17. Biennale Architettura. Al Padiglione Venezia i vincitori della II edizione di “Artefici del nostro tempo”
Le giovani artiste, ricche di talento, protagoniste di “Artefici del nostro tempo”
“Come vivremo insieme?” Riusciremo a creare armonia tra uomo e ambiente? Dobbiamo credere in un futuro fatto di cultura, bellezza, armonia e un contratto spaziale. Questi i concetti su cui si fonda il Padiglione Venezia ai Giardini, per la 17. Mostra Internazionale di Architettura.
“… Vitruvio diceva che “l’architetto deve conoscere l’astronomia se vuole costruire i tetti”: quando costruisci un tetto non fai semplicemente un riparo dalla pioggia ma qualcosa che ti connette con le stelle…”.
In questa premessa c’è il focus del Padiglione Venezia. La città è concepita, dall’architetto Michele De Lucchi, come un insieme di nuove stazioni, luoghi terzi. De Lucchi è stato Director of Design per Olivettii, artefice di edifici per diversi musei, caporedattore della nuova rivista “Domus” ed è attualmente fondatore-membro di AMDL CIRCLE. Un gruppo multidisciplinare di pensatori e innovatori che si è concentrato sulle stazioni terrestri, condividendo architetture future che combinano lo sviluppo tecnologico con i principi umanistici. Le sue sono Education Stations, luoghi non luoghi, immagini visionarie. Oggi non è più sufficiente sapere ma serve sapere come usare il sapere e soprattutto dove cercarlo. In mostra un ricco apparato dei suoi disegni: organismi in crescita, sviluppo ed evoluzione.
In occasione dell’inaugurazione Michele De Lucchi ha spiegato cosa significa “Sapere come usare il sapere” che: “Tante cose dobbiamo imparare ma tante cose dobbiamo disimparare. Perchè tante cose che abbiamo imparato, precedentemente,
oggi non valgono più. Dobbiamo per lo meno modificarle. Abbiamo pensato, allestendo questo padiglione, ai nuovi architetti. Il vero ruolo dell’architetto non è più quello di costruire muri ma quello di costruire comportamenti. Il vero mestiere dell’architetto, e questa Biennale lo sta dimostrando, non è più quello di mettere un mattone sopra l’altro o di tagliare delle finestre e porte sui muri, ma è quello di capire il mondo e trasformare i comportamenti. Comportamenti che siano adatti ai grandi pericoli che stiamo vivendo. Adatti a evitare quella estinzione che sembra arrivi sempre più vicina e che ci fa, fortunatamente, sempre più preoccupare. ‘Sapere come usare il sapere’ è rivolto soprattutto agli architetti e alle nuove generazioni, a una nuova idea di costruire che non separi ma metta insieme”.
Una sala del padiglione è stata dedicata all’Economia della Bellezza di Emilio Casalini, opere in vetro (Marina e Susana Sent). Giornalista, conduttore televisivo e scrittore Casalini ha iniziato nel 1997 la carriera di fotoreporter. Nel 2001 è entrato in RAI realizzando inchieste e reportage per vari programmi tra cui Report di RAI3. Ha vinto il Premio giornalistico Enzo Baldoni nel 2010 con un documentario sulle rivolte in Iran e il Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi nel 2012 con un’inchiesta sul traffico internazionale di rifiuti. Ha pubblicato, nel 2016, il libro Rifondata sulla Bellezza (Spino Editore). Un testo in cui riflette su come rifondare l’Italia grazie alla valorizzazione del suo patrimonio e creare un benessere sostenibile grazie all’economia della bellezza. Casalini è artefice del progetto “Cantieri di Narrazione identitaria” per affidare ai ragazzi delle scuole superiori le chiavi per il racconto e la valorizzazione della propria terra.
L’Economia della Bellezza di Emilio Casalini è un flusso continuo, colorato, di saperi, risorse materiali, comunità, progettazione e cambiamento post-pandemia. Se il fine è la bellezza l’importante è la gestione della complessità delle molteplici comunità contemporanee. Questa è la sfida che il mondo deve affrontare.
Emilio Casalini ha spiegato così il suo lavoro: “‘L’economia della Bellezza’ è accettare l’epoca della complessità, in cui ogni segmento del nostro vivere, della produzione deve essere contaminato, deve uscire dai suoi gradini, dalle sue barriere. Tutti i segmenti della nostra società: dall’agricoltura al mondo della cultura, dal turismo alla produzione industriale, in realtà non facciamo che riprendere quello che è stato per secoli l’Italia, la contaminazione dei saperi. Solo che oggi è molto difficile, il sottotitolo è ‘l’armonia della complessità’. È difficile accettare come singole persone di fare un passo indietro per accettare gli altri e di connettersi tutti. Quando c’è una connessione allora di colpo
cambiano le professioni. È vero che perdiamo molti lavori ogni anno ma è vero che ne nascono di nuovi. La visione è nel vedere dove stiamo andando, nell’anticipare i tempi. Vitruvio raccontava l’architetto come un grande manager della complessità perchè studiava tutto e sapeva di tutto e non aveva paura di affrontare nuovi concetti. Portiamo l’economia qui dentro perchè è il nostro vivere quotidiano. Ma è l’architettura sociale in cui dobbiamo viver bene. La chiave per vivere anche bene è mettere al centro l’uomo. Dobbiamo smettere di ragionare come persone che sviluppano semplicemente il proprio ego ma come comunità. Nel momento in cui sei connesso e sei competente automaticamente diventi comunità. Una comunità competente è quella che sa affrontare le sfide. Anche le persone più deboli, nei momenti di crisi, se hanno una comunità forte intorno sopravvivono e si riprendono più facilmente”.
Al Padiglione Venezia sono esposte, fino 21 novembre, anche le opere vincitrici della seconda edizione di “Artefici del nostro tempo“, una iniziativa voluta dal sindaco Luigi Brugnaro e promossa dal Comune di Venezia. Sette le discipline e 800 le candidature presentate dai giovani artisti in risposta al quesito: “How will we live together?“, il tema di questa Mostra Internazionale. Le opere saranno acquistate dal Museo Ca’ Pesaro, Galleria internazionale d’Arte Moderna. Quello che colpisce di questi giovani artisti è la maturità espressiva, la padronanza delle tecniche, i contenuti e la preparazione culturale e artistica.
Vincitrice per la sezione pittura: Lorenza Iacobini, giovane artista talentuosa romana (attualmente vive a Milano). Ritenendola un’artista creativa e con grandi potenzialità la seguo da qualche anno. Lorenza, seppure molto giovane (28 anni), ha già alle spalle un lungo percorso artistico (intervista del 2013) che passa attraverso l’ambiente underground romano, l’impegno, il tema dell’alienazione, il Live Painting, la mostra Minimo Comune Multiplo (2017) fino ad approdare a Brera e allo Studio Scalzo, a Milano, dove lavora con altri artisti.
Ho incontrato Lorenza Iacobini in occasione dell’inaugurazione del Padiglione Venezia e le ho chiesto di raccontarmi i suoi progetti.
R. Vivo a Milano, dove ho completato i miei studi a Brera. Siamo in procinto di riaprire il nostro Studio Scalzo dove vorremmo organizzare delle attività periodiche, fare mostre temporanee. Al di là dei collage mi sto dedicando, da un anno a questa parte, soprattutto alla pittura e al disegno.
D. Vuoi descrivermi le opere vincitrici del premio?
R. Quando ho letto il bando ho deciso di partecipare con questo lavoro perchè mi sembrava perfettamente in linea. Anzi, ieri, guardando gli altri padiglioni ho trovato la riflessione di un artista che diceva. riguardo al tema della Biennale, ‘la domanda che dobbiamo porci è: dobbiamo vivere insieme ma chi?’ È la stessa domanda che si poneva Virginia Wolf ne Le tre ghinee. Ovvero vivere insieme luomo con l’ambiente. Queste sono città contemporanee distrutte, tre sono siriane:
Aleppo (la Moschea degli Omayyadi), Rakka e Homs, l’altra è Gaza, L’insieme, ovvero l’uomo con l’ambiente, Oriente e Occidente. Sono foto di foto-reporter famosi a cui ho apposto dettagli di dipinti di Sebastiano Ricci, quadri di rovine, tipici dei capricci, in pieno gusto romantico. Brani di rovine antiche, di Occidente, di natura, che si prestano a iniziare a ricomporre queste città di Oriente che sono state martoriate e distrutte da una violenza inaccettabile. Siamo un unico Mediterraneo, insieme tutti, pensare ‘chi’, per ripartire dall’ambiente, dal paesaggio e dalla solidarietà. Solidarietà che è alla base dello stare insieme, della socialità e della collettività.
D. Cosa è cambiato nel tuo lavoro di artista con la pandemia?
R. Sicuramente l’isolamento fisico, e conseguentemente mentale, mi ha portato a riflettere sull’architettura. Sto facendo macro-riflessioni sul paesaggio e architettura, sul rapporto tra architettura e paesaggio, temi che si ritrovano anche in queste opere. Questa situazione mi ha portato a riflettere sull’isolamento che vivono tutti i beni culturali, i monumenti. Spesso vengono abbandonati o soffocati dai palazzi. Noi eravamo chiusi ma le città erano sole, i monumenti erano soli e i musei erano chiusi. Quindi avranno sofferto anche loro.
D. Come pensi di elaborare artisticamente la sofferenza dei monumenti?
R. Ho iniziato a lavorare sulle architetture. A ripetere lo stesso tipo di paesaggio scenografico, quasi statico, ma con le architetture che si muovono, diventano sinuose, si piegano, prendono vita. L’arte che diventa natura e la natura che ormai è arte.
Le opere d’arte del passato tornano a nuova vita nella sezione “Illustrazione e Fumetto“. Vincitrice in questa sezione la giovane Fabiola Sangineto. I riferimenti artistici e culturali di queste opere, come in quelle di Lorenza Iacobini, mi hanno colpito molto. Così ho incontrato Fabiola per farmi raccontare il suo percorso.
F. Sangineto: “Sono architetto, ho realizzato queste opere mettendo insieme il mondo dell’architettura e quello dell’arte. Ho voluto sviluppare delle vere e proprie isometrie architettoniche e metterle insieme a quelli che sono alcuni quadri iconici della storia dell’arte. Raccontano la solitudine e il ritrovamento di se stessi”.
D. Ha realizzato queste opere durante la pandemia?
R. Si, queste opere nascono durante la pandemia, in un contesto di solitudine, a maggio-giugno dello scorso anno. Sono suddivise in quattro stanze principali: “la stanza dell’attesa” con gli orologi molli di Dalì che raccontano un po’ la dilatazione temporale, l’attesa, il tempo sospeso, lei che guarda alla finestra senza sapere quando terminerà questo periodo. “L’isolamento” attraverso l’iconica stanza di Van Gogh ad Arles.
Il tempo della “speranza” con il sole del mattino di Hopper, una luce malinconica ma anche positiva, di speranza. In ultimo Tornare ad amare di Magritte, un modo di suggellare il ritrovamento di se stessi. Sono delle stanze in cui ci si ritrova singolarmente ma che insieme sono un racconto corale.
Informazioni
Orari apertura mostra:
22 maggio > 31 luglio: 11.00 – 19.00 (ultimo ingresso: 18.45)
1 agosto > 21 novembre: 10.00 – 18.00 (ultimo ingresso: 17.45)
Chiuso il lunedì (escluso lunedì 24 maggio, 6 settembre, 1 novembre)
VENDITA BIGLIETTI E VISITE GUIDATE ESCLUSIVAMENTE ONLINE
PER INFO, ACQUISTO BIGLIETTI E VISITE GUIDATE (PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA):
www.labiennale.org
BIGLIETTI Regular: Intero € 25
Ridotto € 20 (over 65, residenti comune di Venezia (con verifica di un documento di identità valido agli ingressi)
Ridotto Studenti e/o Under 26 € 16 (con verifica di un documento di identità valido agli ingressi)
Hashtag: #BiennaleArchitettura2021 #HowWillWeLiveTogether