73. Mostra del Cinema di Venezia. The Bleeder, il vero Rocky
Presentato a Venezia (fuori concorso) il film sul vero Rocky, The Bleeder. Interpretato da Liev Schreiber (dalla solida preparazione shakespeariana) che ha ricevuto, in occasione della proiezione del film in Sala Grande, il ‘Persol Tribute to Visionary Talent Award 2016’.
La vera storia del pugile Chuck Wepner che ha resistito eroicamente per 15 round al peso massimo Cassius Clay (Mohammad Alì) e che ha ispirato la serie di film su Rocky Balboa (con Silvester Stallone). La sua carriera di pugile è stata segnata da oltre 300 punti di sutura, otto fratture del naso e soli due K.O. I suoi combattimenti più duri furono però nella vita privata e spregiudicata: droga, alcol e donne.
Nello scenario anni Settanta il film ripercorre l’ascesa, la caduta e la rinascita del campione. Il pugile divorzia dalla prima moglie per unirsi a un’altra donna con cui condivide anche l’alcol. Il suo ambiente è fatto di manager senza scrupoli, incontri truccati, soldi, alcol, droga e donne facili. Come a dire che successo e soldi portano su una brutta strada, tentazioni a cui è difficile resistere. Il ring, per i combattenti, quelli che rimangono in piedi sanguinanti (il nome del film) nonostante ferite e fratture, si trasforma in una macelleria redditizia. Il ‘sanguinante’ (bianco) rimase in piedi anche nello storico incontro del 1975, per il titolo mondiale, contro il mitico Cassius Clay. Ma nonostante l’interpretazione di Liev Schreiber e Naomi Watts e le interessanti immagini di repertorio, il film non risulta convincente. Tempi a volte dilatati nel rappresentare una vita un po’ sciagurata di un pugile resistente ma vissuto in un’epoca di leggende del pugilato. Un insieme di muscoli ma poco cervello, che non sa destreggiarsi bene nella vita e riconoscere le persone: chi era dalla sua parte e chi lo sfruttava semplicemente facendolo combattere pure con gli orsi. Oltre le citazioni di Rocky, anche quelle di Anthony Quinn nel film Una faccia piena di pugni (1962). Il film dichiara esplicitamente che il povero Wepner non ricevette mai un dollaro, per la sua storia, da Stallone o dall’industria del cinema, i cui ricavati furono enormi.
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