Festa del Cinema di Roma. Lo spettacolo del 3D: The Walk e Ouragan, l’odyssée d’un vent
I due film 3D che hanno incantato il pubblico. I trailer e la recensione.
Il film di Robert Lee Zemeckis è sconsigliato a chi soffre di vertigini ed è consigliato a chi vuole esorcizzare la sua paura del vuoto.
Nel suo libro, The Walk, il funambolo Philippe Petit racconta la sua mission impossible: camminare su un filo teso tra le Twin Towers a New York. Philippe è nato in Francia e si è fatto cacciare da ben cinque scuole per esibirsi in quasi tutti i continenti, oggi si divide tra New York e il suo rifugio sui monti Catskill, dove, da solo, sta costruendo una stalla con gli attrezzi dei carpentieri del XVIII secolo. Dopo aver camminato su un filo tra le guglie di Notre-Dame, il 7 agosto 1974 decise di percorrere il tratto tra le torri gemelle del World Trade Center, su un filo teso, furtivamente, a 412 metri da terra tra i due edifici di 110 piani (ancora da inaugurare).
Robert Lee Zemeckis – regista della trilogia di Ritorno al Futuro, mago degli effetti speciali, collaboratore di Steven Spielberg e Bob Gale, vincitore dell’Oscar nel 1995 per Forrest Gump, colui che ha rivoluzionato l’animazione con Chi ha incastrato Roger Rabbit e ha diretto Denzel Washington in Flight – lascia a bocca aperta il pubblico facendogli seguire dall’alto le peripezie di Philippe Petit.
Di solito il pubblico è abituato a vedere dal basso i funamboli mentre Zemeckis spiazza doppiamente inquadrando dall’alto e moltiplicando l’effetto vertigine con il 3D.
Ora che le torri non ci sono più la passeggiata sul vuoto di Philippe si è trasformata da simbolo a leggenda. Questo film, uscito dopo l’attentato dell’11 settembre e dopo molti anni dalla vicenda, sembra un’operazione di marketing poggiata su un po’ di retorica e nostalgia. L’interpretazione, a volte spocchiosa e antipatica, di Joseph Gordon-Levitt non coinvolge, a differenza di quella del suo mentore (l’espressivo premio Oscar Ben Kingsley). Nonostante tutto il film, con le sue immagini mozzafiato girate con una tecnologia innovativa (3D e IMAX®), convince, forse perché una storia vera diventa epica rappresentando la realizzazione di un sogno, che ognuno di noi ha nel cassetto.
Per approfondimenti sul funambolismo due libri di
Philippe Petit: Trattato di funambolismo e The Walk, Fra le Twin Towers, i miei ricordi di funambolo.
Nei giorni in cui i media hanno raccontato le minacce e le conseguenze di Patricia, l’uragano che ha colpito il Messico, al cinema arriva questo film francese in 3D sull’uragano atlantico Lucy che, formatosi in Senegal (il 15 agosto 2012), si è abbattuto sulla zona occidentale di Cuba, per morire solo quasi un mese dopo (il 12 settembre). É l’uragano che si racconta, con la voce femminile suadente di Paloma Garcia Martens, poiché la sua potenza distruttiva è associata (sic!) alla femminilità.
Nonostante i suoi effetti devastanti l’uragano spiega come sia allo stesso tempo simbolo di vita e rigenerazione. Le sue sembianze, viste dallo spazio e che consentono di assistere alla sua genesi, inducono alla contemplazione mentre sulla terra portano spavento e distruzione. I due registi Andy Byatt e Cyril Barbancon hanno seguito per alcuni anni gli uragani documentando il loro impatto e aggiungendo le immagini dei centri meteorologici e quelle della NASA. Hanno dichiarato: “Volevamo essere presenti, là, nell’occhio del ciclone, sull’orlo del baratro, quando si affrontano le paure inconsce e tutto sembra perduto, ma la speranza, in qualche modo, e nonostante tutto, sopravvive”.
Lo spettatore è inchiodato alla poltrona al centro di un uragano che, per fortuna, incontra solo al cinema. La voce fuori campo dell’uragano non risulta convincente per la sua finzione e produce l’estraniazione del pubblico invece di favorirne l’immersione nella vicenda.