Gian Lorenzo Bernini, i suoi modelli quasi da toccare alla Pinacoteca Vaticana
I modelli degli angeli e delle teste dei Padri della Chiesa realizzati da Giovan Lorenzo Bernini (1598-1680) e collaboratori, per gli altari della Cattedra e del SS. Sacramento della Basilica di S. Pietro in Vaticano, sono esposti nella Sala XII della Pinacoteca Vaticana. Dal 16 novembre 2016 al 26 febbraio 2017. Sostituiscono le opere della Pinacoteca in prestito a Mosca per la mostra Roma Aeterna.
Al termine di un lungo e delicato intervento di restauro, è possibile ammirare i modelli degli angeli e delle teste dei Padri della Chiesa (in terra cruda e paglia) – di proprietà della Fabbrica di San Pietro e in deposito presso I Musei Vaticani dal 1980 – realizzati dal Bernini e dai suoi collaboratori per gli altari della Cattedra e del SS. Sacramento della Basilica di S. Pietro in Vaticano.
A seguito dei buoni rapporti instaurati tra il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci e Zelfira Tregulova, direttrice della Galleria Tretyakov, dal 25 novembre la capitale russa ospita la mostra Roma Aeterna (visitabile fino al 19 febbraio).
I Musei Vaticani hanno infatti acconsentito, per la prima volta, a portare alla galleria Tretyakov di Mosca 42 tele di maestri come Bellini, Raffaello, Caravaggio, Guido Reni, Guercino e Poussin. Opere che corrispondono al 10% circa dei capolavori normalmente esposti nella Pinacoteca Vaticana. L’ingente prestito, che testimonia le buone relazioni tra la Russia e il Vaticano, ha svuotato la XII sala in cui è stata allestita l’esposizione dei sette modelli realizzati da Giovan Lorenzo Bernini.
I quattro angeli e le due teste dei Padri della Chiesa S. Atanasio e S. Giovanni Crisostomo, in mostra, sono i modelli per la fusione di alcune statue bronzee dell’Altare della Cattedra nella Basilica di S. Pietro. Il monumento (1656-66), in stucco e bronzo dorato posto nella zona absidale della Basilica, fu commissionato da Papa Alessandro VII Chigi a Giovan Lorenzo Bernini e collaboratori. L’enorme reliquiario doveva custodire la Cathedra Petri, paleocristiana in legno e avorio su cui, secondo la tradizione, San Pietro sedeva per istruire i primi cristiani. Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che l’antico seggio sia, in realtà, il trono che l’imperatore Carlo il Calvo donò a papa Giovanni VIII nell’875.
Il Baldinucci racconta come il Papa mandò a chiamare, per la realizzazione dell’opera, il “cav. Bernino”, che esprimeva un senso passionale della fede con il suo “bel composto”, ovvero una integrazione tra architettura, scultura e pittura. Durante le fasi preparatorie lo scultore eseguiva molti disegni, matrici per la fusione, calchi, modelli in scala ridotta o reale e modelli lignei. Gli angeli, di diverse dimensioni, sono riferibili a due stadi progettuali. Nel 1658-60 l’artista pose un modello in legno e gesso, e gli angeli (più piccoli) per Altare della Cattedra, sotto l’abside per verificarne le proporzioni. Insoddisfatto decise di mutarne la scala di grandezza, lo ingrandì tre volte portandone l’altezza a 30 m. (risulta più alto di Palazzo Farnese).
Il Bernini modellava la terra e la creta con le dita. Lo prova l’individuazione delle sue impronte digitali, davanti a cui si prova un brivido di commozione, in alcune opere esposte: tra le pieghe della veste dell’Angelo inginocchiato e sul collo di San Giovanni Crisostomo. I modelli esposti rimasero nella Basilica dopo la fusione in bronzo delle sculture, se ne perse la notizia fino al ritrovamento nel 1920 nel Museo Petriano. Passarono, quindi, dalla Fabbrica di San Pietro alla sala XVII della Pinacoteca.
Il modello dell’angelo inginocchiato, in mostra, fu utilizzato per la fusione di una delle sculture in bronzo dell’Altare del SS. Sacramento, commissionato al Bernini, nel 1629, da Urbano VIII Barberini (1623-1644) per la Basilica di San Pietro. La lunga fase progettuale, con diverse redazioni, si concluse nel 1673 sotto Papa Clemente X Altieri (1670-1676). Fu realizzato un altare costituito da un tabernacolo con ai lati due angeli inginocchiati e adoranti. Papa Urbano VIII non poté mai ammirare questo capolavoro.
Tutti i modelli sono realizzati in creta e paglia per evitare il formarsi di crepe durante l’essiccazione. Questo impasto era ancorato su un telaio in ferro battuto. All’interno la struttura, in alcune zone, presenta fascine di tralci di vite legate con spago al fine di aumentarne lo spessore. Nella zona della spalla dell’Angelo di destra, dove è scomparso il modellato, è possibile vedere l’uso di tale materiale. La finitura dei diversi strati di creta era realizzata con uno strato più sottile di creta depurata e tinteggiata.
Flavia Callori Di Vignale ha ricordato (in conferenza stampa) come sia stato possibile portare a termine il restauro dei modelli (condotto dal Laboratorio Restauro Metalli e Ceramiche), durato molti anni, grazie al contributo di diversi mecenati. Trattandosi di sculture effimere la loro conservazione, e il poterle ammirare ancora oggi, è qualcosa di miracoloso. Per il restauro è stato necessario creare un cantiere specifico a temperatura controllata (inaugurato nel 2010), realizzato nel cortile della Zitella.
Alice Baltera (restauratrice) ha raccontato, non senza attimi di commozione, la fascinazione per queste opere, soprattutto per l’angelo inginocchiato. San Giovanni Crisostomo è l’unico che ha conservato il naso. Lo stato di conservazione dei modelli era drammatico a causa degli spostamenti subiti e dei restauri invasivi degli anni ’80, in cui vennero catalogati come gessi. Le opere sono state sottoposte a trattamenti di disinfestazione introducendole in un sacco in cui è stato introdotto azoto e sottratto ossigeno. Sono state rimosse le vernici o materiali dannosi, cercando di non intaccare la superficie della creta e infine è stata effettuata una pulitura a secco.
Questa mostra ci pone davanti al modus operandi del Benini, al suo pathos e alla sua grazia, come nelle dita paffute dell’Angelo di destra, poco più che bambino. Tutto è movimento e una trasfigurazione dei sensi. La morbidezza dell’incarnato, la sensazione tattile, le espressioni suadenti rendono questi modelli straordinariamente naturali. La stessa naturalezza e sensualità della mano di Plutone affondata nella coscia di Proserpina alla Galleria Borghese. Sembra di essere al cospetto del magma creativo del Bernini, che plasma, manipola, liscia la creta.
In mostra sono anche esposti i ‘bozzetti’ berniniani appartenuti alle collezioni del Cardinale Flavio I Chigi (1631-1693), nipote di Papa Alessandro VII. Essi raffigurano La Carità con quattro putti (1627-1628 ca.), La Carità con due putti (1634-39), Putto alato con tiara (1630-1637?), La Verità (1655 ca.), Daniele nella fossa dei leoni (1655 ca.), Abacuc e l’angelo (1655 ca.) e Apostolo o Profeta che legge un libro (1660 ca.). Scoraggiato per l’abbattimento del campanile, con cui aveva completato la facciata di San Pietro, Bernini aveva realizzato per sé il gruppo con la Verità rivelata dal Tempo del quale terminò solo la figura della Verità. L’immagine corrisponde a quella presente nell’Iconologia di Cesare Ripa (in mostra la terracotta con la Verità, probabile modello per la statua in marmo).
I ‘bozzetti’ sono stati trasmessi per via ereditaria nella famiglia Chigi e trasferiti entro il 1767 nella dimora che i Chigi possedevano a Roma a Piazza Colonna. Le terrecotte rimasero nella biblioteca storica del palazzo anche dopo la vendita di questo allo Stato Italiano (1917). Nel 1923 il Capo del Governo, Benito Mussolini, donò a Papa Pio XI (1922-1939) l’intera Biblioteca Chigiana. Negli anni a seguire le opere trovarono collocazione in modo permanente nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Dal 1999 le statuine Chigi (con altre opere d’arte e ambienti già di pertinenza dei Musei della Biblioteca) sono state trasferite per competenza ai Musei Vaticani.
Orari e modalità di visita: www.museivaticani.va