Torgiano fa rima con vino, Lungarotti e Museo del Vino
Se dici Torgiano la prima parola che ti viene in mente è ‘vino’, se sommi Torgiano e vino il risultato è Lungarotti. Se dici Lungarotti le immagini evocate sono quelle del Museo del vino. In fondo il video.
Torgiano è circondata dalle vigne di proprietà Lungarotti, come i 12 ettari di Monticchio la cui Riserva ’10 si è aggiudicata i Tre bicchieri della Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso 2016, mentre al Rubesco ’12 sono andati i Due bicchieri.
Il Torgiano Rosso V. Monticchio Riserva ’10 (80 % sangiovese e 20% canaiolo) trascorre un anno in barrique e quattro in bottiglia, ha una struttura consistente e profumi che vanno dalla visciola alle spezie. Il Rubesco (90% sangiovese e 10% colorino) fermenta in acciaio e viene affinato un anno in botte e uno in bottiglia. Il colorino è un’uva con una storia antica ma che l’azienda usa da poco tempo. L’agronomo dell’azienda è Attilio Persia e l’enologo Vincenzo Pepe.
La lavorazione in vigna, per i vini migliori, è fatta a mano e il terreno è piuttosto argilloso. Il 70% dell’energia termica dell’azienda è ottenuta bruciando i resti della potatura. Il 60% del vino prodotto è esportato all’estero e il 40% viene venduto in Italia.
Il Museo del vino è ospitato, nel centro di Torgiano, nel seicentesco palazzo Graziani Baglioni negli ambienti usati in passato come magazzini di derrate agricole. Il museo è nato nel 1974 per volere di Giorgio e Maria Grazia Lungarotti (storica dell’arte) ma il suo scopo è rappresentare la storia del vino come alimento ed elemento culturale, e non quella della famiglia. Dal 1986 è gestito dalla Fondazione Lungarotti.
Le collezioni esposte ben rappresentano i vari motivi: il ciclo vitivinicolo, il vino nel mondo antico, il vino come alimento e medicamento, il mito dionisiaco e l’interpretazione contemporanea di questo. Il vino sembra aver avuto le sue origini in Armenia e il suo transito dall’Oriente all’Occidente è testimoniato, nel museo, da tre brocche di Amorgos che ne attestano il consumo già nel 3000 a.C.
La varietà delle opere esposte va dalla ceramica all’editoria antiquaria, con molte preziose pubblicazioni dedicate alla vite e al vino, fino ad una collezione di schiacce da cialda (dal XIV al XX secolo). Le cialde sono i biscotti (farina, acqua, gocce di vinsanto e semi di anice) che venivano offerti insieme al vino dolce. Tali preziosi oggetti in ferro erano usati come doni in occasione di fidanzamenti.
In una grande sala è esposto l’enorme ‘Torchio di Catone’, così denominato perché descritto da Catone il Censore nel suo trattato sull’agricoltura, fu costruito nella seconda metà del Settecento a Gubbio. Ha lavorato fino al 1972, data della sua ultima vendemmia.
Una volta, nel centro storico di Torgiano, c’erano sette fornaci di ‘cocciari’, i cui manufatti, oggi, fanno parte della collezione del museo.
Tra le preziosità del museo c’è una vasta raccolta, circa 600 esemplari tra incisioni e disegni, con soggetto vitivinicolo e bacchico. Tali motivi erano ampiamente usati anche nell’iconografia cristiana, dove Dioniso era considerato una prefigurazione mitologica del Cristo e il vino, attraverso cui si entrava in rapporto con la divinità, diventava per i cristiani il sangue di Cristo. Il periodo ricoperto va dal Quattrocento, con Mantegna, fino a Picasso. Nell’incisione Baccanale con Sileno due uomini trasportano un grasso Sileno, un altro si arrampica sulla schiena di un uomo e sulla destra sta un suonatore di flauto doppio.
Il piatto di Jean Cocteau, con poche linee, è straordinariamente espressivo e giocato su pochi colori.
Bel casolare quello di Luca Ciabattini in sala e di Amanda Masoni in cucina. La cucina de I Birbi è ancorata saldamente al territorio, umbricelli e pappardelle, con scelta di materie prime locali (fagiolina e roveja) ma con qualche incursione anche in altre tradizioni.
A I Birbi il buono si unisce al bello nella presentazione dei piatti e nella raffinata semplicità di alcuni particolari.
Accanto alla tazzina di caffè, il cui piattino è forato e il cucchiaino non è da meno, la bustina di zucchero con un volto caravaggesco è l’ultimo tocco artistico del pranzo. Bonus per la bella terrazza estiva.
Dopo una interessante escursione, la visita a un museo, un pranzo appetitoso e una seducente degustazione non c’è niente di meglio che rientrare in un hotel accogliente, raffinato e godere del relax del suo centro benessere.
Quante Spa conoscete con una sala relax in cui potete scaldarvi al fuoco di un camino sempre acceso, sorseggiare una tisana calda davanti a una vetrata da cui ammirare il cielo stellato? Tutto questo lo potete trovare a Villa Monte Solare.
Per la cena il ristorante Dolium (di Villa Monte Solare) vi accoglierà in una la sala con camino acceso e musica classica in sottofondo. Il servizio è accurato e il menù, con piatti della tradizione umbro-toscana, è realizzato con prodotti del territorio. Disponibile anche un menù per bambini e vegetariani.
Foto e video Marco De Felicis
Indirizzi
Azienda Lungarotti
Via Giorgio Lungarotti, 16 – 06089 Torgiano (PG)
Tel. 075 988661 www.lungarotti.it
Museo del Vino
https://www.lungarotti.it/fondazione/
dormire
Villa Monte Solare (albergo di charme ****)
Ristorante Dolium
via Montali, 7 – Tavernelle di Panicale (PG)
Tel. 0758 32376
www.villamontesolare.com
camera doppia 125-280 €
mangiare
I Birbi
Località Vocabolo Casella Miralduolo di Torgiano (PG)
Tel. 075 9889041 – 349 8698253
https://www.osteriaibirbi.com
35 euro vini esclusi – Buon rapporto qualità-prezzo
(segnalato nella Guida Slow Food 2016)