Venezia 75. “Peterloo” di Mike Leigh
Manchester 1819. Circa 60.000 pacifici manifestanti vengono brutalmente caricati per aver manifestato contro il livello di povertà crescente, l’ingiustizia sociale e per richiedere il suffragio universale.
Un film epico di tre ore sui fatti di Peterloo, dall’esito targico: la morte di quindici manifestanti pacifici e seicento persone gravemente ferite. Il giovane trombettista Joseph rimane traumatizzato dalla battaglia di Waterloo. Il ragazzo ritorna a Manchester (capitale dell’industria tessile) dalla sua famiglia di operai. Mentre il popolo paga le conseguenze del dopoguerra: disoccupazione e scarsi raccolti. A ciò si unisce anche l’impossibilità di esercitare il diritto di voto.
Gli uomini partecipano, sempre più infervorati, alle assemblee a favore della democrazia mentre le madri di famiglia rimangono scettiche. Tra la gente si insinuano spie governative e il Ministero degli Interni intercetta, e legge, la posta per esercitare il controllo. Un attacco all’inetto principe è il pretesto per sospendere l’Habeas Corpus, i diritti dei cittadini (ovvero il diritto a non essere imprigionato illegittimamente). I rappresentanti del malcontento si coalizzano e organizzano una imponente manifestazione, a St Peter’s Field, dove è invitato a parlare il famoso oratore Henry Hunt.
Hunt arrivando a Manchester scopre che l’assemblea è stata rimandata, al contempo garantisce ai giudici ostili che non darà loro il pretesto di arrestarlo. Donne, bambini, giovani e intere famiglie scendono in piazza mentre i giudici, seppure con qualche esitazione iniziale, decidono di inviare la cavalleria e l’esercito armato. La piazza diventa lo scenario per una carneficina, tale da indurre i giornalisti, con riferimento a Waterloo, a denominare l’evento: “Il massacro di Peterloo”.
Il linguaggio del film è volutamente retorico e ampolloso, coerente con il periodo, ma trasforma il flusso in esercizio di stile. Il girato della manifestazione cattura la platea, soprattutto per l’ingiustizia gratuita a cui le persone comuni sono sottoposte. Gli ultimi minuti, con le scene dei piaceri edonistici ed effimeri del Principe Reggente e della sua consorte, posti a contrasto del massacro, sono potenti. Mentre la gente seppellisce i morti, il principe si congratula con i giudici che hanno riportato l’ordine in una Arcadia minacciata dal “colera strisciante” della rivoluzione.
L’espressione estraniata e sorridente della consorte che ripete estasiata la parola “tranquillity” è un pugno allo stomaco.
Dopo questo massacro del 16 agosto 1819 la Gran Bretagna attese ancora un secolo prima di arrivare al suffragio universale.
Soprattutto nella prima metà del film un montaggio un po’ più coraggioso e incisivo avrebbe giovato alla pellicola.