La montagna di emozioni che ci ha regalato “Un Paese ci vuole”
“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti” (Cesare Pavese, La luna e i falò). A Montese – dove dal 15 al 18 luglio 2021 si è svolto il Festival “Un paese ci vuole” con un ricco calendario di ospiti provenienti dal mondo della cultura, dello spettacolo, della musica e della scienza – abbiamo scoperto quanto le parole di Cesare Pavese siano vere, eppure non tutti eravamo di Montese… Ma i montesini ci hanno accolto, “abbracciato”, fatto sentire come a casa, come dei loro. Un calore umano, una voglia di stare insieme di cui la città e la pandemia ci avevano privato.
Montese è un piccolo borgo, incastonato tra i rilievi dell’Appennino tosco-emiliano e immerso nel verde, dove la gente si conosce, si incontra, discute in piazza. Persone che hanno condiviso con entusiasmo, partecipazione e spirito collaborativo ogni evento di questo Festival di Storie e Cultura. Oltre agli ospiti eccellenti sono stati i montesini, nativi e “adottati”, i protagonisti del Festival che ne hanno garantito il successo con il loro entusiasmo, energia e passione. I loro “like” non sono stati virtuali, ma calorosi applausi, i loro sorrisi sono stati autentici e non “faccine”. Montese e questo Festival ci hanno ricordato quanto abbiamo bisogno di un Paese, fatto di persone, cultura e delle loro storie.
Il festival Un paese ci vuole è stato realizzato, e ben organizzato, dal Comune di Montese insieme alla Pro loco, all’associazione culturale Il Trebbo e al Festival delle storie della Valle di Comino (FR) con la direzione artistica di tre vulcanici giornalisti: Vittorio Macioce, Massimo M. Veronese e Marco Pietro Lombardo.
Dopo il rituale taglio del nastro la kermesse ha avuto il suo calcio di avvio con la partita di calcetto Italia – Brasile, vinta dalla squadra azzurra. Questa partita amichevole è stata un modo per ricordare come proprio a Montese, durante la Seconda Guerra Mondiale, la Força expedicionária brasileira combattè al fianco degli Alleati in una delle più importanti battaglie contro i tedeschi, dando vita a un legame eterno con il Brasile.
Gli ospiti del Festival, del mondo della cultura, dello spettacolo, della musica e della scienza, hanno animato le giornate e serate montesine. Mauro Garofalo (giornalista e reporter) ha ribadito quanto, nella nostra società, sia importante la natura e consumare meno. Ha raccontato come a Hiroshima si erano salvati tutti all’interno di una scuola perchè c’era un boschetto di alberi a ripararla. Il bosco è l’atto di libertà. In Germania i Verdi che lottano per l’ambiente sono il secondo partito.
A riscaldare la serata ha contribuito, insieme ad Antonio Panini, Leo Turrini (giornalista e scrittore che ama raccontare storie di vita e sport, come quella di Enzo Ferrari, Ayrton Senna etc.). Con il suo libro Panini, storia di una famiglia ha vinto il Premio Selezione Bancarella. Giuseppe Panini, rimasto orfano insieme a tre fratelli e quattro sorelle, si trovò a gestire un’edicola (acquistata per 6.000 lire) insieme alla mamma. L’azienda Panini è stata valutata, in seguito, tre miliardi di euro. All’inizio vendevano figurine sfuse, con foto in bianco e nero. La prima foto a colori fu quella di Bruno Bolchi, mediano dell’Inter.
Stampavano i fogli di figurine, le tagliavano, le mescolavano con un badile, riempivano delle cassette che venivano portate alle famiglie che le imbustavano. Giuseppe richiamò il fratello meccanico dal Venezuela affinchè inventasse una macchina imbustatrice. La produzione passò da un milione a dieci milioni di bustine al giorno. Uscirono gli album sulla corsa allo spazio, sugli uomini illustri etc. L’ultima raccolta di figurine di carta, che andavano incollate, fu il Pinocchio di Comencini, poi si passò alle autoadesive. Alla fine gli eredi erano talmente tanti, un centinaio, che preferirono vendere l’azienda per evitare liti. La Panini non ha mai delocalizzato. Oggi al posto del chiosco di Nonna Olga c’è una scultura artistica. A chi gli ha chiesto della Ferrari Turrini ha detto che “l’industria va bene ma manca la passione”.
Dopo Mr. Panini non poteva mancare il più grande collezionista al mondo di figurine: Gianni Bellini. Al suo attivo 2 milioni circa di figurine, 4.000 album e ancora 700.000 figurine da attaccare. Secondo Bellini avere l’album di Mexico ’70 è uno status symbol. Molti dei suoi pezzi sono unici. Quello che ha raccolto corrisponde alla storia di 50 anni di calcio.
Simpatica protagonista della serata è stata la Signora del doppiaggio: Eleonora De Angelis.
Membro dei “Windsor del doppiaggio italiano” è la “voce” di Jennifer Aniston, Angelina Jolie e Cameron Diaz. Eleonora è nipote, figlia e sorella d’arte, appartiene a una delle più grandi dinastie del doppiaggio. Il nonno Gualtiero era la voce di Cary Grant, James Stewart e Humphrey Bogart. Il padre Manlio era quella di Roy Scheider, Richard Dreyfus e Bill Murray. Il fratello Vittorio era la voce di Val Kilmer. Particolarmente piacevole e simpatico è stato il format che ha alternato il racconto alla proiezione di spezzoni di film con le attrici che Eleonora ha doppiato. Elenora ha definito i doppiatori “gli acrobati della recitazione”. Nella stessa giornata doppi un personaggio drammatico e poi passi a uno comico o a uno di un film in costume. Con il marito Massimiliano ha creato l’app Vixvocal che riconosce le voci dei doppiatori.
C’è un piccolo Museo a Iola di Montese che è un gioiello bisognoso di maggiore spazio (4.000 oggetti in 16 sale in una superficie di 600 mq). Al piano terra ci sono quattro sale dedicate alla civiltà contadina. La ricostruzione degli ambienti è molto accurata. Nella camera da letto sono esposti oggetti, foto e indumenti del periodo tra la metà del 1800 e metà del 1900.
Nella sala dedicata alla tessitura e filatura troneggia un maestoso telaio in legno di castagno del 1800. Al primo piano troviamo reperti della Seconda Guerra Mondiale. La zona era attraversata dalla Linega Gotica dove si sono fatti valere i soldati della 10° Divisione da Montagna Americana e dellaForça expedicionária brasileira.
I campi intorno al Museo sono stati reali campi di battaglia che, tra il 1944 e 1945, hanno visto il coinvolgimento sia di soldati che di civili. Nel gennaio del 1943, dopo un colloquio tra il presidente Roosevelt e quello brasiliano, Vargas, fu deciso che le forze militari brasiliane sarebbero scese in guerra al fianco di quello alleate. I tedeschi raggiunsero Montese nel 1944, dalla Toscana. A novembre arrivarono i soldati della FEB. Le truppe brasiliane ingaggiarono un buon rapporto con la popolazione civile, donavano le provviste di cibo che non utiizzavano. A differenza degli inglesi che bruciavano ciò che avanzava. Oggi lungo i sentieri della Linea Gotica è ancora possibile vedere le trincee e i camminamenti degli eserciti contrapposti.
Patrizia Caraveo, che un meteo capriccioso ci ha impedito di ascoltare sotto le stelle, ci ha fatto sognare facendoci sfiorare l’universo con la sua conoscenza e grazia. La prof.ssa Caraveo, dirigente di Ricerca all’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) è famosa per i suoi studi sulle stelle di neutroni. Ha identificato la sorgente Geminga (la stella che non c’è, una sorgente gamma nella costellazione dei Gemelli) riconosciuta come la prima pulsar senza emissione radio.
Ha ricevuto innumerevoli premi e riconoscimenti e dal 2003 fa parte del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica ed è anche Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Per anni ha sognato e cercato, insieme al marito l’astrofisico Giovanni Bignami, l’ultima stella che si è formata prima del “buco nero”, prima di smettere di produrre energia. Le stelle di neutroni hanno una massa pesantissima e girano anche cento volte al secondo.
La prof.ssa Caraveo ha colmato i cuori, dei numerosi presenti, di ottimismo citando Napoleone: “Se è possibile è stato fatto se è impossibile si farà”.
Ci sono voluti anni per fotografare, con 8 radiolescopi dal Polo Sud alla Groenlandia, un buco nero, che contiene sei miliarti di masse solari. Dalle stelle siamo arrivati su Marte quando il paracadute di Perseverance ne ha frenato la sua discesa sul suolo marziano. Pochi sanno che le strisce bianche a rosse del paracadute in realtà celano un messaggio straordinario: “Osa cose potenti” (Dare Mighty Things).
Dopo aver trascorso una serata con lo sguardo rivolto al cielo la prof.ssa Caraveo, una delle 100 donne contro gli stereotipi, ci ha riportato sulla Terra raccontando come le missioni spaziali siano state una prerogativa prettamente maschile. Ma la storia di Wally Funk, aviatrice di 83 anni che finalmente insieme a Jeff Bezos ha coronato il sogno che sessanta anni fa le era stato negato di volare nello spazio, è emblematica. La presenza di alto profilo, e allo stesso tempo empaticamente comunicativa, della prof.ssa Caraveo ha acceso gli animi e la serata.
Uno dei prodotti tipici di Montese è il Parmigiano Reggiano, formaggio a pasta dura DOP. Viene prodotto con latte vaccino crudo, parzialmente scremato per affioramento, senza l’aggiunta di additivi. La zona di produzione comprende le provincie di: Reggio Emilia, Modena, Parma e Bologna. Il Parmigiano Reggiano, con 3,8 milioni di forme, è il terzo formaggio italiano per produzione. Pochi sanno che le sue origini risalgono al XII secolo nell’area delle abbazie benedettine e cistercensi situate fra Reggio Emilia e Parma. Addirittura Giovanni Boccaccio racconta, nella terza giornata del Decamerone (1348): “c’è una montagna di formaggio parmigiano grattugiato, sulla quale stanno genti che fanno in continuazione maccheroni e ravioli e i fanno scivolare in basso, già pronti per essere mangiati…”. Quindi già verso il 1300 il famoso formaggio aveva raggiunto caratteristiche simili a quello moderno. Pertanto le sue origini potrebbero risalire a parecchi anni prima.
Dal 2013 il consorzio ha definito le linee guida per identificare il Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna. Quello di Montese è un alimento realizzato con il latte raccolto di due mungiture (quella della sera e della mattina), in una zona di circa 600m. s.l.m., ricca di boschi e lontana da fonti inquinanti. I foraggi utilizzati devono provenire essenzialmente dalle zone di montagna.
Sia la raccolta del latte, che la lavorazione, fino alla stagionatura della forma di formaggio (del peso di circa 35 kg., marchiata con il numero del caseificio, il mese e l’anno di produzione) hanno luogo in stabilimenti ubicati all’interno delle zone di montagna. Solo le forme di prima scelta vengono marchiate come Parmigiano Reggiano di Montagna.
Il Festival Un paese ci vuole ha offerto anche l’occasione di entrare nel parco della villa di Augusto Righi (1850-1920), definito da una rivista americana “il più grande fisico italiano dopo Alessandro Volta”.
Augusto Righi era anche grande appassionato e studioso di fotografia. Acquistò una casa agricola – Podere Ca’ de Flandi (oggi Villa Righi) – che fece poi restaurare e che inaugurò nell’estate del 1900. Villa Righi, che ancora oggi è uno dei principali edifici di Montese, è stata frequentata nel tempo da illustri personaggi quali il musicista Ottorino Respighi, compagno di scuola della figlia Adele, e il poeta Giosuè Carducci, che con l’amico Augusto si dedicava a lunghe partite a carte. In mostra la foto che ritrae il poeta mentre gioca a carte. “Trattandosi di un ospite di riguardo si dice che il bisnonno si raccomandava di farlo vincere”. È Alessandra Righi, che ha voluto condividere i ricordi e la storia della sua famiglia con gli abitanti, qualcuno commosso, e il pubblico presente.
Augusto Righi scoprì Montese nel 1898 e rimase colpito dalla quercia che ancora oggi domina il parco. Il bisnonno morì a giugno 1920 circa un mese dopo il matrimonio del figlio, nonno di Alessandra. Durante la Guerra i nazisti occuparono la villa e appostarono un cecchino. In quel periodo la famiglia si trasferì a Bologna. Solo la tata Venusta rimase, ma la villa fu distrutta. Per due anni la quercia non produsse più foglie. Quando nel 1947 riprese a vegetare il nonno decise di tornare per ricostruire la villa. Righi partecipò attivamente alla vita di paese sia come consigliere comunale sia immortalando con la sua macchina fotografica scorci e momenti della vita del luogo. Diede il suo contributo per portare l’acqua potabile a Montese. Molte sue foto diventarono cartoline ricercate dai collezionisti. Nature lo definì “il padre della telegrafia senza fili”.
Il reading “Ti suderai ogni no e sarà rugiada – Mohammed Alì e Rumble in the Jungle” è stato uno dei momenti più toccanti del Festival. Il racconto di Vittorio Macioce (voce narrante: David Duszynski) è diventato spettacolo e lo spettacolo rapsodia. Il match di boxe del secolo (30 ottobre 1974) ha visto sul ring di Kinshasa Mohammed Alì e George Foreman.
Il primo aveva pagato, con oltre tre anni di squalifica e battaglie legali per tornare sul ring, la sua lotta per i diritti civili e il suo rifiuto alla chiamata alle armi per la guerra del Vietnam. «La mia coscienza non mi permette di andare a sparare a mio fratello o a qualche altra persona con la pelle più scura, o a gente povera e affamata nel fango per la grande e potente America. E sparargli per cosa? Non mi hanno mai chiamato negro, non mi hanno mai linciato, non mi hanno mai attaccato con i cani, non mi hanno mai privato della mia nazionalità, stuprato o ucciso mia madre e mio padre».
Era stato detronizzato a tavolino. Tutto era iniziato quando Cassius Clay aveva 13 anni. Un ragazzo poco più grande di lui fu massacrato il 28 agosto del 1955 a Money, Mississippi. La faccia maciullata. Aveva alzato lo sguardo su una donna bianca. Gli cavarono l’occhio e poi un colpo di pistola gli distrussero la faccia, per poi gettarlo nel fiume. I bianchi, gli assassini, furono assolti per insufficienza di prove. Cassius Clay decise, allora, di essere il volto di quel ragazzo: «Ascolta, Emmett, ascolta la mia promessa: a te che non hai più una faccia, io darò la mia. Andrai per il mondo con i miei occhi e la mia bocca, sotto la protezione dei miei pugni». Quella sera a Kinshasa non si lottò solo per il titolo mondiale. Sul ring si schierarono anche la politica, i diritti civili e la questione razziale.
Olimpiadi, 9 giugno 1996, dopo Janet Evans (quattro medaglie d’oro nel nuoto) ad accendere il braciere è un poco riconoscibile Mohammed Alì. Il fisico è provato ma lo sguardo è lo stesso: dritto, fiero e, orgoglioso. “Ali ha fatto pace con l’America. L’America con se stessa. Non per sempre. Ma quella notte sì”. Ad accompagnare il reading i solisti dell’Orchestra da Camera di Frosinone, con Loreto Gismondi (violino, ha suonato anche nel concerto di Bruce Springsteen al Circo Massimo a Roma) e Maurizio Turriziani (contrabbasso).
Marino Bartoletti, noto giornalista sportivo italiano, ha deliziato il pubblico con i suoi racconti e storie su Enzo Ferrari e la rossa di Maranello. Tutti gli ospiti di Enzo Ferrari andavano da lui con un “pegno rosso”. Lady D indossò per l’occasione il fiocco rosso contro l’AIDS, jeans e le Louboutin con tacco rosso, mentre Pantani portò la maglia rosa.
Davanti a un panorama spettacolare Marta Bardazzi (poetessa toscana cresciuta negli Stati Uniti) e Roberto Gotta (telecronista dello sport anglosassone e americano) hanno raccontato la loro America. Marta, il cui poeta preferito è Cesare Pavese, ha spiegato come leggendolo ha capito il suo bisogno di casa. Per Marta New York è una terra libera dove vuole tornare appena finirà la pandemia.
Tra i gioielli della zona c’è l’oratorio di Riva di Biscia dedicato ai SS. Fabiano e Sebastiano. Nel secolo XIII faceva parte di un castello che fu raso al suolo nel 1532 dalle forze ducali, dopo che la popolazione si era ribellata ai Montecuccoli e agli Estensi. L’oratorio scampò alla distruzione e all’incendio del 1428. Una volta riparato fu decorato con preziosi dipinti del XV secolo.
Interessanti gli affreschi nel presbiterio con il Cristo crocefisso, attorniato da Maria e San Giovanni e sullo sfondo si scorgono delle mura merlate. Ai lati le immagini di San Giovanni Battista e San Sebastiano. Nella volta, vi è la rappresentazione del Cristo Pantocratore e i simboli dei quattro Evangelisti. Sulle pareti laterali troviamo San Cristoforo con Gesù in spalla, la Madonna con Bambino e una Santa e la Madonna sul trono.
Bruno Focci, classe 1940, è uno stornellatore di Montese. Difficile incontarne uno se non vai in Emilia Romagna e in un “paese”.
Una volta che li vedi, li sfogli e ti ci tuffi non puoi farne a meno e ti viene voglia di collezionarli: sono i libri dell’editore Anniversary Book. Sono colorati, hanno una impaginazione accattivante, sono simpatici come i fumetti. Paolo Battaglia è l’editore di “Avanzi di Balera”. Ha ricostruito la storia del panorama musicale di Modena che, negli anni Sessanta, era ricordata come la “Liverpool italiana” con più di 600 gruppi musicali, strumentisti e cantanti.
Complessi che hanno segnato un’epoca nel costume sociale, portando la rivoluzione beat nella sale da ballo. La storia di questi complessi, come si chiamavano allora, e cantanti finisce nel 1975 quando le discoteche sostituiscono le balere. Paolo ha intrattenuto il pubblico facendo ascoltare delle vere rarità, come per es. Caterina Caselli quando cantava con gli “Amici”. Spesso per economia su un lato di un 45 giri c’era un cantante e sull’altro lato uno diverso. Pochi sanno che a Cavriago c’era la prima fabbrica di chitarre elettriche d’Italia, diventate poi strumenti per collezionisti. Wandrè era il nome d’arte del liutaio Antonio Vandrè Pioli.
Nella foto sotto si vede il clima che ha animato il festival Un paese ci vuole . Davanti alla Caffetteria Vecchia Piazza, la cui pasticceria merita una lunga sosta, i montesini erano sempre lieti di invitare gli ospiti del festival a bere qualcosa, a chiacchierare, in un clima conviviale come pochi posti sanno offrire. Nella foto Massimo Di Cataldo è stato subito coinvolto per condividere una piacevole pausa.
A chiudere domenica il festival è stato proprio Massimo di Cataldo che ha riempito la piazza e il paese. I suoi famosi brani sono stati cantati dai molti presenti. Nonostante la sua fama, le sue tournée e le numerose volte che ho avuto modo di ascoltare le sue canzoni, la sua voce, accompagnata dalla sola chitarra, mi ha stupito per estensione e tonalità. La sua presenza sul palco e il suo repertorio live sono davvero un plus. Pochi possono permettersi di intonare canzoni di Lucio Battisti senza far rimpiangere l’esecuzione del suo autore.
Difficile raccontare un festival, tutti i suoi protagonisti e le tante emozioni vissute. Ma soprattutto è impossibile inserire in questo racconto quello che merita un capitolo a parte. La bontà della cucina, delle materie prime, delle specialità gustate a Montese. In questa zona la cucina è storia e cultura, un aspetto importante e non secondario per chi vuole visitare il modenese. Oltre al Parmigiano Reggiano di Montagna, le patate (celebrate da una sagra), ci sono i tortelli alle ortiche (con una pasta tirata a mano da applausi), i ciacci, le crescentine, ottimi salumi, dolci e biscotti.
Tra le specialità la zampanella, cibo povero realizzato con pochi ingredienti ma gustosissimo. Una pastella liquida (farina di frumento 0 con un cucchiaio di olio e acqua quanto basta) che viene cotta su una padella di rame, unta con una cotica di maiale o carta assorbente bagnata d’olio, coprendone il fondo con uno starto molto sottile. Dopo circa quattro minuti si gira e si attendono altri quattro minuti. Infine viene condita con del pesto (pancetta fresca, aglio e rosmarino) distribuito su tutta la superficie con l’aiuto di due forchette e con una spolverata di Parmigiano reggiano. Poi si piega due volte a metà e si gusta caldissima.
Montese è uno dei gioielli della nostra Italia dove la qualità dell’ambiente e della vita fa venir voglia di restare.
Informazioni
Contatti: montese.proloco@gmail.com
Radio ufficiale del festival: Radio Prêt à Porter
Sito ufficiale
Da vedere
La linea gotica – Museo Storico – la Torre
Montese
telefono: 059 971122 – dal lunedì al sabato dalle ore 16 alle 19
Ospitato nell’antica Rocca dei Montecuccoli (XIII sec.)
Sistema Museale Memorie d’Italia
Via Trebbo, 1 – Iola di Montese (MO)
Telefono: 320 4397331
Oratorio dei Santi Fabiano e Sebastiano
Via Riva, 1487 – Località Riva di Biscia – Montese MO
Dove Dormire
Hotel Miramonti – Ristorante la Terrazza
P.zza della Repubblica, 23 – Montese (MO)
Telefono e Fax: 059.981703
E-mail: info@hotel-miramonti.it
Accoglienza, gentilezza, pulizia e panorama al top
Dove Mangiare
Caffetteria Vecchia Piazza
Bar Gelateria Pasticceria – produzione propria
P.zza IV Novembre, 15 – Montese (MO)
Tel. 059 981380
La giostra delle tentazioni. Dolcezze e bontà per tutti i gusti
Agriturismo Il Palazzino
Via Lama, 2500 – Maserno di Montese (MO)
Tel. 059 980394 – 338 3239394
email: ilpalazzino@libero.it
Mario e Anna Chiara con i suoi piatti sanno catturare chiunque. Location molto accogliente in mezzo al verde. Bontà e relax. Piatto consigliato: tortelli con ripieno di ricotta e ortiche.
Hostaria della Riva
Home Restaurant – solo su richiesta
Via Riva n. 1503 Montese (MO)
Tel. 338 1585983
Se cerchi una serata speciale, in un luogo speciale, con una vista indimenticabile o sotto le stelle, con un tavolo esclusivo prenota il tuo pranzo o la tua cena qui.
Ristorante la Terrazza Hotel Miramonti
P.zza della Repubblica, 25 – Montese (MO)
Telefono: 338 311 805
Cucina tradizionale con un bel panorama
Ristorante Belvedere
Piazza Repubblica, 19/20/21 Montese (MO)
Telefono: 059 982449 – Cell. 348 4280412
Cucina tradizionale con prodotti locali e paste fresche.
Pizzeria Panoramica
Via Panoramica, 89, 41055 Montese MO
Telefono: 059 970179
Pizze per tutti gusti a lunga lievitazione.
Gran Bar Montese – Pizzeria
Via Panoramica Bassa, 89 – Montese (MO)
Telefono: 059 970179
Cosa Comprare
Dal Contadino
Via Riva, 450 – Maserno di Montese (MO)
Telefono: 333 5714699 – 366 5091353 – 333 568 6197
Parmigiano reggiano di montagna – Un fantastica ricotta che sembra panna – Le patate di Montese e marmellate
Fuoco e Grano di Nardi Katia & C.
Laboratorio in Viale dello Sport 534 – 41055 Montese (MO)
Telefono: Laboratorio 059 7474326 – Amministrazione 059 982393
I biscotti di castagne, realizzati con farina di castagne e grano tenero tipo 00, li avrei voluti gustare nella baita in montagna ma non ho resistito. Ho avuto bisogno di una “dose” consolatoria in città. Sono specialissimi, non ti conquistano per la dolcezza ma per il loro sapore. Sembra di sentire il profumo e il sapore delle caldarroste in bocca. Quel retrogusto lievemente amarognolo dello strato esterno bruciacchiato delle caldarroste. Se chiudi gli occhi torni bambina e immagini di essere di fronte a un camino a mangiarle.
Caseificio di Montagna Dismano
Via Montebelvedere, 300 – Montese (MO)
negozio del caseificio tel.: 059 983010
Parmigiano reggiano di montagna con diverse stagionature
La Buona Carne Sernesi S.r.l. – Macelleria – Salumeria
Via C. Tamburini, 14/18 – Montese (MO)
Tel. 059 981881 – 328 1248019
Ottime carni di maiale. Da provare il salame all’aglio.