74. Mostra del Cinema di Venezia. ‘The Shape of Water’ di Guillermo del Toro, in pole position
Applausi scroscianti consacrano il multiforme immaginario visivo di Guillermo del Toro. L’eroina di questo film fantasy, un po’ horror, un po’ dark, è una fragile, ragazza muta che fa le pulizie in un laboratorio dove imperversa la Guerra Fredda: il Pentagono e il Cremlino si contendono una creatura anfibia.
Il regista immerge subito la platea nell’acqua. Il film inizia nelle profondità marine, facendo entrare lo spettatore in un altro mondo, dove si è irretiti dall’incantesimo del regista. Ambientata nell’America del 1962 sullo sfondo della Guerra Fredda, questa fiaba di Guillermo del Toro (regista, sceneggiatore e produttore del film) si svolge in un laboratorio governativo supersegreto dove lavora la gracile Elisa (Sally Hawkins) chiusa nel suo isolamento, in un luogo di massimo sicurezza e muta per un trauma subito da bambina.
Un monster-movie, non solo dark e horror perchè mescolato sapientemente con l’amore e il riscatto di una donna delle pulizie, eroina-protagonista del film. La creatura anfibia (catturata nel Rio delle Amazzoni), che americani e russi (questi ultimi più umani e non inclini alla tortura) si contendono, è fantastica con i suoi occhi gelatinosi da pesce, il corpo dai colori cangianti e la pelle bioluminescente. L’essere misterioso è bello come un gigantesco pesce tropicale. Nonostante il corpo squamoso, appare imponente e affascinante e, inoltre, dimostra di ricambiare le caratteristiche emozionali e sentimentali umane (rabbia, amore etc.). Elisa subisce il suo fascino fino al punto di sfidare i cattivi e la morte.
I temi della storia sono l’eterna lotta tra il bene e il male, i potenti contro i deboli, i corrotti contro gli onesti. Tutto ciò rispecchia l’esigenza del regista: “Mi piace creare dei film liberatori, che dicono che è bene essere ciò che si è, cosa che, in questo momento, mi sembra molto pertinente”. Gli interpreti, Sally Hawkins e Michael Shannon (nella parte del cattivo), ben traducono l’idea dell’autore: “mettere a confronto questo amore contro qualcosa di banale e malvagio come l’odio tra le nazioni, che si esprime al meglio con la Guerra Fredda, e con l’odio razziale, di classe e di genere.” Guillermo del Toro si schiera dalla parte degli ultimi mettendo in scena “la redenzione come antidoto al cinismo dei nostri tempi”.
Non vince l’America (ipocrita, sordida e violenta), non vince la Russia (versione razionale con il suo scienziato-spia) ma vince l’amore che, con la sua delicatezza, sensibilità e gentilezza, può smuovere il mondo. Il diverso (l’anfibio) e l’esclusa (la ragazza muta) lottano e vincono a passo di danza. Attraverso l’arte portano avanti la loro vita e battaglia, l’arte può riscattare il mondo dalla sua volgarità e malvagità. Il regista ribalta il concetto di mostro, non è l’anfibio ma il funzionario governativo fascistoide che tortura. I diversi, gli emarginati, non sono i veri ‘mostri’ di cui aver paura. Così come la comunicazione non è solo verbale, forse quella più autentica è diversa dalle parole che possono ingannare. La recitazione silenziosa di Sally Hawkins, che comunica con il LIS (linguaggio dei segni), è superlativa.
Guillermo del Toro: “l’acqua può essere così delicata, resta anche la forza più potente e malleabile dell’universo. Vala anche per l’amore, non è vero? Non importa verso cosa lo rivolgiamo, l’amore resta se stesso sia verso un uomo, una donna o una creatura.”
Sito Mostra del Cinema: https://www.labiennale.org/it/cinema/2017