Sicilia 10. Piazza Armerina, Villa imperiale del Casale dei Saraceni
La Villa romana imperiale del Casale dei Saraceni di Piazza Armerina, patrimonio dell’Umanità UNESCO. In un’isola magica una villa da mille e una notte, 3.500 mq di pavimenti mosaicati da maestranze africane.
Costruita su tre livelli all’inizio del IV secolo d.C. si avvaleva per l’approvvigionamento idrico di due acquedotti alimentati dal fiume Gela, poco distante. Dopo il viale dell’entrata si trovano le terme, complete delle sei classiche sezioni (praefurnia, calidaria, tepidarium, sala delle unzioni, frigidarium e palestra).
L’ingresso della villa è formato da tre archi. Non manca il Larario (cappella votiva con un’ara ospitante una statua per il culto dei Lari, antenati divinizzati). Anche lo stato aveva i suoi Lari ed erano conservati nel tempio di Vesta (dea del fuoco). Al centro del peristilio, grande quadriportico colonnato, si trova una grande fontana con al centro un Eroto. Il peristilio serviva a diffondere luce nelle camere intorno e a consentire momenti di relax a contatto con la natura all’interno della villa stessa.
La palestra, che introduce alle terme, presenta due absidi. Nel mosaico pavimentale sono riprodotte le gare che si svolgevano al Circo Massimo di Roma, in onore di Cerere (dea delle messi). Al centro della palestra la spina centrale sopra cui si trovava la Vittoria alata, l’obelisco di Augusto e altre rappresentazioni, tra cui statue di discoboli e animali dalle cui bocche usciva l’acqua che alimentava le vasche nella spina. La collocazione dell’obelisco a sinistra e quello di Costanzo (figlio di Costantino) al centro indicherebbero che la villa era stata costruita dopo il 357 d.C. Nell’arena sono presenti anche gli sparsores che gettavano acqua sulle ruote delle quadrighe.
Dopo la palestra e altri piccoli ambienti si entra nella sala della danza, che deve il nome ai personaggi danzanti raffigurati nel mosaico pavimentale. Quindi la sala delle quattro stagioni e la sala degli eroti pescatori con un’animata scena marina. Nel pavimento mosaicato sono raffigurati diversi metodi di pesca, con rete, fiocina, lenza e nassa, sullo sfondo è raffigurata una villa con un lungo portico colonnato.
Di seguito la sala della piccola caccia, con funzione di soggiorno per gli ospiti e accesso dal peristilio. Nel mosaico pavimentale è raffigurata una battuta di caccia su cinque registri. Nel secondo registro viene bruciato, al fine di propiziare una caccia abbondante, incenso in onore a Diana (con arco e faretra) dea della caccia. Il personaggio che compie il sacrificio è Costanzo Cloro, riconoscibile attraverso il confronto con alcuni sesterzi ove è ritratto, e alle sue spalle c’è il figlio Costantino, futuro imperatore. Il personaggio a destra dell’ara è stato identificato con Massenzio, poiché strabico e con una tunica il cui ornato rimanda alla famiglia di Massimiano. Nel terzo registro due falconieri scrutano un albero dove si nascondono due tordi. Nel quarto registro scene di caccia alla lepre.
Nel quinto è raffigurata la cattura dei cervi con, a destra, un cinghiale ferito che sta per avventarsi su un giovane a terra, soccorso dai compagni. Al centro del tappeto musivo i cacciatori (venatores) che sotto una tenda rossa consumano un pasto di selvaggina arrosto mentre i servi offrono vino. Dopo due stanze ad uso del personale di servizio si stende un corridoio lungo oltre 60 m con funzione di disimpegno degli appartamenti imperiali ai lati della basilica. Nella parte sinistra del pavimento sono raffigurate le province che formavano la diocesi dell’Africa in cui si vede la cattura di un animale locale (Mauretania – pantere; Numidia – antilopi; Tripolitania – cavalli; Proconsolare – leone berbero, oggi estinto, e Bizacena – cinghiale). Gli animali sono imbarcati al porto di Cartagine e sbarcati a Ostia. Più avanti la cattura di dromedari, tigri e rinoceronti. Il nobile, protetto da due soldati con scudi (caratteristici del periodo della tetrarchia), che assiste alla cattura è stato identificato con Massimiano. Nell’esedra terminale una donna dalla pelle scura e con una zanna di elefante in mano rappresenta l’India.
Dopo un vestibolo si trova la sala delle dieci ragazze in bikini, impegnate in gare sportive (salto con i pesi, lancio del disco, corsa e gioco con la palla). Alla fine due vincitrici ricevono la corona di fiori e la palma della vittoria. I movimenti delle fanciulle, i loro atteggiamenti sportivi e il loro abbigliamento le rendono straordinariamente moderne.
Un’ampia sala, diaeta (ambiente di soggiorno) di Orfeo, con Apollo Liceo (copia di una originale di Prassitele) collocato nell’esedra, era destinata all’ascolto della musica, come testimonia l’Orfeo che suona la cetra raffigurato al centro del pavimento.
Mentre gli ospiti venivano ricevuti a pranzo in un’ampia sala absidata, triclinio, dove erano collocati i lecti triclinares (lettini seminclinati) sui quali, sdraiati, banchettavano. In questa sala sono raffigurate le dodici fatiche di Ercole.
Nella diaeta di Arione la padrona (domina) riuniva familiari e ancelle per ascoltare musica e poesie. Nella lunetta mosaicata è raffigurata la testa del dio Oceano. Al centro del corteo marino sta Arione con il berretto frigio che suona la cetra, seduto su un delfino e sopra una tenda rossa tenuta da due amorini. Intorno a lui stanno tritoni, delfini, tigri, leopardi, leoni e grifoni cavalcati da amorini e Nereidi sedute su scogli o mostri marini. La leggenda racconta che Arione, mentre viaggiava per mare, fu derubato di tutto ciò che possedeva da marinai che stavano per ucciderlo. Chiese di poter esprimere quale ultimo desiderio di suonare la cetra. in tal modo attirò molti delfini che circondarono la nave e lo portarono in salvo. Il re punì severamente i predatori.
Interessanti il cubicolo dei musici e quello degli attori, avente la funzione di dormitorio per la figlia del padrone, con simboli del potere imperiale, e il cubicolo dei fanciulli cacciatori, la camera da letto per il figlio del dominus.
I ricevimenti ufficiali si tenevano nella basilica centenaria, grande sala rettangolare (30 m) absidata, al centro della quale c’era un nicchione con la statua di Ercole, sotto cui stava il trono dell’imperatore, di cui si conserva lo stallo in muratura in cui era posto. Al centro del pavimento di questa sala si trovava una rota di porfido, materiale destinato agli imperatori. Le parti inferiori delle pareti erano tutte rivestite di marmo.
La mitologia trova ampio spazio anche nel vestibolo di Ulisse e Polifemo. Il ciclope è qui raffigurato come mostro dalle sembianze umane e con tre occhi.
Il cubicolo con scena erotica era la camera da letto del signore. La soglia dell’ingresso è mosaicata con una scene di bambini e fanciulle che giocano. Al centro sta il medaglione (foto di copertina) con la scena erotica, in un festone d’alloro una giovane con la schiena nuda abbraccia un giovane incoronato. Intorno le stagioni e le maschere rappresentanti i Saturnali (dal 17 al 19 dicembre), feste durante le quali l’autorità dei padroni sugli schiavi veniva sospesa e quest’ultimi si travestivano da padroni come in un’età dell’oro in cui tutti gli uomini erano uguali.
La camera da letto della domina (signora) della villa, cubicolo della frutta, deve il nome alla profusione di frutti raffigurati nel pavimento e amorini. Sulle pareti sono ancora visibili tracce di affreschi.
Per chi si chiede il perché di una villa imperiale all’interno della Sicilia per il momento gli basti sapere che da foto aeree si è stabilito che vi sono, accanto alla villa, i resti di un grosso centro abitato, forse l’antica città di Ibla Geleate.
Foto di Marco De Felicis
Informazioni:
Sito web: Villa Romana del Casale
Dove dormire e mangiare a Piazza Armerina:
https://www.antonellacecconi.it/fogher/