La Bona Usanza, i prodotti di una volta. Marche
Se Cupramontana è la ‘capitale del Verdicchio’ (così chiamata dal 1939), dove gli appassionati di vino e olio possono fare un percorso fisico e virtuale del gusto, la vicina Serra de’ Conti è la patria di alcune prelibatezze a rischio estinzione e per questo diventate Presidi Slow Food.
La cicerchia di Serra de’ Conti è una varietà minuta con una colorazione grigio-marrone, meno amara e più saporita di quella che si trova normalmente in commercio. Necessita di solo sei ore di ammollo e cuoce in 45 minuti. È un legume povero che per secoli ha fatto parte della tradizione alimentare delle Marche. Si seminava a primavera, si raccoglieva in agosto e costituiva una riserva alimentare per l’inverno. Nella seconda metà del XX secolo è stata abbandonata, era presente solo nell’orto di casa di pochissimi contadini, quella in commercio era prodotta dalle multinazionali. È ottima per la preparazione di zuppe, minestre e come contorno per lo zampone. Con la farina di cicerchie si preparano maltagliati e pappardelle. Questa leguminosa, Lathyrus Sativus (nome latino), originaria del Medio Oriente e chiamata dai Romani ‘cicerula’, ha pochi grassi, un buon apporto proteico e molti amidi.
Dopo essere entrata nell’Arca del Gusto i suoi produttori si sono riuniti nella Cooperativa La Bona Usanza, di Serra de’ Conti, nata per salvaguardare semi, piante e varietà a rischio di estinzione. Il Presidio porta avanti un lavoro di recupero, selezione e valorizzazione di prodotti per far sopravvivere le radici storiche e la cultura alimentare di un territorio. Del resto il successo della cucina ‘made in Italy’ si basa sulla biodiversità territoriale delle produzioni agricole del nostro Paese. Oggi la cicerchia ha la sua festa che si tiene ogni anno l’ultima domenica di novembre nelle cantine e taverne all’interno delle mura medievali del delizioso borgo di Serra de’ Conti.
Anche il lonzino di fico stava rischiando di diventare un prodotto da archeologia gastronomica prima che nascesse un Presidio con l’obiettivo di recuperare la coltivazione di una varietà di fichi fuori mercato perché poco produttiva e delicata. Il lonzino, citato già nel primo secolo d.C. da Columella nel suo De re rustica: “de ficis siccandis”, è un salamino di fichi (Dottati bianchi o Brogiotti) seccati al sole, macinati e impastati con semi di anice stellato, mandorle, noci tritate e qualche goccia di mistrà o sapa (mosto di uva bollito a lungo). Il tutto è avvolto in foglie di fico, piacere assicurato.
Gianfranco Mancini, ispiratore della Bona Usanza, ci ha raccontato le sue peripezie alla ricerca di tradizione e qualità: “Abbiamo reimpiantato 180 piante di fichi per poter fare il lonzino con i nostri fichi”. Questo alimento ricco di sostanze nutritive faceva parte dell’alimentazione contadina. I lonzini venivano legati e appesi con un filo di lana e duravano tutto l’inverno. La zona di produzione del lonzino di fico è la zona dei Castelli di Jesi, media Vallesina (provincia di Ancona). Uno dei migliori produttori è La Bona Usanza.
Questa Cooperativa, oltre cicerchia e lonzino, produce altre tipicità tradizionali come ceci, lenticchie (coltivate a 550 metri di altezza) e fagiolo solfino (varietà autoctona dalla buccia finissima, cremoso e dal sapore delicato). Il quarantino 12 file (chiamato cosi perchè raccolto dopo 40 giorni), granoturco a 12 file di chicchi di settanta anni fa. Coltivato nelle campagne marchigiane negli anni Sessanta poi sostituito da ibridi importati di maggiore resa, la sua farina è ottima per polenta e i biscotti. La sapa (mosto bollito, Verdicchio), l’agresto (agrodolce, conservato quattro anni in tre botticelle di castagno, rovere e ciliegio) e la crema di carciofo di Jesi e di cipolla di Suasa.
I pippoli sono una pastina senza farina di grano, realizzata con il 60% farina di cicerchia di Serra de’ Conti Presidio Slow Food e 40% farina di ceci de La Bona Usanza. Le farine di legumi in genere non legano per fare pasta perciò vengono prima fatte tostare in un laboratorio di fisica gastronomica a Parma e poi inviate in Toscana per realizzare una pasta di sole farine di legumi e quindi priva di glutine.
Suggestivo il ristorante di Marco Giacomelli, Coquus Fornacis, realizzato all’interno di una vecchia fornace, che propone una interpretazione della cucina tradizionale marchigiana.
Foto di Marco De Felicis (tranne la prima, le ultime due e quella di copertina)
La Bona Usanza
Via Saragat, 21 – Serra de’ Conti
Tel. 334 3229360
web: www.labonausanza.it
Coquus Fornacis
Via Fornace, 7 – Serra de’ Conti
Tel. 0731 878096
web: www.coquusfornacis.it