Campania stories, racconti di-vini
Benevento. Campania Stories (2016): le aziende-famiglie hanno aperto le porte e raccontato la loro storia. Video in fondo all’articolo
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Con le visite nelle aziende i giornalisti italiani e internazionali sono entrati nelle cantine campane e hanno avuto modo di scoprire la ricchezza e la varietà della cultura enogastronomica della regione.
Nel beneventano, a Torrecuso, La Rivolta (nell’omonima contrada che era un feudo longobardo che ha visto una ‘rivolta’ di contadini), si trova l’azienda di Paolo Cotroneo (enologo: Vincenzo Mercurio) che ha iniziato a imbottigliare la produzione di uve provenienti da 29 ettari vitati (vitigni autoctoni certificati biologici): fiano, falanghina, aglianico, coda di volpe e greco.
Paolo (farmacista, produttore di vino per passione) ci racconta la sua ‘fissazione’: “La mia cantina è improntata sul fatto che, secondo me, la ricchezza dell’uva sta nelle bucce, la polpa è solo acqua. Anche i miei bianchi stanno in contatto con le bucce, fanno un po’ di criomacerazione. Ecco l’esigenza di questo vinificatore. In questo modo si estraggono un po’ di colore e sali minerali. Una delle caratteristiche dei nostri vini è la mineralità. Il ‘follatore’ meccanico è stato realizzato per il ricambio del contatto delle bucce con il mosto, soprattutto per il rosso le sostanze sono tutte nella buccia”. Paolo ha aderito al sistema ‘Campania trasparente e sicura’ che prevede analisi a sorpresa del vino (a cura Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno e Sviluppo Campania) che vengono pubblicate sul sito del Ministero e della Regione Campania. I risultati delle analisi sono consultabili in ogni momento avvicinando uno smartphone e inquadrando il QR-code, che l’azienda è obbligata ad inserire sull’etichetta della bottiglia, consentendo di conoscere, in tempo reale, tracciabilità e analisi del vino. Abbiamo apprezzato l’Aglianico del Taburno 2013 (18 mesi in botte e 6 mesi in bottiglia) ma soprattutto il Terra di Rivolta Riserva 2011 con il suo colore rubino, frutti rossi, ciliegia, elegante e buon equilibrio.
La Guardiense è una delle cooperative agricole più importanti del sud, i più grandi produttori di falanghina (600 ettari), più di 1.000 soci (con 6.000-7.000 terreni), con una produzione di oltre 3 milioni di bottiglie e all’orizzonte il traguardo di raggiungere i 5 milioni. La sua produzione è venduta per il 75% in Italia.
L’impatto con la dimensione, che non perde di vista la qualità, lo hai subito all’entrata dove un pannello monitora in tempo reale l’energia prodotta e l’emissione di anidride carbonica evitata grazie ai pannelli solari disposti sul tetto. L’azienda ha ammortizzato la spesa dell’impianto in soli 5 anni.
A dirigere questo polo vitivinicolo, coadiuvato dall’enologo Marco Giulioli, c’è Domizio Pigna che, non mancando di sottolineare l’appartenenza di questo territorio e dei suoi abitanti al Sannio, racconta come: “la cooperativa è nata l’8 marzo 1960, il giorno della festa della donna, e la prima vendemmia è stata nel 1963. Per la falanghina possiamo scegliere su 600 ettari di vigneti”. La Falanghina del Sannio Janare Senete 2015 (fortemente legata al territorio anche nel nome: ‘janare’ vuol dire streghe), sorprende per i profumi di frutti tropicali dalla polpa gialla che virano verso note al limone, al palato è fresca e sapida (ottimo rapporto qualità/prezzo). Giulioli precisa che: “Per il Senete scegliamo il miglior vigneto dell’annata”. Vale la pena ricordare che la Falanghina del Sannio Janare ’14 (annata particolarmente difficile) ha ottenuto i Tre Bicchieri del Gambero Rosso. Il Sannio Aglianico I Mille per l’aglianico 2011 è il rosso di punta dell’azienda, maturo, elegante ed equilibrato. La produzione di qualità della cooperativa è il risultato di un progetto di sperimentazione sull’aglianico condotto da Riccardo Cotarella in collaborazione con Attilio Scienza. In progetto anche una selezione ‘I Mille per la falanghina’ destinata a maggiore longevità.
I vigneti delle Cantine dell’Angelo, a Tufo (AV), si trovano su pendii scoscesi sulle sottostanti ex miniere di zolfo. Angelo Muto, il proprietario, racconta la dura vita delle generazioni precedenti: “La famiglia di Marzo lasciò il paese natale (San Paolo Belsito) a causa della peste e si rifugiò qui, a Tufo, dove scoprì lo zolfo nelle proprie terre e iniziò ad estrarlo fino agli anni Ottanta (n.d.r. gli anni in cui le miniere si esaurirono). Prima per sfamare le famiglie numerose il lavoro in miniera non era sufficiente e quindi era necessario lavorare anche la terra. ”
Il vino più apprezzato è stato Le Miniere 2009, con sentore di prugna, sapore complesso, simile al riesling.
Speriamo di veder presto valorizzata la miniera di zolfo di Francesco Di Marzo, splendido esempio di architettura industriale del 1800, recentemente ristrutturata.
Contrade di Taurasi (Taurasi, AV) è l’azienda (nata nel 1998), cinque ettari a conduzione bio, di proprietà della talentuosa famiglia Lonardo.
Il vino prodotto è quasi tutto aglianico, con quattro etichette di Taurasi – due cru: il Vigne Alto Taurasi DOCG e Taurasi Riserva DOCG – e un unico vino bianco il Grecomusc’. Hanno tante piccole proprietà in diverse zone di taurasi. Il loro Taurasi 1999 raggiunge la perfezione, corposo e allo stesso tempo elegante, frutti rossi croccanti, gusto lungo e finale raffinato.
Al Vinitaly 2016 Antonella Lonardo, ‘coach’ della “squadra dei Diversi Vignaioli Irpini”, presenterà insieme ad altre aziende– martedì 12 aprile ore 16.30 al padiglione B Campania Area Irpinia –i propri vini.
Gabriella (terza generazione) e Sergio (suo marito), alla guida dell’azienda Benito Ferrara, hanno deciso di marcare i loro vigneti, in particolare quello a San Paolo di Tufo dalle cui uve è prodotto il prestigioso Vigna Cicogna, un cru di greco che negli anni è sempre migliorato attraverso il lavoro in vigna e in cantina. L’annata 2015 incanta per la sua freschezza, il suo sentore di pesca noce e muschio, profumi che rimbalzano mentre il vino si scalda e sprigiona tutto il suo ventaglio di aromi. Gabriella racconta come il nome: “deriva dalla presenza degli aironi, che il nonno credeva fossero cicogne, che venivano a svernare sulle rive del fiume e che in occasione di un’alluvione salirono nel vigneto”. La proprietà conta 13 ettari di terreni (3,5 di aglianico e 9,5 di greco di tufo), l’imbottigliamento è iniziato nel 1991 e la produzione di vino è venduta per il 60% in Italia, di cui il 40% in Campania. Gabriella parla dei vini come fossero persone: “Questa è una ‘terra d’uva. Il greco di Tufo, è un vino robusto, maschile, somiglia più a un uomo, il fiano di Avellino è femminile, infatti in dialetto vengono chiamati grieco e afiana“.
Curatore della parte gastronomica, e media partner, dell’evento Luciano Pignataro Wine Blog.
La kermesse culinaria si è chiusa, sabato 2 aprile, con la cena dello chef Angelo D’Amico – presso il Ristorante Le Macine di Una Hotel ‘Il Molino’ (nato dal recupero dell’antico pastificio Rummo) – che ha incantato con il suo piatto di entrata: un carpaccio di Marchigiana con un sentore di aglianico energizzato da una salsa con curry e capperi.
Prossimo appuntamento, domenica 17 aprile a TastEtna, dove saranno in degustazione i bianchi della zona vulcanica campana Docg Greco di Tufo – Benito Ferrara Greco di Tufo Vigna Cicogna 2014, Cantine dell’Angelo Greco di Tufo Torrefavale 2014, Vadiaperti Greco di Tufo Tornante 2014 e Centrella Greco di Tufo Selvetelle 2014 – accanto a quelli bianchi etnei, come I Vigneri Carricante Aurora 2014, Barone di Villagrande Etna bianco Superiore Villagrande 2014, Ciro Biondi Etna bianco Chianta 2014 e Tenuta di Fessina Etna bianco ‘A Puddara 2014.
Video di Marco De Felicis