghiale Calidonio, simbolo della città, dove avrebbe incontrato Enea.
Dopo gli Osci fu abitata dai Sanniti, eroici guerrieri che inflissero all’esercito romano la dura sconfitta alle Forche Caudine (321 a.C.). Dopo pochi anni Roma prese il sopravvento (298-290 a.C.) e celebrò la sua vittoria su Pirro (275 a.C.) cambiandone il nome da Maleventum a Beneventum.
Da Roma, lungo la via Appia, si arrivava in Puglia, passando per Benevento e da Brindisi si salpava per l’Oriente. Roma affermava il suo dominio soprattutto culturalmente e ne sono splendidi esempi le opere architettoniche lasciate a Benevento: l’Arco di Traiano, il Teatro Romano, l’Arco del Sacramento (post-trainaeo deve il nome a una cappella nelle vicinanze distrutta durante la seconda Guerra Mondiale), i resti dell’impianto termale e il ponte Leproso (nome riferibile a un lebbrosario nelle vicinanze) attraversamento del fiume Sabato sulle cui rive, secondo antiche leggende, si riunivano le streghe.
L’arco di Traiano (alto 15,60 m e fornice 8,60 m) denominato nel medioevo, quando era la principale porta della città, ‘Porta Aurea’, è l’arco onorario romano meglio conservato. Fu costruito tra il 114 e 117 d.C. dal Senato e dal popolo romano in onore dell’imperatore e sorge all’inizio della via Traiana che conduceva a Brindisi. Tutte le sue sculture, altorilievi, celebrano le benemerenze sociali di Traiano verso Roma, le provincie e Benevento.
Splendido esempio, con i suoi rilievi quasi a tutto tondo, dell’arte classica è da porre a confronto con l’arco di Costantino a Roma, che solo due secoli dopo risente, nei fregi costantiniani al di sopra dei fornici laterali, delle influenze barbariche che annullano naturalismo e prospettiva a favore di elementi simbolici (la grandezza delle figure dipende dal loro rango) sottolineati dalla ripetizione seriale dei personaggi, espressione di una classe dirigente che ormai proviene dalla provincia.
Il Teatro Romano (diametro 90 m) conserva il primo e parte del secondo ordine (ospitava 10.000 spettatori). Rimane uno tra i teatri antichi meglio conservati e più grandi. Costruito al tempo di Adriano è stato restaurato all’epoca di Caracalla.
La caduta dell’Impero Romano determinò un periodo di decadenza anche per Benevento fino all’avvento dei Longobardi (571), grazie ai quali da ducato divenne principato con Arechi II, genero di Desiderio, nominato duca nel 758 dal suocero, re dei Longobardi. Arechi II era un amante delle arti e a lui si deve la realizzazione di S. Sofia, a pianta circolare-stellare, e dell’adiacente monastero benedettino (inizialmente femminile affidato, alla sorella Gariperga, badessa) con un incantevole chiostro.
Ma soprattutto con Arechi II la corte divenne un centro propulsore di cultura che ebbe tra i suoi protagonisti Paolo Diacono, monaco e storico longobardo autore della Historia Langobardorum. In questo clima culturale raffinato si diffuse la ‘scrittura beneventana‘ praticata negli scriptoria della ‘Langobardia Minor’ con una produzione di splendidi e ricchi codici liturgici, classici e agiografici, che costituiscono, ancora oggi, il prezioso tesoro di molte biblioteche.
La chiesa di S. Sofia (dal 2011 patrimonio dell’UNESCO), il cui nome ‘Sapienza’ fu suggerito probabilmente dal dotto Paolo Diacono, con riferimento alla basilica costantinopolitana (Giustiniano 527), fu terminata nel 762 e ospitò le reliquie di San Mercurio e altri martiri cristiani. La comunità monastica dipendeva da Montecassino ma con il tempo divenne potente, emancipandosi dal controllo cassinese.
Nel XII secolo era famosa soprattutto per il suo scriptorium dove era usata la ‘scrittura beneventana’. Il diametro della chiesa è di circa 24 m, la pianta è esagonale con ai vertici sei colonne (forse provenienti da un tempio di Iside), intorno si sviluppa un secondo anello decagonale con pilastri orientati parallelamente alle pareti posteriori, con andamento circolare in corrispondenza delle tre absidi e dell’ingresso. Nelle absidi i resti di stupefacenti affreschi con Storie di Cristo e della Vergine.
Lo stile indica una provenienza siro-palestinese dell’autore e la data di esecuzione è probabilmente ante 768.
L’incantevole chiostro adiacente, sede del Museo del Sannio, è un bell’esempio di architettura medievale con le sue colonne, i pulvini (elementi bizantini) tra i capitelli e l’arco, che rappresentano la lotta tra bene e male e le stagioni.
Il Duomo, distrutto dai bombardamenti del 1943, è stato ricostruito e conserva la facciata romanica.
Dal medioevo con la Rocca dei Rettori (1321) si compie un salto fino ai giorni nostri con l’installazione Hortus Conclusus di Mimmo Paladino (nato nella provincia di Benevento) all’interno dell’orto del convento di San Domenico.
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Foto di Marco De Felicis