Jean-Michel Basquiat al Chiostro del Bramante
La cultura newyorkese anni Ottanta attraverso un centinaio di opere di Jean-Michel Basquiat della Mugrabi Collection. In mostra al Chiostro del Bramante fino al 30 luglio.
Il ciclo delle opere in mostra (tele, serigrafie, ceramiche, disegni e oggetti) dell’artista newyorkese, morto per overdose a 27 anni (agosto 1988), copre l’arco temporale della sua breve parabola artistica: dal 1981 al 1987.
Con lo pseudonimo di Samo (‘The Same Old Shirt’, tipica frase dell’ambiente studentesco) Jean-Michel Basquiat iniziò a dipingere sui muri di New York. I suoi graffiti erano molto critici nei confronti del potere politico e del razzismo di quegli anni. La sua denuncia sociale fu fonte d’ispirazione per le generazioni future di artisti afro-americani. La sua arte così contemporanea, metropolitana e materica conserva tracce di urgenza espressiva e tribale. Ma, allo stesso tempo, rifiuta l’approccio romantico verso il primitivo di Gauguin o Picasso. La sua è una espressione a cui non bastano segni grafici e colori, ha bisogno anche della scrittura. Aveva un rapporto fisico con le sue opere, dormiva, camminava sulle sue tele e a volte vi annotava i numeri di telefono dei suoi amici.
“Papà un giorno diventerò molto, molto famoso” e già a diciannove anni era una star. L’uso del simbolo copyright e della corona ne evidenzia lo spiccato individualismo. Tra le sue fonti non solo l’arte antica, conosciuta durante le sue visite nei musei di New York, ma anche quella africana, la musica e i fumetti. Ricco di talento, quanto di ambizione, passò dal nulla a una ricchezza e fama incredibili. Tra le sue amicizie: Andy Warhol, con cui aveva una intesa particolare, John Lurie, Keith Haring e Madonna. Con le sue scritte di protesta, con il simbolo del copyright, iniziò a coprire i muri vicino alle più famose gallerie. Le scritte le dipingeva anche su cartoline e magliette per venderle.
Tra i suoi autori preferiti Burroughs (La scimmia sulla schiena) e Kerouac (I Sotterranei). Nutriva un’autentica passione per libri di ogni genere e la sua casa ne era piena. Così nella sua arte si mescolano elementi colti letterari e di strada.
La sua arte è materica, tele e cornici sono spesso realizzate con materiali di recupero assemblati. Negli anni Ottanta inizia, con le prime mostre collettive, lo sfruttamento commerciale del graffitismo.
Il successo di Basquiat inizia quando si trasferisce nello scantinato della gallerista romana Annina Nosei che lo presenterà a molti collezionisti. Le sue opere vengono acquistate anche per 10.000 dollari e lui ne produceva una al giorno.
Le sue opere sono intrise di cultura metropolitana, consumistica, primordiale, spiritualistica e tecnologica. Un po’ Arte Brut, un po’ l’Action Painting di Pollock, dalla sua arte – con una cifra stilistica inconfondibile – traspare energia, inquietudine e disagio esistenziale, temi attualissimi. Lui stesso affermò che l’ottanta per cento dei suoi dipinti era dettato dal sentimento di rabbia
Durante il periodo reganiano si affermò una rinascita ‘black’, il corrispettivo cinematografico di Basquiat fu Spike Lee e nella musica il genere rap. Nelle sue opere sono evidenti gli omaggi a Louis Armstrong e Charlie Parker. Di cui imitò (lui stesso era un musicista) soprattutto lo stile sfrenato, autodistruttivo e il consumo di droghe che poi risultò fatale.
Nel 1984 iniziò accanto a Warhol, che da qualche anno non dipingeva, e Francesco Clemente a realizzare alcune opere: Collaborations. Questi lavori non furono accolti bene dalla critica che li considerò un’operazione commerciale. Mentre Keith Haring, amico di entrambi, li giudicò positivamente: “I quadri nati dalla loro collaborazione sono un genuino prodotto di quella che William Burroughs chiama la Terza Mente: due Menti eccezionali che si fondono per crearne una terza totalmente distinta e inimitabile”.
Warhol muore nel 1987 e lui, dopo essersi ritirato, muore, divorato dall’eroina, l’anno successivo.
La mostra, curata da Gianni Mercurio in collaborazione con Mirella Panepinto, segue un percorso cronologico. Salendo la scala che conduce al secondo piano della mostra troviamo riprodotte le scritte dell’artista. In “I am not a black artst, I am an artist” la scritta ‘black’ è cerchiata e sopra compare il simbolo della corona. Il suo uso dei materiali e l’aderenza alle tematiche razziali è evidente in Procession (1986) dove una fila di uomini neri segue un personaggio con un teschio, forse una marcia di schiavi o lavoratori oppure un funerale.
Il suo Untitled del 1982 è stato venduto da Sotheby ‘s, a un buyer al telefono, per 110.487.500 dollari. La tela, raffigurante un teschio, era stata acquistata (nel 1984) dal venditore per 19.000 dollari. Con questa vendita il quadro si colloca al sesto posto tra le opere più care vendute in un’asta.
Per chi volesse conoscere meglio questo ‘artista genio e sregolatezza’ si suggerisce il film del 1996 di Julian Schnabel Basquiat, basato sulla vita dell’artista di Brooklyn, con un cast eccezionale (Dennis Hopper, David Bowie, Benicio del Toro, Christopher Walker, Courtney Love). In realtà tra il regista, anche lui un artista all’epoca, e Basquiat c’era una forte rivalità più che un’amicizia.
Alla fine della mostra è possibile realizzare l’animazione con la propria immagine (hastag: #bebasquiat).
Promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, la mostra è prodotta e organizzata da DART Chiostro del Bramante e Gruppo Arthemisia in collaborazione con la Mugrabi Collection.
Foto, tranne dove diversamente indicato, di Marco De Felicis
Sede: Chiostro del Bramante
Via Arco della Pace, 5 – 00186 Roma
www.chiostrodelbramante.it
Orario apertura:
Da lunedì a venerdì 10.00 – 20.00
Sabato e Domenica 10.00 – 21.00
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Biglietti:
Intero € 13,00 (audioguida inclusa)
Ridotto € 11,00 (audioguida inclusa)
Acquisto biglietti online: https://bit.ly/ticketone-bebasquiat
Informazioni e prenotazioni:
Tel. + 39 06 915 19 41
Hashtag ufficiale: #bebasquiat