Myanmar, Kakku, un giardino di stupa surreale
Kakku, un santuario labirintico che è un’esperienza mistica multisensoriale
Kakku si trova nello stato di Shan, a poca distanza dal famoso lago Inle, a circa quaranta km a sud Taunggy (capoluogo dello Stato Shan). Nella regione risiede la comunità Pa’O di religione buddhista. Kakku, in lingua Pa’O significa “attraversare la frontiera” poichè per arrivarci era necessario entrare in zone chiuse. Infatti questo santuario è al confine tra la zona sotto controllo statale e la “terra di nessuno”, territorio ribelle praticamente autonomo.
Per visitare questo sito del XVI sec., espressione dell’arte birmana e della devozione buddhista, occorre rivolgersi a una guida Pa’O.
La leggenda narra che Kakku sarebbe stata fondata dai missionari buddhisti inviati dall’imperatore indiano Ashoka, nel terzo secolo dopo Cristo, per ospitare una reliquia del Buddha.
Su una superficie di circa un chilometro quadrato stanno allineati 2.478 stupa in mattoni e laterite, di cui alcuni presentano delle decorazioni a stucco. In uno dei due più grandi si trova una statua del Buddha particolarmente venerata.
Un gioiello di architettura religiosa fatta di un mix di stili che si sono sovrapposti nel tempo: pa’o, shan e bamar.
Kakku, in lingua Pa’O “attraversare la frontiera” poichè per arrivarci era necessario attraversare delle zone chiuse. Il sito testimonia la devozione e la spiritualità dei Pa’O, una delle tante etnie che popolano questa regione del Myanmar. Non è una destinazione ricercata dal turismo, non comoda da raggiungere, per cui si incontrano soltanto alcuni monaci e fedeli locali.
Occorre fermarsi, prima di arrivare a destinazione, in ufficio turistico per acquistare i biglietti per l’ingresso all’area sacra. Da questo punto in poi non è possibile procedere autonomamente e ci accompagna una guida locale di etnia Pa’O che sale con noi in auto. Anche il suo abito è diverso, scuro, e sul capo indossa un turbante dai colori identificativi dell’appartenenza alla sua comunità.
Dopo un tratto di strada con campi coltivati e un bosco di alberi secolari si apre una radura che sembra un’apparizione: il complesso templare di Kakku con i suoi oltre duemila stupa. Anche qui si entra a piedi nudi e presto ci si perde in un labirinto, un incantesimo da cui non vorresti più uscire. Soltanto la veste rossa di qualche monaco ogni tanto spunta da dietro uno stupa. Siamo gli unici occidentali, forse gli unici visitatori.
Il vento fa suonare gli innumerevoli campanellini di ogni stupa, un cinguettio mistico, sacro, una colonna sonora religiosa. Quasi tutti gli stupa, con gradazione di colori che vanno dal bianco al rosa fino all’ocra, sono alti 3-4 m. e ordinati in file suddivise da sentieri lastricati.
Una esperienza che coinvolge i sensi: l’udito per il suono del vento e dei campanellini degli hti (ombrellini di metallo in cima alle guglie), la vista si ubriaca di colori e forme, l’olfatto gode dei profumi di fiori e piante e anche il tatto, perchè è difficile resistere alla tentazione di accarezzare uno stupa o pianta che lo avvolge. Una bellezza che ti sommerge, assorbe e stordisce.
Ogni stupa è diverso dall’altro, per altezza, forma, antico o più recente, più semplice o molto decorato, restaurato o meno. Si perde la dimensione del tempo inseguendo i dettagli: rilievi, sculture, colori, nicchie. Ogni tanto arriva il penetrante profumo degli incensi offerti dai devoti.
Le decorazioni, i rilievi, le sculture degli stupa sono ricche di soggetti antropomorfi, fitomorfi, animali e divinità che rinviano alla religione buddhista ma anche a leggende legate al territorio. Riguardo alle epoche degli stupa ce ne sono di molto antichi resi quasi invisibili dalla vegetazione e altri più recenti o da poco restaurati, di un inquietante color rosa confetto.
Al riguardo occorre tener presente il diverso concetto di “restauro” dei birmani, per i quali restaurare significa portare a nuovo. Le pagode, stupa e altri monumenti religiosi per loro non hanno valore artistico ma unicamente spirituale. Non ultimo averne cura per loro significa acquisire meriti. Pertanto una pagoda più sembrerà nuova e più sta a significare che dei fedeli devoti ne hanno avuto cura.
Nei dintorni di Kakku ci sono piccoli villaggi di case di bambù di contadini dove la gente è ospitale. Case che è interessante visitare, simili a palafitte e con scalette impervie per entrare. Facilmente, se non impegnati nei lavori, gli adulti avranno piacere a farvi entrare, a porvi molte domande sul vostro Paese e la vostra famiglia e a raccontarvi la loro storia (la guida traduce per voi).
In segno di ospitalità vi sarà offerto del buon tè. Spesso intere sale di queste abitazioni sono piene di trecce appese del tipico aglio della zona, dalle piccole dimensioni.
Incontrare la gente dei luoghi che si visitano, e parlare con loro, aiuta a conoscere il territorio e la cultura dei suoi abitanti.