Oro Verde c’era una volta in Colombia
La trasformazione di una famiglia indigena in un clan dedito al commercio di droga. Al cinema dall’11 aprile.
L’aspetto più affascinante di questo film, presentato all’ultimo Festival di Cannes con il titolo Birds of Passage, è il suo taglio etnografico. L’attacco è subito molto forte, lo spettatore si trova all’interno di un villaggio della comunità Wayuu ed è catturato, anche senza comprendere tutti i significati, dai riti e dalle dinamiche familiari del clan.
Le immagini sono potenti, rappresentano una realtà tribale ma sono esteticamente impeccabili, fotogrammi come quadri. Movimenti e inquadrature studiate, ritmo incalzante per una immersione in un mondo altro, un viaggio dall’altra parte del pianeta. Il film è ambientato in Colombia, un Paese dai colori saturi, con una natura prepotente e ostile, dove il deserto, quello de La Guajira, non è morbida sabbia dorata ma terra arsa e spaccata e la foresta è impenetrabile.
I due registi, Cristina Gallego e Ciro Guerra, non sono semplici osservatori dietro una macchina da presa, ma svelano con le loro sequenze le loro radici e il senso di appartenenza a questa terra.
Negli anni Sessanta le famiglie del villaggio vivono ancora all’interno di capanne e sono dedite alla pastorizia. Un’economia e regole sociali arcaiche, dove l’uomo compra una moglie attraverso una cospicua dote offerta alla famiglia di lei e dove il rango sociale è importante.
Indimenticabile la danza di corteggiamento in cui Raphayet (José Acosta) inseguito da Zaida (Natalia Reyes), la futura moglie, corre all’indietro. Un inserto documentaristico, riti che si celebrano sotto i nostri occhi, ma la passione si trasforma in avidità e l’economia pastorale si muta in narcotraffico, che assicura un reddito elevato e veloce.
Così è iniziato il commercio negli Stati Uniti di marijuana, che presto sarà sostituita da altre droghe più letali e costose, così come le capanne lasciano il posto a una casa-fortezza. La ricchezza improvvisa, non frutto di lavoro, scardina ancestrali tradizioni e sgretola anche l’assetto sociale e familiare. Qui il film cambia registro diventando un gangster movie. L’interesse economico e la violenza si sostituiscono ai principi regolatori di una comunità che, a tutti i costi, non vuole rinunciare alle sue norme, divenute però anacronistiche.
I registi: “Quello che rappresentiamo è la faccia vera del capitalismo allo stato puro”. Una storia di donne forti, intuitive, silenziose, che contrastano l’impulsività e gli istinti degli uomini. Le decisioni e le responsabilità all’interno del clan wayuu sono assunte dalle donne, anche se all’esterno agiscono gli uomini, “le donne devono stare a casa”. Ma a causa della sete di denaro tra i clan della malavita viene a cadere il rispetto e quei principi che garantivano la pace tra le famiglie.
Il demone del denaro travolge tutti in una guerra fratricida senza scampo e vincitori. Nel finale il film cambia di nuovo registro, con contaminazioni western. Ma tutti sono destinati a perdere.
Distribuito da: Academy Two