Volevo Nascondermi. L’anima di Antonio Ligabue
Biopic sul pittore Antonio Ligabue: quando la sofferenza diventa arte. In sala dal 19 agosto.
“Volevo nascondermi… ero un uomo emarginato, un bambino solo,
un matto da manicomio, ma volevo essere amato.” Tutta la sua vita è stata la dolorosa espressione del suo bisogno di amore. Questo film di Giorgio Diritti ripercorre poeticamente la vita del grande artista Antonio Ligabue (1899-1965).
Il film inizia con un occhio che guarda spaventato fuori da un sacco. Antonio Ligabue era figlio di una emigrante italiana, ma viene espulso dalla Svizzera dove ha trascorso un’infanzia con molte privazioni e un’adolescenza difficile. Il film scorre avanti e indietro nella vita di un uomo che cerca se stesso, che cerca di esprimersi e che cerca soprattutto amore. Una infanzia dolorosa, adottato da due genitori tedeschi e abbandonato più volte. Il maestro lo aveva annientato così: “Tu non meriti di esistere”. Come accettare la morte della madre naturale e dei suoi fratelli, probabilmente avvelenati dal patrigno (o forse il padre)? Per questo vorrà cambiare il suo cognome da Laccabue a Ligabue.
Vive per anni, in solitudine, in una capanna sul fiume al freddo e alla fame. La campagna emiliana è mirabilmente, e poeticamente, fotografata da Matteo Cocco. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati diventa l’occasione per eprimersi ed essere considerato attraverso la pittura.
L’arte lo riscatterà dal calvario della sua vita. L’arte è lo strumento attraverso cui ritrovare la sua identità. La bellezza, però, non riuscirà a farlo sentire amato o a salvarlo.
“El Tudesc,” così lo chiamava la gente, era un uomo solo, affetto da rachitismo e gozzo a causa della miseria e della malnutrizione. Deriso e umiliato, diventerà il pittore immaginifico che riempie il suo mondo fantastico di tigri, gorilla e giaguari, ma il successo e il denaro non gli basteranno per essere amato.
Sopraffatto da un regime che “nasconde”i diversi, o malformati, viene rinchiuso in manicomio. Ma anche lì riesce a dipingere. Uscito dall’ospedale psichiatrico la fama gli consente di esibire un certo benessere e iniziare a sognare un matrimonio e una vita normale in cui essere finalmente accettato. La sua diversità, con la pittura, si è trasformata in dono.
Il film è in dialetto, quasi un omaggio alla filmografia di Ermanno Olmi.
L’opera ha vinto il Globo d’Oro come miglior film e per la miglior fotografia di Matteo Cocco. La straordinaria interpretazione di Elio Germano, senza mai una sbavatura o eccesso, è stata premiata con l’Orso d’Argento al Festival di Berlino.
Qualche anno fa anche Roma ha dedicato al pittore una mostra al Vittoriano.
TRAILER
INFORMAZIONI
Trova qui la sala cinematografica dove il film è in programma
O1 Distribution e Rai Cinema
Ligabue sceneggiato RAI TV (1977)