“Klimt. La Secessione e l’Italia” seduce Roma
Il Museo di Roma a Palazzo Braschi ospita la mostra-evento “Klimt, la Secessione e l’Italia” fino al 27 marzo 2022
Roma. Questa straordinaria mostra a Palazzo Braschi è il primo risultato di un grande progetto di Roma Capitale e il Comune di Piacenza, con la regia di Arthemisia. Due grandi mostre, diverse e complementari, per celebrare Gustav Klimt (1862 – 1918) uno degli artisti più amati dal grande pubblico.
Da oggi fino al 27 marzo 2022 la mostra Klimt. La Secessione e l’Italia ripercorre – con opere provenienti dal Belvedere di
Vienna (che ospita il maggior numero di opere di Klimt), dalla Klimt Foundation e da altre raccolte pubbliche e private – la carriera e la vita artistica del pittore, cofondatore della Secessione viennese.
Un focus anche sul rapporto dell’artista con l’Italia attraverso una selezione di dipinti e sculture. Il padiglione austriaco progettato da Josef Hoffmann per l’Esposizione di Roma del 1911, dove furono esposti otto dipinti di Klimt, testimonia, insieme alle due partecipazioni dell’artista alla Biennale d’arte di Venezia (1899 – 1910), il legame del pittore con l’Italia.
Durante la conferenza stampa Sandra Tretter (Vicedirettrice della Klimt Foundation, fondata dalla terza moglie di un figlio illegittimo di Klimt) ha evidenziato che l’allegoria de La sposa (ultima opera incompiuta del maestro), dopo più di ottant’anni, è uscita per la prima volta dalla Klimt Foundation. Ma anche il doppio ritratto Amiche I (Sorelle) è esposto in Italia dopo centoundici anni dalla sua presentazione a Venezia nel 1910.
Ospite d’onore il Ritratto di Signora (1916-17), trafugato dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza nel 1997 e recuperato nel 2019. Il dipinto chiude la mostra romana ma fa da ponte a quella che sarà inagurata ad aprile a Piacenza, dove l’opera è conservata.
Klimt non amava molto viaggiare ma nelle sue opere troviamo traccia dei suoi viaggi in Italia. Sia nel 1899 che nel 1903 ebbe occasione di ammirare, a Venezia e a Ravenna, i mosaici paleocristiani e medievali, i vetri murrini e gli smalti bizantini. Così la sua arte si illumina del colore del sole: l’oro, e si accende dello sfavillio di pietre preziose e smalti.
La mostra ha richiesto un grande impegno organizzativo, per le difficoltà poste dalla pandemia, ed economico (costo complessivo: 1.700.000 euro). Esposte oltre 200 opere tra dipinti, disegni, manifesti d’epoca e sculture, con prestiti eccezionali da importanti musei, istituzioni e collezioni private. A raccontare la Secessione viennese, oltre a Klimt, altri famosi artisti del periodo: Josef Hoffmann, Koloman Moser, Carl Moll, Johann Victor Krämer, Josef Maria Auchentaller, Wilhelm List e Franz von Matsch. Proprio a Josef Maria Auchentaller, che trascorreva abitualmente le vacanze a Grado, la mostra dà particolare risalto.
La mostra è suddivisa in 15 sezioni. Nella prima è rappresentata la Vienna del Novecento. Nel 1857 l’imperatore Francesco Giuseppe fa abbattere le antiche mura della città per cingerla con una doppia strada alberata, la Ringstrasse, con intorno edifici di vari stili. Poi la rottura con i due artisti, l’architetto Otto Wagner e il pittore Gustav Klimt, uniti dalla partecipazione alla Secessione di Vienna e coinvolti nella costruzione e nella decorazione degli edifici del Ring. Ma la musica è investita da importanti novità: Gustav Mahler diviene direttore dell’Opera di Corte. Mentre Sigmund Freud spalanca l’accesso all’inconscio. A Vienna prolificano i caffè.
Quello che rende particolarmente preziosa questa mostra è il suo allestimento. Le opere sono ben illuminate e si stagliano su fondo a foglia d’oro su pareti grigio piombo. Sembrano gioielli incastonati nell’oro. Nella seconda sezione sono esposte le opere giovanili di Klimt, secondo di sette figli di Ernst Klimt, incisore d’oro. Nonostante le sue umili origini si può dire che l’oro era per lui familiare.
Si forma, insieme ai suoi fratelli, presso la scuola di arti e mestieri di Vienna. Fondano (1879), insieme al loro compagno di studi Franz Matsch, la cosiddetta Compagnia di artisti. Rinomati architetti gli commissionano sipari teatrali e decorazioni di volte. Gli incarichi più importanti sono le decorazioni del soffitto negli scaloni del Burgtheater e gli affreschi nella tromba delle scale del Kunsthistorisches Museum di Vienna. Ma il fratello di Gustav, Ernst, muore (1892) e il gruppo si scioglie. Opera accademica, ma molto intensa, è il Vecchio sul letto di morte del 1900.
Terza sezione. Nel 1897, insieme a oltre venti compagni, fonda per protesta la Secessione viennese (1897) il cui motto era: “A ogni tempo la sua arte, all’arte la sua libertà”. Gustav Klimt viene nominato primo presidente della Secessione e ne disegna il primo manifesto: un Teseo nudo che combatte contro il Minotauro. Le autorità censurarono il manifesto, decretando che i genitali dell’eroe dovessero essere nascosti da un tronco d’albero. I tempi non sono molto cambiati dal momento che Facebook censura opere d’arte con nudi. Il linguaggio artistico del gruppo non era univoco. Klimt era più incline all’Art Nouveau. Le divisioni si acuirono fino a che Klimt e altri abbandonarono il gruppo nel 1905.
Molto interessanti le opere della quarta sezione: “Design nel contesto della Secessione Viennese”, che evidenziano le contaminazioni tra arte e design. La grafica dei manifesti delle mostre dell’epoca è fortemente innovativa ed elegante. Dal 1898 al 1903 la Secessione pubblica la rivista Ver Sacrum, in mostra sono esposte le eleganti copertine. Per la rivista Klimt, e gli altri, eseguono molti disegni. In prestito da una collezione privata Allegoria n. 14 Donna con pappagallo (1902-04 pastello su carta) di Josef Maria Auchentaller, dove la veste sembra uno splendido mosaico. La mostra vanta anche una ricca esposizione di oggetti artistici e artigianali di diversi materiali, realizzati da Moser e Hoffmann. Stupendi i vasi iridescenti della società di vetro Johann Lötz Witwe.
Una delle sezioni più stupefacenti è quelladedicata ai Quadri delle facoltà. Si trattava di opere – La Medicina, La Giurisprudenza e La Filosofia – commissionate dall’Università di Vienna ma ritirate da Klimt, dopo aver restituito l’onorario, per le critiche ricevute. L’ultima e più innovativa: La Giurisprudenza, dove i nudi femminili rappresentano i vizi dell’uomo, fu presentata a Roma nel 1911. Queste allegorie, realizzate da Klimt (tra il 1899 e il 1907) per il soffitto dell’Aula Magna dell’Università e rifiutate perché scandalose, furono distrutte nel 1945 da un incendio. Ne restano solo le fotografate in bianco e nero.
Grazie al machine learning, all’intelligenza artificiale e alla collaborazione tra Google Arts & Culture Lab Team (nuova piattaforma di Google dedicata all’approfondimento delle arti) per la prima volta tornano a rivivere digitalmente a colori. Il materiale raccolto in bianco e nero è stato confrontato con le colorazioni utilizzate da Klimt in quello stesso periodo e ancora esistenti.
Altro momento espositivo spettacolare è Il Fregio di Beethoven, a cui è dedicata parte della XIV Mostra (1902) della Secessione viennese. Per l’occasione una scultura di Beethoven policroma di Max Klinger era esposta al centro della sala principale. Il design degli interni era affidato a Josef Hofmann e Klimt realizzò (1901) un fregio murale lungo più di 34 metri alto circa due. L’opera è un’interpretazione visiva della Nona Sinfonia di Beethoven. Le figure femminili con le mani alzate rappresenterebbero “L’anelito alla felicità”. Il cavaliere sarebbe colui che lotta per la felicità. Alle sue spalle la Compassione e l’Ambizione.
Sulla parete più corta le “forze ostili” con al centro il gigante Tifeo. Alla destra del mostro le sue figlie, personificazioni di Lussuria, Impudicizia e Intemperanza (realizzata con pezzi di vetro e altri materiali). I desideri dell’uomo si placano nella Poesia e le figure accovacciate rappresentano le Arti che conducono al coro degli angeli del Paradiso (coro finale della sinfonia che intona l‘Inno alla Gioia). Il fregio, rimosso con difficoltà dal muro, finì nelle mani di committenti privati. Negli anni Settanta venne venduto alla Repubblica d’Austria e, dopo un restauro durato diversi anni, viene collocato nei sotterranei del Palazzo della Secessione viennese, dove è possibile ammirarlo attualmente.
In una sezione le testimonianze, tra cui molte cartoline autografe, dei viaggi di Klimt in Italia (1899 – 1903). Mentre un’altra sezione è dedicata a Giuditta, l’opera iconica di Klimt per eccellenza. Nella prima decade del Novecento Klimt, rendendo omaggio al fascino dell’erotismo femminile, si aggiudica la fama di artista scandaloso. Nel 1901 ritrae Giuditta, leggendaria figura biblica che decapita con le sue stesse mani il generale assiro Oloferne per salvare il suo popolo ebraico. Una femme fatale, figura affascinante e pericolosa. In questo dipinto l’artista fa un uso massiccio della foglia d’oro insieme alla pittura a olio. Alcune parti dell’opera – il collier, zone della veste e lo sfondo – non sono dipinte ma rivestite da foglie d’oro, in parte ridipinte con colori a olio. Uno stile decorativo e un gusto orientaleggiante che donano particolare sensualità e mistero al personaggio.
Una sezione è dedicata al ritratto femminile. Le sue donne dallo sguardo evanescente (come la Signora con mantello e cappello su sfondo rosso) sono estremamente affascinanti, sensuali. I suoi committenti appartenevano ai ceti più abbienti. Le donne ritratte sembrano aristocratiche inavvicinabili. Mentre nei disegni a matita l’artista si esprime con maggior libertà ed eleganza. Nel suo Ritratto di signora del 1894 la sua tecnica è così raffinata da farlo sembrare una foto.
Gustav Klimt partecipò alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia (1899) con due opere. Nel capoluogo veneto la relazione con la giovane allieva Alma Schindler (che avrebbe poi sposato Gustav Mahler) arriva al suo epilogo. Il pittore espone ancora alla Biennale nel 1910 con una sala esclusiva, allestita dall’architetto austriaco Eduard Josef Wimmer-Wisgrill come una scatola bianca con sei eleganti poltrone di vimini al centro. In mostra il quadro Le amiche, affiancato allo scandaloso Bisce d’acqua II.
Una sezione è dedicata all’Esposizione Internazionale di Belle Arti di Roma del 1911. Il fulcro del padiglione austriaco è la sala Klimt, citata come “tempietto” o “abside” per la sua forma e per l’aura quasi sacrale. L’artista presentava otto dipinti e quattro disegni. Tra le sue opere Il bacio, i ritratti della signora Wittgenstein e quello di Emilie Flöge (moglie, musa, amante e modella), La Morte e la Vita, La Giustizia, le Bisce d’acqua I (o Le sorelle).
Dal 1900 Klimt si dedica, oltre che ai ritratti e alle allegorie, anche ai paesaggi. In compagnia di Emilie Flöge e della sua famiglia, si recava regolarmente in campagna nei mesi di luglio e agosto, sull’Attersee. I suoi paesaggi sono una natura idealizzata. Nell’estate del 1913 rimane sul Lago di Garda cinque settimane. Qui realizza tre dipinti di grande formato: due vedute di Malcesine e Cassone (collezione privata), oltre a una Sezione di un sentiero di un giardino. Molti pittori del suo entourage condividevano il suo gusto per i paesaggi raffinati e idealizzanti.
La seconda mostra della Secessione romana del 1914 vede la partecipazione dell’Associazione di artisti austriaci fondata da Klimt nel 1906, dopo la scissione dalla Secessione viennese. A questa Klimt invia una sola opera: il Ritratto di Mäda Primavesi (1912-1913), esposto con quattro disegni di Egon Schiele e dipinti di altri artisti. In una seconda sala vengono esposte alcune sculture e quattro vetrine con ceramiche, stoffe, ricami, sete, oggetti d’oro e d’argento. L’allestimento è curato da Dagobert Peche, architetto e designer della Wiener Werkstätte, che segue il principio dell’opera d’arte totale (Gesamtkunstwerk), condiviso da molti artisti italiani che progettarono la decorazione degli ambienti espositivi.
I capolavori di Klimt, esposti in Italia, non mancarono di influenzare i pittori italiani come Felice Casorati, Vittorio Zecchin, Galileo Chini. Questi artisti sono stati i più fedeli interpreti della sua ‘pittura a mosaico’. Straordinaria La Preghiera di Casorati con i fiori a rilievo.
Nel gennaio 1918 Klimt venne, all’improvviso, colpito da un ictus, prima ancora di compiere 56 anni. Le conseguenza furono tali che solo un mese dopo morì. Rimase incompiuta, tra le altre, anche un’opera di grande formato: La sposa. Il tema era l’amore e il desiderio. Al centro del dipinto c’è la sposa addormentata e avvolta da una veste blu, accanto alla sua la testa del compagno. Le donne che le stanno accanto rappresentano l’appagamento erotico. L’opera è stata preceduta da diversi disegni di nudi a matita in pose piuttosto lascive. L’incompleto ed enigmatico Ritratto di dama in bianco non è riferibile a nessuna persona specifica. Forse è uno dei ritratti femminili idealizzati che Klimt spesso faceva delle sue modelle nude.
Il Ritratto di signora (1916-17), acquistato da Giuseppe Ricci Oddi nel 1925, appartiene all’ultima fase di attività dell’artista che si è ormai discostato dal suo “periodo aureo” assumento toni più espressionisti. La sua pittura è fatta di pennellate meno definite che rimandano a un approccio più emotivo. Il dipinto entra a far parte, insieme a 300 dipinti e sculture, della Galleria Ricci Oddi. Nel 1966 una studentessa di un liceo piacentino, Claudia Maga, ha avuto l’intuizione che il ritratto fosse stato sovrapposto a uno identico per volto e posa di una signora vestita e acconciata diversamente. Tale ipotesi è stata suffragata anche dalle analisi cui la tela è stata sottoposta. Ma questo dipinto è protagonista di altre vicende inquietanti e misteriose.
Il 22 febbraio 1997 la tela viene rubata dalla Galleria Ricci Oddi di Piacenza con dinamiche mai chiarite. La cornice viene ritrovata poco dopo sul tetto del museo. Il 10 dicembre 2019 il dipinto è rinvenuto in un sacchetto di plastica nel piccolo vano del muro esterno della Galleria. Sono state indagate tre persone ma le indagini non hanno portato ad alcuna conclusione. Oggi l’opera misteriosamente riappare davanti ai nostri occhi.
Dal 5 aprile 2022 la mostra presso la Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi e altri spazi (Piacenza) – dove saranno rinnovate le prestigiose collaborazioni internazionali – racconterà un Klimt più intimo. Partendo dall’opera ritrovata della Galleria Ricci Oddi, la mostra svelerà un “Klimt ritrovato” in una dimensione più privata e personale restituendo, attraverso opere e documenti, la sua interessante vicenda umana e artistica.
Informazioni
Klimt. La Secessione e l’Italia
Sede: Museo di Roma – Palazzo Braschi
Ingresso da Piazza Navona, 2 e da Piazza San Pantaleo, 10
Date: 27 ottobre 2021 – 27 marzo 2022
Informazioni e prenotazioni: Tel. 060608 tutti i giorni ore 9.00 – 19.00
Orario apertura: Dal lunedì al venerdì ore 10.00-20.00
sabato e domenica ore 10.00-22.00
La biglietteria chiude un’ora prima
24 e 31 dicembre ore 10.00-14.00
Giorni di chiusura: 25 dicembre, 1 gennaio
Biglietto “solo mostra”: intero: € 13,00 – ridotto: € 11,00 – speciale scuole: € 4,00 ad alunno (ingresso gratuito ad un docente accompagnatore ogni 10 alunni); speciale Famiglia: € 22,00 (2 adulti più figli al di sotto dei 18 anni)
Promossa da Roma Culture
Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
Co-prodotta e co-organizzata da Arthemisia
Con Zètema Progetto Cultura
In collaborazione con Belvedere Museum
In cooperazione con Klimt Foundation
A cura di Maria Vittoria Marini Clarelli, Franz Smola, Sandra Tretter
Progetto dell’allestimento BC Progetti di Alessandro Baldoni e Giuseppe Catania
con Francesca Romana Mazzoni