Al Teatro Argentina “Il Sindaco del Rione Sanità” di Eduardo De Filippo, regia e operazione culturale di Mario Martone
In scena al Teatro Argentina di Roma (fino al 29 aprile) “Il Sindaco del Rione Sanità” di Eduardo De Filippo, con la regia di Mario Martone che ha rivoluzionato l’assetto e la sintassi di un testo classico rendendolo fortemente attuale e politico. L’incontro con il regista e gli attori.
Pochi hanno osato intervenire sui testi di Eduardo De Filippo (Napoli 1900 – Roma 1984), dei quali ogni spettatore visualizza immediatamente la sua interpretazione, ovvero il macro-testo. Mario Martone, attraverso una straordinaria operazione culturale, ha avuto questo coraggio tenendo inchiodata una platea emozionata, coinvolgendone sentimenti, passioni ed etica, turbando le coscienze di ognuno con interrogativi a cui siamo tenuti a rispondere. Come lo stesso regista ha affermato: «Il teatro è vivo quando s’interroga sulla realtà, se parla al proprio pubblico non solo osando sul piano formale ma anche agendo in una dimensione politica».
Le interpretazioni cariche di energia degli attori, con la loro fisicità sul palcoscenico, sono riuscite a oltrepassare l’epidermide toccando le corde più sottili della sensibilità del pubblico. A questo, spesso assuefatto a esercizi di estetica, ha risvegliato la coscienza, attivandone – attraverso provocazioni e contaminazioni – senso civico, sociale, passione politica (nell’accezione migliore del termine). Già le prime frasi rivelano l’ambiguità che è sottesa in tutti i personaggi. Una comunicazione per tranquillizzare il pubblico all’ascolto di alcuni spari e la minaccia di sparare a chi, lasciando un cellulare incautamente lasciato acceso, possa disturbare la rappresentazione.
Dopo questo esordio un rap napoletano (di Ralph P) dal ritmo serrato, con parole che battono come colpi, porta il pubblico al centro di una realtà violenta. Corpi che trasudano energia e parole che hanno la forza dei muscoli perchè sono con i corpi una cosa sola. La decadenza del rione Sanità, dove la giustizia legale non arriva, è oggi quella di altri quartieri napoletani, come San Giovanni a Teduccio, distante pochi metri dal mare e a rischio come Scampia.
Questo lavoro, che ha già fatto cento repliche, è un progetto culturale dal forte senso civile e sociale. È il risultato di una formidabile sinergia tra il NEST (Napoli Est Teatro) di San Giovanni a Teduccio, con i suoi giovani attori che vivono quotidianamente gli scontri della camorra che insanguinano la periferia, e altre realtà produttive come il Teatro Stabile di Torino e la compagnia Elledieffe, che porta il nome di Luca De Filippo (oggi diretta da Carolina Rosi).
Oggi nel quartiere è stata avviata un’operazione di risanamento anche grazie alla presenza del Teatro Nest (Napoli Est Teatro di cui sono fondatori Francesco Di Leva e Giuseppe Gaudino), ricavato da un’ex palestra, dove si organizzano corsi per giovanissimi allo scopo di allontanarli dalla strada e dalla violenza in cui vivono. Francesco Di Leva, cresciuto in questo quartiere, è riuscito a convincere prima Luca De Filippo e poi Carolina Rosi (la moglie, che oggi coordina le attività della compagnia Elledieffe) a coprodurre Il Sindaco del Rione Sanità di Martone, con un gruppo di attori professionisti e non.
Durante l’incontro con il regista, e gli attori, Francesco Di Leva ha raccontato come è nato il NEST:
Nasce da un’occupazione fatta nove anni fa. Avevo visto Emma Dante che aveva un suo spazio e mi sono chiesto perchè noi ‘no’. Era il giorno dopo la Befana, il 7 gennaio. Sono andato nel mio ex edificio scolastico e siamo entrati nella palestra. Abbiamo iniziato a dipingere quel luogo. Poi abbiamo coinvolto un’associazione del territorio e insieme abbiamo avviato il ‘pizzo culturale’. Andavamo dai negozianti a riscuotere il pizzo culturale e loro sorridevano all’idea. Abbiamo iniziato a coinvolgere artisti nazionali e internazionali. Sono passati gruppi di giovani e compagnie che non erano mai state a Napoli. Sentivamo l’esigenza di restituire la bellezza del quartiere.
La commedia in tre atti (scritta nel 1960) ha come protagonista Antonio Barracano (Francesco Di Leva), padre-padrone di guappi, diseredati morali e materiali, sui quali esercita una “giustizia” fatta di buon senso e non riconosciuta dalla legge (“Chi “tiene santi” va in Paradiso e chi non ne tiene va da Don Antonio, è così da sempre”). Barracano afferma più volte di essere il difensore degli ignoranti, i poveri emarginati, quelli a cui non pensa e provvede nessuno. Le affermazioni e modalità di Barracano (ispirato a un personaggio realmente esistito, Luigi Campoluongo) costringono a una presa di posizione. Lo stesso Eduardo intendeva porre interrogativi non facili in una scelta di campo morale. Il fornaio, lavoratore, onesto che si è sempre fatto i fatti propri è migliore? Il vivere per se stessi, seppure del proprio lavoro, non basta. Si è andati ormai oltre il paternalismo di Barracano, la violenza è in crescendo e l’età della delinquenza minorile diminuisce con il passare del tempo. Oggi in quel mondo a quaranta anni o sei morto o sei in galera.
Mario Martone ha raccontato come è nato il progetto:
Nasce da una’idea di ‘teatro aperto’. Ho realizzato sette spettacoli diversi. Quando sono stato direttore per due anni del Teatro di Roma c’era una rivista che mi piaceva curare personalmente, si chiamava ‘La porta aperta‘ . Quando ho realizzato l’Edipo Re, gli immigrati sono entrati all’Argentina. Non c’è uno stile da definire ma un processo fondato sulla porta aperta, uno sguardo sulla realtà. Gli spettacoli nascono da un campo preciso che ogni volta creo, come un contadino. Creo il campo e poi chiamo persone a far parte di questo progetto, grandi artisti o persone che per la prima volta entrano a teatro e tutti hanno la stessa importanza. Diventa appassionante creare un gioco di questo tipo, to play, ma è un gioco molto serio.
Su come ha affrontato il testo di Eduardo il regista ha risposto:
Non è stato facile perchè ci sono testi scritti e basta. Non sappiamo cosa era la tragedia greca. Noi conosciamo il patrimonio scritto di Eduardo De Filippo e il modo in cui lo metteva in scena e recitava. È come la musica, hai lo spartito e il modo di eseguirlo, un macro testo. C’è stata poi una tradizione viva e questo aspetto è stato per me limitante. Una rottura c’è stata con Natale in casa Cupiello di Antonio Latella. La prima volta che l’ho visto mi ha dato anche fastidio. Mi ci è voluta una seconda volta per capirne la profondità. Francesco Di Leva, Adriano Pantaleo e Beppe Gaudino sono un gruppo con una idea forte del collettivo. Apriamo qualche porta e sfondiamo muri invisibili. Dopo la proposta di Francesco fu Luca De Filippo a propormi di farne la regia. A San Giovanni a Teduccio parlano una lingua diversa da quella di Eduardo De Filippo.
Martone ha aggiunto:
Abbiamo affrontato l’opera di Eduardo solo come testo e ci è apparso in modo nuovo, si è capito quanto fosse contemporaneo. Il dottore è sempre presente eppure non viene mai spiegato perchè è in quella casa. Ricorda un po’ Pinter. La porta aperta ha aiutato a mettere insieme attori e i più giovani che non avevano mai recitato e originano dalla periferia di Napoli, San Giovanni a Teduccio ma anche Scampia, come Ralp P., autore delle musiche e rapper. Abbiamo realizzato e rappresentato il testo al NEST. Eduardo ha scritto un testo feroce (come Filumena Marturano) e i protagonisti sono persone che vengono dalla strada. In ogni personaggio esiste il bene e il male, come nei grandi testi. Il muro separa la Napoli colta, borghese e bella da quella della malavita, della camorra e della violenza. Come dimostra il testo di Eduardo, esiste solo una città.
Francesco Di Leva ha tenuto a precisare che lo spettacolo è stato portato nel rione Villa, una roccaforte della camorra: “Molte volte ci chiamavano per chiedere di far lavorare i loro figli a teatro. Si aprono le porte e magari il figlio lavorerà a teatro invece di fare il camorrista”. La porta va tenuta aperta anche tra le generazioni. Tutto quello che chiude è male e quello che apre è bene. Nella frase finale “Santaniello rispondete voi” (se è morto oppure no) c’è una chiamata di responsabilità. La domanda è per il pubblico.
Oggi a San Giovanni a Teduccio la gente ha marciato contro i raid della camorra, al grido: “Io non ci sto“. Scuole, associazioni e parrocchie sono scese in strada. Un sacerdote della parrocchia di San Giuseppe e Madonna di Lourdes mostra un bossolo, uno dei tanti che si trovano in strada. Il 31 dicembre un ragazzino, che era affacciato al balcone, è stato ferito.
Foto, tranne dove diversamente indicato, di Marco De Felicis
Il Sindaco del Rione Sanità
di Eduardo Da Filippo regia: Mario Martone
con Francesco Di Leva (Antonio Barracano), Giovanni Ludeno (Fabio Della Ragione), Massimiliano Gallo (Arturo ), Adriano Pantaleo (Catiello), Giuseppe Gaudino (Vicienzo ‘O Cuozzo), Daniela Ioia (Armida), Gennaro Di Colandrea (Pascale ‘O Nasone), Viviana Cangiano (Immacolata), Salvatore Presutto (Rafiluccio Santaniello), Lucienne Perreca (Rita), Mimmo Esposito (Gennarino), Morena Di Leva (Geraldina), Ralph P (‘O Palummiello), Armando De Giulio (‘O Nait), Daniele Baselice (Peppe Ciuciù).
Scene: Carmine Guarino
Costumi: Giovanna Napolitano
Luci: Cesare Accetta
Musiche originali: Ralph P
Coproduzione: Elledieffe, Nest – Napoli Est Teatro e Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Biglietti: https://www.teatrodiroma.net/doc/5012/il-sindaco-del-rione-sanità
TEATRO ARGENTINA
Largo di Torre Argentina, 52 00186 – Roma
Tel. 06 684 00 03 11 / 14
Sito: https://www.teatrodiroma.net/