Festa del Cinema di Roma, incontro ravvicinato con Nanni Moretti. #RomaFF12
Nanni Moretti si racconta al pubblico dell’Auditorium e in otto match conquista la platea. Dopo 20 anni ha avuto un altro tumore ma non si arrende. Proietta il suo ultimo corto, Autobiografia di un uomo mascherato, e mostra i muscoli.
Lunedì all’Auditorium c’era un pubblico ansioso di ascoltare Nanni Moretti (64 anni), famoso regista, e non solo. Perché Nanni Moretti è ‘cinema’ al plurale. Molti accreditati erano in fila tre ore prima dell’appuntamento per assicurarsi un posto in sala e ascoltare un protagonista del cinema internazionale tra i più ironici, sarcastici e ritrosi, timore di ogni giornalista. Ma alla fine dell’incontro nessuno ha rimpianto l’attesa o i film in programma, contemporaneamente, nelle altre sale. Moretti si è raccontato in 8 puntate, intervallate con spezzoni di film e piccoli corti girati da lui, lasciando nel finale – con sapiente regia – la rivelazione: “dopo 20 anni un altro tumore”. Ma lui ha cercato l’empatia del pubblico. Ha salutato e, rassicurando tutti, sorridente, ha mostrato i muscoli. Con lui Antonio Monda che ha delegato a Moretti la conduzione dell’incontro.
Ha messo in scena la sua vita, ha raccontato il suo ‘Caro Diario’ e i suoi quarant’anni di cinema, ricchi di aneddoti e corti inediti. Ha iniziato con la proiezione di alcuni ciak di Mia Madre (2015) mostrando il suo modo di stare sul set, urla comprese, e il rapporto con gli attori.
Primo tempo: il suo lavoro di spettatore. “Ho iniziato a quindici anni a essere uno spettatore al cinema. Al Nuovo Cinema Olimpia e al Mignon, e la sera in piscina a giocare a pallanuoto. Ho visto i classici e il cinema d’autore polacco e francese, Polanski e Skolimowski. Non so come, da spettatore a vent’anni, mettevo insieme i Taviani e Carmelo Bene, tipi di cinema distanti”. Fa vedere il suo mediometraggio in super 8 del 1974, Come parli frate? (una parodia dei Promessi Sposi) in cui Moretti interpreta Don Rodrigo. “In quegli anni noi spettatori eravamo divisi in due partiti: Antonioni e Fellini. Io ero per Fellini. Vedevo i film di Bertolucci, Ferreri, Olmi, la Nouvelle Vague. Quei registi rifiutavano il cinema ricevuto in eredità e la società ricevuta in eredità, cercavano con il loro cinema di prefigurarne uno nuovo, e una nuova società”.
Secondo tempo: attore e regista. “Io mi ricordo nel settembre del 1972 in cui un mio amico giornalista, Pietro Veronese, (avevo preso la maturità) finite le vacanze, mi chiese ‘ora a che facoltà ti iscrivi?’. Io, arrossendo, dissi che non avrei fatto l’università. E lui mi chiese cosa avrei voluto fare. Io, arrossendo sempre di più, risposi ‘vorrei fare del cinema’, e lui ‘ma da attore o regista?’, e io ‘tutte e due le cose’. In modo confuso speravo questo e la stessa sensazione la davo ai registi a cui chiedevo sia di fare l’assistente che di recitare. Ho lavorato con Peter Del Monte, i Taviani, Bellocchio, e mi rendevo conto che loro non capivano perché volessi fare entrambe le cose”. Racconta, e fa proiettare (un pezzo) de Il portaborse: “Per interpretare quel ministro corrotto e corruttore ci sarebbero stati attori più giusti, bravi e anziani di me. Però a Luchetti venne in mente di spiazzare il pubblico e quindi mi propose di interpretare questo ruolo. Non mi preparo i personaggi tappezzando la camera di fotografie. Mi immedesimo nell’idea del regista, di ciò che vuole raccontare. Non amo le performance di attori che si identificano con il personaggio tanto da scomparire come persone”. Avrebbe dovuto fare un film con Kieslowski, “a fine anni Novanta, mi chiese per un ruolo in La doppia vita di Veronica ma non stavo bene. Pensavo fosse una depressione invece era un tumore. Dissi che non potevo, mi è dispiaciuto molto, lo considero un grande”.
Terzo tempo, Nanni Moretti produttore. “Trent’anni fa usciva il primo film che io e Angelo Barbagallo producemmo, Notte italiana di Mazzacurati e Domani accadrà di Luchetti. Spesso i registi che fanno i produttori lo fanno per sadismo nei confronti di registi meno potenti di loro. Il caso lampante è Coppola produttore con Wenders regista. A volte i registi fanno produttori per sottogeneri della loro filmografia. Oppure per scegliere film mediocri e dire “io ci ho provato ma non c’è un ricambio”. Io ho iniziato per il piacere di lavorare con persone con cui stavo bene e per restituire la fortuna che avevo avuto come regista. Non producevo film alla Moretti”. Ricorda l’amico Mazzacurati: “Con Carlo giocavamo insieme a calcetto e Daniele Luchetti aveva già lavorato con me”.
Quarto tempo: Moretti giurato. Far parte di una giuria è una “esperienza sempre piacevole”. Due volte a Venezia (1986 e 2001), la prima come giurato e la seconda come presidente. Due volte a Cannes, la seconda come presidente. “Come giurato non ho mai ricevuto pressioni. La giuria non deve mai cercare l’unanimità altrimenti si premia il film medio. Si discute tantissimo. Nel 1997 a Cannes non ne potevano più io insistevo per Kiarostami. Si discute e poi si vota”. Intriganti e simpatici i filmini girati ai Festival (Torino, Locarno, Venezia e Cannes) e mostrati all’Auditorium. Si vede Tim Burton allegro, mentre imita 007 in giardino. “Era simpatico, Tim, ma quel giorno non rise: aveva fatto incubi nella notte per via della votazione. Eravamo tutti tesi. Due ore di discussione sulla Palma, io mi battevo per Il sapore della ciliegia mentre Mike Leigh non lo amava e faceva il tifo per L’anguilla di Imamura. Diceva ‘votiamo votiamo’ e io invece li ho sfiancati. Dalle 9 alle 11 abbiamo votato la Palma d’Oro e gli altri premi in poco tempo. Mira Sorvino, laureata in mandarino, era l’unica che parlava con Gong Li”.
Moretti premiato. “Per Caro diario e La stanza del figlio mi è capitato di tornare a Roma. Una domenica mattina guardo il telefono e arriva la chiamata; “Lei deve tornare a Cannes”. La sera de La stanza del figlio mi sedetti in sala, era attesa la Casta per il film di chiusura. Lei tardava, io sono stato preso dall’ansia e sono uscito in questo grande atrio, vuoto. Si apre una porticina esce un tizio con tanti capelli bianchi. Con gesto elegante tira fuori una sigaretta, era David Lynch. Non sapevo che mi conoscesse, quando gli passo accanto mi dice ‘Nanni un giorno o l’altro io ti ammazzerò’”.
Moretti è anche esercente. Telefona dal palco al suo cinema (Nuovo Sacher) per sapere quanti spettatori hanno visto il fim in programma (Nico). “Ventisei anni fa con Barbagallo aprimmo il Nuovo Sacher. Il 1 novembre proiettammo Riff Raff di Ken Loach. Ora quando esce un suo film è proiettato in dodici sale. Il momento più bello quando nel ’93 facemmo Heimat 2″.
Per il finale Moretti-uomo, proietta un corto, Autobiografia di un uomo mascherato: “Otto minuti ancora da montare, che vi voglio mostrare”. Ecco Moretti con una sorta di maschera bianca traforata, sembra da schermitore. Cammina sul lungotevere e parla: “I romani sono abituati all’uomo mascherato e non si voltano più, non fa loro impressione”. Si affaccia dalla finestra di un appartamento, c’è un trasloco in corso e dalle scatole ammassate tira fuori scarpe, vecchie agende colme di scarabocchi, le mette l’una accanto all’altra e ironizza: “Bisognerebbe metterle nelle mani di un pool internazionale di psichiatri”.
Su un palco ballano coppie anziane. Torna al Nuovo Sacher con la rassegna Bimbi Belli. “Proprio come me, l’uomo mascherato ha un cinema e un’arena”. Moretti-mascherato dice: “Ero io non l’avevate capito? E siccome dopo vent’anni ho avuto un altro tumore da un’altra parte, penso che si possa filmare, non tutto, ma quasi tutto. Così ho filmato una delle tante sedute di radioterapia”. Prima di lasciare il palco Nanni Moretti alza le braccia e mostra i muscoli, come Braccio di Ferro, come ad affermare: “sono qui e sono più forte di prima”. Il pubblico ha aprrezzato e applaudito calorosamente.
Festa del Cinema di Roma
Auditorium Parco della Musica
Viale Pietro De Coubertin, 30
Roma, 00196 Italia
Telefono: 0640401900
Sito web: www.romacinemafest.org