Venezia 76. American Skin, verso la riconciliazione razziale
American Skin di Nate Parker, presentato da Spike Lee, ha vinto il Filming Italy Award come Miglior Film nella sezione Sconfini
Presentato a Venezia in anteprima mondiale da Spike Lee, American Skin ha vinto il Filming Italy Award, Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, Best Movie miglior film della sezione “Sconfini”. La motivazione: “Affrontando il tema del razzismo, molto presente nel cinema contemporaneo, Nate Parker parte da elementi di cronaca per costruire una storia drammaticamente romanzesca e sceglie un punto di vista volutamente provocatorio con l’intento di suscitare il confronto fra gli spettatori, in linea a quanto accade ai protagonisti sullo schermo. Ma l’impianto ideologico non penalizza la spettacolarità del risultato, sempre teso e vibrante”.
Fonte di ispirazione per il regista i fatti di Ferguson (2014) che portarono alla morte un adolescente di colore, Michael Brown, per mano di un poliziotto bianco. La gente di colore chiedeva in strada “Giustizia per Mike Brown” e i bianchi “Sostieni la nostra polizia”.
Nel film, adrenalinico, un poliziotto bianco (Beau Knapp) uccide, davanti al padre, l’unico figlio di un veterano di colore del corpo dei marines. Lincoln (Lincoln Jefferson) aveva scelto di lavorare come custode in un prestigioso liceo californiano per garantire al figlio l’iscrizione a una buona scuola. Viene fermato dalla polizia per un controllo.
Il figlio KJ, disarmato, è in auto con lui e usa il cellulare per filmare il poliziotto dai toni aggressivi. Il poliziotto dopo averlo minacciato di mettere via il cellulare gli spara. Lincoln – interpretato da Nate Parker (sceneggiatore, regista e attore) – attende con dolore e pazienza che la giustizia faccia il suo corso. Ma quando apprende che il poliziotto rimarrà impunito, riprenderà il suo lavoro senza nemmeno essere rinviato a giudizio, cerca disperatamente giustizia. Lo spettatore entra subito in empatia con Lincoln, soffre per l’ingiustizia subita e si interroga. C’è un altro modo per ottenere giustizia? Farsi giustizia da soli è concepibile? Cambiando i giurati l’esito del tribunale può essere diverso?
Le scene corrono veloci e la tensione sale. Il film pone diverse riflessioni sull’applicazione della legge e delle conseguenze delle decisioni assunte dai giudici sulla vita dei cittadini. La contrapposizione tra le forze dell’ordine e la comunità di colore spesso raggiunge l’acme ma gli uomini sono dotati di pensiero, capacità di riflessione e solo il dialogo può mediare nei conflitti, senza che questi sfocino in sangue o vite perdute. È necessario ricucire il divario attraverso una sana comunicazione, che invece talvolta acuisce i conflitti, e ripristinare giuste relazioni tra i cittadini. Fermarsi un attimo per riflettere può salvare una vita.
Questo film contro l’odio razziale è importante ed è realizzato da un produttore e attivista umanitario (oltre che regista, sceneggiatore e attore), Nate Parker, che ha sempre affrontato i temi delle disparità e ingiustizie patite dalle comunità emarginate nel mondo. Dopo aver recitato con Spike Lee, il suo film di esordio (2016), Birth of A Nation, è stato candidato al Gran Premio della giuria e del pubblico al Sundance Festival ottenendo diversi riconoscimenti. Nate Parker ha anche fondato il Nate Parker Summer Film Institute dedito alla formazione di giovani registi di colore.
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Biennale Cinema 2019