Siena. Il Museo delle Tavolette di Biccherna a palazzo Piccolomini
Nell’Archivio di Stato di Siena, palazzo Piccolomini, è confluito un autentico di tesoro: il Museo delle Tavolette di Biccherna, archivio con la serie delle entrate e uscite a partire dal 1226.
È bene premettere che ogni ricerca negli Archivi di Stato è libera e gratuita per i cittadini italiani e stranieri. Ma se non stiamo portando aventi una ricerca quali motivi abbiamo per visitare quello di Siena? Innanzi tutto per la sua prestigiosa sede (dal 1858, fondazione), palazzo Piccolomini. Questo occupa un intero isolato e dalle sue finestre si gode una stupenda vista su piazza del Campo.
La genealogia della famiglia Piccolomini risale al X secolo e li troviamo nei documenti, oltre che proprietari di vari beni nel contado, quali ufficiali di Biccherna e di Gabella.
Nel 1458 il vescovo di Siena, Enea Silvio Piccolomini, divenne papa con il nome di Pio II portando non pochi vantaggi alla famiglia e ai nipoti.
Appena eletto, Pio II si adoperò per la costruzione di un palazzo a Siena adeguato al proprio status. Della decorazione interna sopravvive soltanto il fregio (di allievo senese del Pinturicchio, XVI sec.), con motivo araldico piccolomineo (mezza luna) e segni zodiacali nella Sala di Studio del secondo piano dell’Archivio.
Nel 1680, estinto il ramo dei Piccolomini Tedeschini d’Aragona, il palazzo fu affittato (fino al 1820) al Collegio Tolomei, che si occupava della formazione dei giovani nobili senesi.
Nell’ambito dei lavori di ristrutturazione, dopo il terremoto e l’occupazione dei francesi, fu affrescata la cappella (oggi sala delle conferenze) ad opera di Liborio Guerrini (1803-06).
Dopo il trasferimento del Collegio Tolomei al convento di Sant’Agostino, la Consorteria Piccolomini cedette il palazzo al Demanio granducale, che divenne, prima di ospitare l’Archivio di Stato (1858), sede di uffici governativi. Altro ambiente degno di nota è la Galleria (oggi adibita a mostra documentaria), decorata da Giorgio Bandini, con vari stemmi e la Lupa senese.
Quello che rende unico a livello mondiale questo Archivio è la collezione delle Tavolette di Biccherna (o delle Biccherne), ovvero una raccolta di circa un centinaio di dipinti.
Biccherna è il nome della più antica e importante magistratura finanziaria del Comune di Siena. Nel XIII e XIV secolo nella Biccherna confluivano tutte le spese e le entrate del Comune. Un’amministrazione raffinata affidata a un camarlingo (spesso religioso) e quattro provveditori (laici e senesi). Alla fine di ogni semestre (durata della carica) venivano compilati due registri riassuntivi in pergamena con le entrate e le uscite che venivano sottoposti al Comune.
Questi registri erano tenuti insieme da tue tavolette in legno e in quella di copertina venivano fatti dei segni identificativi. Dalla metà del XIII secolo questi segni si tramutarono in raffinati dipinti.
La prima tavoletta dipinta conservata risale al 1258 e iniziano presto a comparire gli stemmi delle famiglie gentilizie della committenza. La stessa passione civica che induceva la classe dirigente (gli ufficiali della Biccherna) ad abbellire la città li spingeva a trasformare dei registri in delle autentiche opere d’arte.
Pochi decenni dopo anche la Gabella (seconda magistratura finanziaria per importanza, a cui spettava di riscuotere l’imposizione indiretta) operò la stessa modalità.
Tra i soggetti religiosi c’è la tavoletta dedicata a San Galgano (esponente dell’eremitismo toscano del Duecento) in cui si vede il santo che pianta la sua spada nel terreno con tale forza da non poter essere più estratta. Con questo gesto, ‘la spada nella roccia’, il santo passerà alla milizia di Cristo; chiara evocazione del mondo celtico e del ciclo di re Artù. San Galgano è il fondatore dell’omonima abbazia che dette molti camarlinghi alla Biccherna.
Nella seconda metà del Trecento fu stabilito che alla Gabella dovevano confluire tutte le entrate e alla Biccherna competeva l’amministrazione della spesa. Alla Gabella erano preposti un camarlingo e tre esecutori, scelti tra i cittadini più facoltosi.
La raffigurazione della tavoletta di Gabella con il Buon Governo di Siena (1344), attribuita ad Ambrogio Lorenzetti, appare per la prima volta slegata dal contenuto del registro. La rappresentazione allegorica, un autentico messaggio politico, si pone ad un livello più alto, al di sopra della burocrazia pur conservando il rapporto con il registro attraverso gli stemmi e l’iscrizione.
È evidente il richiamo agli affreschi del ciclo, del Lorenzetti, del Buon Governo e Cattivo Governo (1338-39) nel Palazzo pubblico, manifesto propagandistico della politica dei Nove, suprema magistratura cittadina formata da mercanti e ‘mezzana gente’ con l’esclusione dei nobili. Ai piedi del saggio seduto in trono, con veste bianca e nera (colori di Siena), la lupa che allatta Romolo e Remo. Una leggenda, inventata per nobilitare le origini di Siena, narrava che Aschio e Senio, figli di Remo, sfuggirono allo zio Romolo scappando con due cavalli donati dagli dei (uno nero e l’altro bianco) e con un’effigie della lupa, che divenne il simbolo della nuova città.
Lo schema compositivo tripartito di queste tavolette resterà pressochè inalterato: l’immagine, gli stemmi (312 casate) degli ufficiali e l’iscrizione con i nomi e il periodo in cui hanno governato. Così pure la tecnica pittorica: tempera oppure olio prevalentemente su legno.
Le rappresentazioni di queste tavolette sono per la maggior parte profane, perchè commissionate da un potere laico che amava veder raffigurata la vita cittadina e le attività di un ufficio medievale.
A partire dal 1460, con la tavola dedicata all’incoronazione di papa Pio II, sia la Gabella che la Biccherna commissionarono, per le copertine, dei quadri di dimensioni sempre maggiori e progressivamente l’estetica prevalse sull’utile.
Del resto i registri di carta, non più legati con copertine lignee, si imposero su quelli pergamenacei più pregiati. Il valore delle Biccherne è artistico, araldico e storico, attraverso di loro si può ripercorre la storia della città. Come nel caso della celebrazione della nozze tra Lucrezia Malavolti e Roberto Sanseverino, principe di Salerno, raffigurata da Sano di Pietro nel 1473. Nozze che interessarono la vita cittadina perchè grazie all’alleanza con Napoli, e all’appoggio delle truppe pontificie, Siena partecipò alla conquista di Colle Val d’Elsa, importante per il controllo della Toscana centrale. La tradizione di queste tavole andò oltre la caduta della Repubblica senese: l’ultimo quadro commissionato dalla Biccherna è del 1677-82.
Foto di Marco De Felicis
Informazioni:
Archivio di Stato
Banchi di Sotto, 52, 53100 Siena
Telefono +39 0577 247145
ORARI: dal Lunedì al Sabato: 9.30 – 10.30 – 11.30. Chiusura ore 12,30.
Sito web: https://www.archiviodistato.siena.it/museo/
Dove Dormire:
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