“I, Tonya”, un ritratto della middle class americana #RomaFF12
La maggioranza americana non è fatta di intellettuali newyorkesi, di benestanti di Long Island o di agenti di borsa di Wall Street, ma è quella del popolo delle periferie, poveri, a volte ignoranti, ma comunque ambiziosi e competitivi. ‘I Tonya’, presentato alla Festa del Cinema di Roma, è il ritratto della middle class americana.
Tonya (Margot Robbie), del film di Craig Gillespie, è la protagonista della storia vera di Tonya Harding, pattinatrice di fama mondiale, la prima americana a eseguire un triplo axel, dal carattere rude. Nel 1994 salì agli onori della cronaca per uno dei più grossi scandali nel mondo dello sport. Ma Tonya è il risultato della madre Lavona (Allison Janney) che è riuscita a imporre la figlia nel competitivo mondo sportivo. Lavona amava dire: “Tonya raggiunge i migliori risultati quando, per rivalsa, dopo che è stata umiliata si impegna e migliora”.
La storia di tanti genitori frustrati che vogliono a tutti i costi un figlio/a campione. Emblemi del kitsch anni Ottanta che sacrificano se stessi e la vita del proprio figlio/a per il raggiungimento dell’obiettivo: fama, denaro, tutto quello che una vita miserevole non può dare loro. Tonya è la bambina che per diventare reginetta di bellezza ha bisogno di una pelliccia che non può acquistare e allora la realizza con i conigli che ha cacciato e scuoiato insieme al padre. Competizione e l’uso delle armi sono la normalità per la middle class americana, quella che ha votato e inseguito il ‘mito’ di Donald Regan o Donald Trump.
Ma la dedizione di un genitore, e imposizione, si trasforma presto in un ricatto affettivo per l’adolescente che non può disattendere le aspettative e ambizioni di mamma o papà. La madre di Tonya è una dei tanti americani che nel mito del self-made woman pretende che la propria figlia sia la ‘prima’ a tutti i costi.
Ciò fa di Tonya una ragazzina fortemente determinata, né potrebbe essere diversa con una madre come la sua. Ma rimane rude e volgare, con la gomma da masticare sempre in bocca e dai costumi sgargianti. Vince nel 1991 i campionati nazionali ma è l’antitesi della grazia femminile che contraddistingue la sua diretta rivale, la pattinatrice Nancy Kerrigan, ‘fidanzatina d’America’.
Il regista con stile documentaristico, fa parlare i protagonisti direttamente con gli spettatori. Salvo smentirsi l’uno con l’altro e dire spesso: “non è così che è successo veramente”. I punti di vista di Tonya, della madre e del marito, debole e violento, non coincidono mai e ognuno racconta i fatti a modo suo. In realtà è il modo più onesto per il regista di mettere in atto il suo intento documentaristico. Il risultato non cambia, la più pericolosa concorrente di Tonya viene fatta fuori dalla competizione in modo violento. Tonya non compete con se stessa per migliorarsi, gareggia contro una rivale che bisogna sconfiggere a tutti i costi. È proprio l’accezione del termine ‘contro’ che contraddistingue molta parte della storia americana (contro gli indiani, contro il Vietnam, conto qualcuno e i diversi). Attraverso materiali d’archivio, Craig Gillespie, mette in scena gli autentici protagonisti.
Margot Robbie (produttrice) rivela che il film è “Tratto da interviste assolutamente vere, totalmente contraddittorie e prive di qualsiasi ironia con Tonya Harding e Jeff Gillooly”. Molto belle le scene di pattinaggio accompagnate da una colonna sonora spesso trascinante. Alla fine Tonya dopo essere salita in vetta, e diventata famosa per lo scandalo, accuserà il marito (e lui farà altrettanto) fino a venir bandita dal mondo agonistico. Una riflessione sul ‘sogno americano’, sul concetto di ‘rivale’, sull’uso della violenza pur di vincere. Alla fine i loosers (perdenti) restano tali.
Festa del Cinema di Roma
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