Cosa mangiavano e bevevano Romeo e Giulietta?
Per scoprire cosa bevevano e mangiavano Romeo e Giulietta siamo andati sul posto, dove sorgono i resti dei castelli attribuiti ai Montecchi e ai Capuleti.
Non abbiamo trovato una risposta alla domanda iniziale ma abbiamo scoperto cibo e vini buoni. La controversia tra la famiglia Montecchi (ghibellini originari di Montecchio Maggiore) e Capuleti non sembra storicamente certa, se non che la famiglia di Romeo fu bandita dalla città da Cangrande della Scala perché aveva complottato contro di lui. Della famiglia dei Capuleti non è certa nemmeno l’esistenza. La storia d’amore, resa celebre da Shakespeare e ambientata a Verona (dove risiedevano i Montecchi nel XII-XIII secolo), in realtà sembra sia stata ispirata dai due castelli, a Montecchio Maggiore, della Bellaguardia (Capuleti, Giulietta) e della Villa (Montecchi, Romeo) edificati da Cangrande intorno alla metà del XIV secolo. Fu infatti Luigi Da Porto, probabilmente ispirato da queste due rocche scaligere, a raccontare la storia come vera (pubblicata nel 1530) dei due celebri amanti e alla quale il più famoso poeta inglese si ispirò per la sua nota tragedia del 1594-96.
Una storia d’amore vera, però, l’abbiamo incontrata ed è quella che si celebra tra gli ingredienti, con la regia dello chef Amedeo Sandri del ristorante Castelli di Romeo e Giulietta. Sandri giocando con i contrasti dei sapori li coniuga, come nel caso dell’elegante e sapida Mousse di barbabietola con salicornia e ravanello rosso, dalla consistenza di velluto marino.
Una scalata del gusto è stata la ‘verticale’ di mostarde homemade dello chef. Quella allo zenzero è una esperienza mistica, un’emozione da tappeto volante che ti porta di colpo in Oriente. La mostarda di arancia e finocchio è agrumata, fresca, ideale per pulire la bocca quando si assaggiano i formaggi. Un tuffo nel Mediterraneo è quella con cipolle di Tropea, autentica seduzione calabrese.
Tra gli assaggi di primi piatti il Risotto di ciliegie, Tai rosso e formaggio Monte Veronese stravecchio si è rivelato interessante per le sue note fresche e primaverili.
Le fettuccine con trota salmonata sono il risultato di un buon compromesso del contrasto dolce / salato. Ai secondi e i dolci abbiamo dovuto rinunciare a causa di un nostro appuntamento imminente.
A Montecchio Maggiore (VI) si è celebrata, nel 2015, un’altra importante ‘unione’ di tre storiche cantine confluite nella società cooperativa agricola ‘Vitevis Cantine’, con 1.500 soci viticoltori e 2.200 ettari di vigneto, che abbraccia produzioni di Soave e di Gambellara.
Il suo enologo, Alberto Marchisio, rappresenta la mission della società: coniugare quantità a qualità. Per avere idea della dimensione bastano alcuni numeri: la produzione è per il 60% di vino sfuso, quella di vini in bottiglia che si aggira sui 6 milioni punta ai 10 milioni e la catena di imbottigliamento ha ritmi da 4.500 bottiglie l’ora.
In progetto, per il prossimo biennio, c’è la produzione di vini biologici, il cui consumo è in crescita, il compito sarà affidato alla cantina di Val Leogra.
In degustazione abbiamo apprezzato, della linea ‘Monopolio’ – primo nome della cantina cooperativa di Gambellara che esercitava il controllo sulla DOC – il Gambellara Classico 2015, 100% garganica, da vigneti con almeno 20 anni di età, suolo basaltico di origine vulcanica.
Il colore è giallo paglierino, il bouquet di profumi va da delicati sentori di camomilla a frutti bianchi (pesca bianca), il gusto è coerente con i profumi, freschezza, note minerali, lievemente sapido. I tappi indicano il percorso virtuoso che l’azienda sta intraprendendo: sono realizzati a base di zucchero di canna, biopolimeri interamente riciclabili.
Foto e video di Marco De Felicis